fbpx

di Paola Frassinetti*

Brevissima sintesi della questione. Nel 2013 agli insegnanti che ne hanno diritto sono concessi gli “scatti” dello stipendio, cioè quei modesti aumenti che secondo normativa si conseguono dopo un periodo (il cosiddetto “gradone”) di cinque anni. Ma la nota n. 157 del 27 dicembre 2013 prevede – nell’arida prosa ministeriale – la restituzione delle somme con rate di 150 euro mensili “fino a concorrenza del debito”. In sostanza lo Stato toglie quello che ha dato, e senza neppure chiedere scusa. La nota (si osservi) è firmata da una Dirigente del Ministero dell’Economia e Finanze. A questo punto si sollevano le giustificate rimostranze di tutti i sindacati, e diversi esponenti politici cominciano a sentire odore di bruciato. Infine ecco lo scaricabarile fra il ministro dell’Economia Saccomanni e quello dell’Istruzione Carrozza. Quest’ultima ha asserito di aver appreso la notizia a cose fatte, mentre il primo ha attribuito l’iniziativa a una non meglio specificata “inerzia amministrativa” che lascia supporre la presenza di un milieu di burocrati ministeriali i quali rispondono solo a se stessi, impermeabili anche a chi esercita l’autorità politica e quindi, in teoria, sta sopra di loro. Per farla breve: uno non c’entrava, l’altra non sapeva. Ora che la situazione sembra (sottolineiamo sembra) risolta con la promessa di non procedere al recupero delle somme, urgono due righe di commento. Due righe rivolte soprattutto all’attenzione della categoria dei docenti.

Quando gli insegnanti vengono blanditi da politici che li gratificano dei più sperticati elogi (“baluardi della democrazia”, “custodi della Costituzione” ecc. ecc.) e asseriscono che l’Istruzione è una delle priorità assolute della loro azione, bisognerà soppesare con attenzione le loro parole. Bisognerà cioè considerare se esse provengono da persone che effettivamente hanno speso gran parte della propria esperienza parlamentare ed amministrativa occupandosi dell’istruzione e dell’educazione, oppure se di tale asserito impegno, o anche solo di un certo interesse per la scuola, nei loro curricula non c’è traccia. In tale ultimo caso – che noi riteniamo di gran lunga il più frequente – si dovrà prendere atto che lodi sperticate e dichiarazioni d’intenti non sono altro che finzioni intese ad accreditarsi presso una categoria numerosa e lucrarne immeritatamente il voto: le parole vanno in una direzione, le azioni in tutt’altra. E che questa sommaria analisi sia veritiera lo si comprende proprio osservando quella che è la concreta condizione professionale e sociale dei docenti: una condizione di minorità e di marginalità, tanto che il governo di turno può permettersi di concedere, togliere e poi (forse) riconcedere quello che ha tolto, in un inverecondo gioco delle tre carte.

*portavoce regionale della Lombardia di Fratelli d’Italia e già vicepresidente della Commissione Istruzione della Camera.

 

Condividi

Facebook

NEWSLETTER

Social