L’articolo pubblicato dal sito OpenMag.it.
In questi giorni il tema delle pensioni d’oro è diventato di dominio pubblico: ne parlano giornali, televisioni, trasmissioni di approfondimento e radio. Ma sono soprattutto il web e i social network a fare da cassa di risonanza: post sui blog, fiumi di tweet e di commenti su Facebook. Un mare di informazioni, nel quale è spesso difficile orientarsi. Soprattutto se si tiene conto del comportamento scorretto di tanti esponenti e simpatizzanti del Movimento 5 Stelle e del Popolo Viola, che per difendere le posizioni dei loro rappresentanti in Parlamento hanno messo in atto una sistematica campagna di mistificazione della realtà. Proviamo dunque a mettere ordine e a fare un po’ di chiarezza.
FATTI VS PAROLE: UN PO’ DI STORIA – «E’ da sempre una nostra battaglia», ripete da giorni il “cittadino portavoce” Sorial. Peccato che di questa “battaglia” non ci sia traccia nel programma elettorale con il quale il Movimento 5 Stelle si è presentato alle politiche 2013. Nel documento che si può ancora leggere sul sito di Beppe Grillo (http://www.beppegrillo.it/iniziative/movimentocinquestelle/Programma-Movimento-5-Stelle.pdf) non si parla di pensioni d’oro né nel capitolo “Stato e cittadini” né in quello “Economia”. Si parla solo di “eliminazione di ogni privilegio particolare per i parlamentari”: nulla sui 300 mila pensionati d’oro che costano 14 miliardi di euro l’anno alle casse dello Stato. Nessun battaglia “storica”, dunque. Ma facciamo un passo indietro e arriviamo all’8 settembre 2011: si è appena concluso il Consiglio dei ministri, all’ordine del giorno l’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio. «Il nostro Paese ha bisogno di misure che favoriscano le famiglie, la natalità, la casa, gli strumenti per l’impiego. Ci sono diritti e privilegi che non possono considerarsi definitivamente acquisiti: vanno colpiti. Si parta dalle “pensioni d’oro” e si dica che, sopra un certo tetto, la pensione si calcola con il sistema contributivo». A parlare (http://archiviostorico.corriere.it/2011/settembre/09/Meloni_tocchino_pensioni_anzianita_co_9_110909023.shtml) non è Beppe Grillo ma Giorgia Meloni, all’epoca ministro della Gioventù e ora capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia: il primo politico italiano a parlare di pensioni d’oro. Altro che grillini. La proposta di revocare le pensioni d’oro diventa uno dei punti qualificanti del programma elettorale di Fratelli d’Italia. Sul sito del movimento (http://www.fratelli-italia.it/programma.html) si legge “Revoca delle pensioni d’oro, retaggio della prima Repubblica, pagate con i soldi pubblici. Non ci possono essere più privilegi che resistono nella rivoluzione sociale in atto. Oltre una determinata soglia devono essere calcolate col metodo contributivo”. A pochi mesi dall’insediamento del nuovo Parlamento, Giorgia Meloni deposita il 21 giugno 2013 il disegno di legge di FdI (http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=1253&sede=&tipo=): è la prima proposta di legge presentata sulle pensioni d’oro. Le altre forze politiche si organizzano e presentano i loro provvedimenti: la pdl Zanetti di Scelta Civica arriva il 2 settembre, la pdl Fedriga della Lega Nord il 7 novembre, la pdl Gnecchi del Pd l’11 novembre e la pdl Airaudo di Sel il 25 novembre. Per ultima, arriva la proposta del Movimento 5 Stelle: la pdl del grillino Tripiedi riporta la data del 13 dicembre 2013. A novembre la Commissione Lavoro inizia la discussione della proposta di legge di Giorgia Meloni. L’8 gennaio 2014 la Commissione ha adottato il testo base e dalla prossima settimana sarà possibile presentare emendamenti. Il suo arrivo in Aula è previsto fra pochi giorni: la data stabilità dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio è il 27 gennaio. Saranno giorni cruciali nei quali si capirà, al di là di slogan e dichiarazioni, come si schiereranno le forze politiche, grillini inclusi.
