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di Carlo Fidanza*

Puntuali come orologi svizzeri partono i cronisti d’assalto dei giornaloni. Destinazione: Henìn-Beaumont, il paesone di 26mila abitanti che ha eletto al primo turno Steeve Briois, un sindaco del Front National di Marine Le Pen. Successe più o meno lo stesso quando a metà anni ’90, ancora saldamente in mano al vecchio Jean-Marie e lontano dal rinnovamento impresso da Marine, il Front National sbancò nel sud conquistando i sindaci di Tolone, Marignane, Vitrolle e Orange (quest’ultimo riconquistato domenica).

E via con le analisi sociologiche e le domande capziose al bar del paese: cosa pensate degli omosessuali? Cosa pensate del nazismo? Vi fanno schifo gli immigrati? Basta una risposta fuori posto per far scattare la condanna: se hai votato il sindaco lepenista sei per forza un estremista, populista, anti-europeista e un po’ razzista. Nella migliore delle ipotesi è l’antipolitica, bellezza.

 

Quando la realtà e il voto democratico non si conformano all’ideologia dei salotti, è la realtà ad essere sbagliata: è il solito dogma giacobino, quello che ha causato milioni di morti negli ultimi due secoli. E questa realtà sta facendo vacillare i totem del politicamente corretto. Il governo Hollande si è trasformato dal sogno di cambiare l’Europa a un incubo per i francesi; la battaglia contro l’Euro e quella che MLP chiama l’EURSS, intendendo con essa il super-stato burocratico europeo, ha uno spazio tutt’altro che marginale nell’opinione pubblica; i candidati Bleu Marine non sono più visti come impresentabili; il FN si conferma una forza interclassista, capace di dar voce al ceto medio impoverito come agli operai che subiscono i guasti delle delocalizzazioni; il richiamo al “fronte repubblicano” (l’unità di socialisti e gollisti) contro il pericolo lepenista non fa più breccia nell’Ump post-Sarkozy che non solo accetta i voti del FN al secondo turno dove parte in vantaggio ma si rifiuta di offrire i propri ai socialisti; Marine Le Pen non sfonda soltanto nelle roccaforti del sud afflitte da problemi di sicurezza e immigrazione selvaggia, ma si afferma anche nel nord della desertificazione industriale; Marine Le Pen non sfonda invece dove la destra repubblicana fa la destra, vicina al popolo e lontana dalle tecnocrazie, come a Nizza con Estrosi e a Bordeaux con Juppè.

La lezione francese, pur con tutte le inevitabili differenze, ci sprona ad andare avanti nel percorso intrapreso: serve un Partito della Nazione. Porre fine alla dittatura delle tecnocrazie e smontare la gabbia dell’Euro per restituire ai popoli dignità e sovranità è anche la nostra battaglia. Farlo partendo da destra ma in nome della Nazione, e non di una parte di essa, è quello che ci distingue dagli altri.

*Capo delegazione di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale al Parlamento Europeo

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