LE MOZIONI – Dicembre 2013: il governo pone la questione di fiducia sulla legge di stabilità. La manovra non accontenta nessuno e la protesta cresce. Le mille marchette contenute nel provvedimento fanno montare l’indignazione ma tra le norme più contestate c’è il cosiddetto “contributo di solidarietà” sulle pensioni d’oro. L’Esecutivo decide di chiedere il 6% per la parte eccedente l’importo superiore a 14 volte il trattamento minimo Inps, il 12% per la parte eccedente 20 volte e il 18% per la parte eccedente 30 volte. In altre parole, il governo decide di chiedere al pensionato che incassa ogni anno 120 mila euro di pensione, il 6% sulla parte che eccede i 90 mila euro: praticamente una miseria. La polemica politica monta e la Camera decide una cosa alquanto insolita e bizzarra : mentre è in discussione un provvedimento sulle pensioni d’oro in Commissione, calendarizza per la ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa natalizia la discussione in Aula di alcune mozioni sulle pensioni d’oro presentate dai gruppi parlamentari. Ma prima di proseguire è necessario chiarire che cos’è una mozione: è un atto di indirizzo politico, quindi assolutamente non vincolante, con il quale la Camera o il Senato chiedono al Governo un comportamento da tenere. Non avendo obblighi giuridici, l’Esecutivo può tranquillamente ignorare il contenuto di una mozione e assumersi la responsabilità politica di agire anche in modo totalmente diverso dall’impegno contenuto nel documento. In parole semplici? Fuffa. Politicamente rilevante, ma sempre fuffa che non ha ovviamente niente a che vedere con una legge. Tornando ai fatti, tutte le forze politiche, inclusi i grillini, decidono di presentare una mozione sulle pensioni d’oro. I grillini, che testardamente non hanno sostenuto in conferenza di capigruppo la calendarizzazione delle proposte di legge all’esame della Commissione Lavoro, propongono una tassazione progressiva di tutte le pensioni: dallo 0,1% per le pensioni da 1 a 6 volte la minima (cioè da circa 900 euro in su) si arriva al 32% sulle pensioni superiori a 50 volte il minimo). Si tassano anche le pensioni sotto i 1000 euro e a quel pensionato che prende 90 mila euro al mese viene tagliato poco più del 30%: circa 60 mila euro al mese il risultato finale. Niente male. La mozione è pubblicata sul sito della Camera a questo indirizzo http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7086&stile=7&highLight=1&paroleContenute=%27MOZIONE%27: controllare per credere. La mozione presentata da Fratelli d’Italia (http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=10237&stile=7&highLight=1&paroleContenute=%27MOZIONE%27) segue pedissequamente il contenuto della proposta di legge in Commissione e propone di revocare le pensioni d’oro. Si stabilisce un tetto (pari a 10 volte la pensione minima, ovvero 5 mila euro), sotto quel tetto non si tocca nulla ma per la parte che eccede la soglia si calcolano i contributi previdenziali effettivamente versati. Se non sono stati versati i contributi corrispondenti, la parte eccedente il tetto viene tagliata e con i risparmi si aumentano le pensioni minime e di invalidità. Il risultato? Se quel pensionato che prende la famosa pensione da 90 mila euro al mese non ha versato i contributi per prenderla, passa da 90 mila a 5 mila euro di pensione al mese. La proposta di FdI viene bocciata con il voto contrario di Pd, Scelta civica, Per l’Italia, Nuovo Centrodestra e l’astensione di Forza Italia, Sel e – udite udite – del Movimento 5 Stelle. L’unico voto favorevole è quello della Lega, che aveva proposto una mozione simile. Coerentemente con la sua proposta, Fratelli d’Italia ha deciso di votare contro la proposta del Movimento 5 Stelle che non tocca i veri pensionati d’oro ma che invece tassi tutti, incluso chi prende la miseria di 900 euro al mese. Il Pd di Matteo Renzi e la maggioranza, invece, fanno gli gnorri e si arrampicano sugli specchi cercando di difendere il Governo: nella mozione dei partiti che sostengono Letta (http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=10240&stile=7&highLight=1&paroleContenute=%27MOZIONE%27), e approvata dalla Camera, si parla di “monitorare gli effetti e l’efficacia delle citate misure introdotte con la legge di stabilità; a valutare, agli esiti di questo monitoraggio, l’adozione di interventi normativi che, nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale, sempre in un’ottica di solidarietà interna al sistema pensionistico, siano tesi a realizzare una maggiore equità per ciò che concerne le cosiddette «pensioni d’oro» e correggano per queste ultime eventuali distorsioni e privilegi derivanti dall’applicazione dei sistemi di computo retributivo e contributivo nella determinazione del trattamento pensionistico”. E il coraggio di cambiare l’Italia del quarantenne sindaco di Firenze? Non pervenuto.
LA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA’ – Questi i fatti, che gli osservatori più attenti hanno raccontato correttamente (http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/in-questo-parlamento-lunica-che-fa-una-cosa-di-sinistra-giorgia-meloni-la-ducetta-69606.htm). Manel tentativo di intestarsi una battaglia non sua e giustificarsi di fronte all’opinione pubblica, il Movimento 5 Stelle inizia una campagna mediatica contro Giorgia Meloni e cerca di ribaltare la frittata, accusando il leader di FdI di essersi eretta a paladina della battaglia contro le pensioni d’oro ma di non aver poi votato la proposta a 5 Stelle in Parlamento. Secondo i deputati del M5S, la proposta della Meloni sarebbe stata inutile visto che la Corte Costituzionale ha già respinto in passato provvedimenti simili, in quanto è stato giudicato incostituzionale emanare un provvedimento di legge che colpisca soltanto alcuni cittadini e non tutti (nel caso specifico: “soltanto coloro che percepiscono più di 5 mila euro di pensione mensile valutati attraverso il metodo retributivo”). E qui casca l’asino: la sentenza n. 116 del 2013 della Corte Costituzionale (http://www.inps.it/messaggizip/messaggio%20numero%2011243%20del%2011-07-2013_allegato%20n%201.pdf) ha stabilito che il contributo di solidarietà imposto dal Governo Berlusconi nel 2010 sulle pensioni d’oro era illegittimo perché colpiva solo i pensionati – e nemmeno tutti – e non anche i redditi da lavoro. Per queste ragioni, la misura contenuta nella legge di stabilità approvata dal Governo rischia di essere nuovamente bocciata. La proposta di legge di Fratelli d’Italia, al contrario, non è stata mai dichiarata incostituzionale dalla Consulta e non prevede di colpire solo una determinata categoria di cittadini ma ha uno scopo ben più ampio: la revisione dell’intero sistema di calcolo delle pensioni sulla base del sistema contributivo. In parole semplici: se hai versati i contributi per prendere 90 mila euro di pensione al mese, nessuno può negarti questo diritto. Se al contrario non li hai versati, è giusto che sia tagliata e il tuo assegno non sia più pagato da tutti coloro ai quali viene chiesto di rispettare il sistema contributivo e ai quali – fra 20, 30 o 40 anni – non verrà restituito nemmeno tutto quello che hanno versato in una vita di lavoro.