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di Tommaso Foti*

Alcuni amici che ci accompagnano in questa nuova avventura politica vorrebbero – giustamente – che le nostre ragioni fossero condivise dagli italiani in misura molto maggiore di quella che risulta dai sondaggi. Probabilmente hanno ragioni da vendere, pur non essendo i sondaggi la stella polare della nostra battaglia politica. Tuttavia, a mio avviso, occorre anche riflettere sul fatto che le ragioni – non le sole, ovviamente – che ci spinsero a fondare Fratelli d’Italia hanno contaminato a tal punto l’ex PdL da diventare elementi distintivi dei due “nuovi” partiti che dallo stesso sono nati: Forza Italia e Nuovo Centrodestra.

Come si ricorderà, fondammo Fratelli d’Italia dicendo che non avremmo mai fatto un governo con la sinistra e sostenendo che le classi dirigenti del centrodestra dovevano essere scelte dai suoi elettori, anziché in qualche notturno conciliabolo dei suoi maggiorenti.

A meno di un anno dalla sua nascita, Fratelli d’Italia coglie i due predetti obiettivi politici di straordinaria importanza nel momento  in cui – da una parte – Forza Italia rompe con il governo Letta, archiviando le larghe intese, e – dall’altra – il Nuovo Centrodestra di Alfano fa delle primarie e della democrazia diretta, a partire dalle cariche interne del partito, la propria bandiera.

Pare evidente che la condivisione piena da parte di Forza Italia e Nuovo Centrodestra di quanto prospettato da Fratelli d’Italia pone il nostro movimento di fronte ad alcune scelte strategiche. Gli elementi distintivi rispetto alle due “nuove” forze politiche sorte dalle ceneri del PdL non possono più essere quelli che furono alla base – fortunatamente non i soli – della nascita di Fratelli d’Italia.

Se, dunque, il nostro piccolo (in termini quantitativi) ma grande (in termini di prospettiva politica) movimento di Fratelli d’Italia non vuole rimanere schiacciato tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra, alcune scelte deve effettuarle e subito.

Non ho difficoltà a dire che, per chi scrive, Fratelli d’Italia è la continuità di quel pensiero politico della destra italiana che ha attraversato il precedente secolo, la cui vitalità non è stata minimamente intaccata dal trascorrere del tempo. Un pensiero non circoscrivibile all’interno dell’esperienza di questo o quel precedente partito, ma che ha “graffiato” e lasciato il segno anche nel momento in cui la cosiddetta società civile aveva scelto di abbeverarsi al pensiero unico della sinistra.

Se  non si capisce che, al di là di ciò che il Msi o la Destra Nazionale o la Costituente di destra per la libertà hanno negli anni rappresentato e a prescindere della fortunata o meno risposta dell’elettorato italiano a quell’esperienze, vi è stata una destra “diffusa” (in ambito culturale, universitario, professionale, mediatico) per decenni non rappresentata  – emarginata in quanto non omologata, discriminata perché non asservita – non si comprende la necessità di una svolta ”rivoluzionaria”.

Troppe facili scorciatoie, l’idea che perfino il contatto fisico con l’opinione pubblica non servisse più consentendo i media – contemporaneamente – di raggiungere cento o  mille volte tanto i partecipanti ad un comizio, la rivolta mancata contro la salvifica idea del mercato e la perniciosa santificazione della speculazione finanziaria, l’avere relegato in soffitta quel “pensiero nazionale” che si preoccupava di ricomporre l’Italia “scissa”, una superficialità di fondo di tutti noi che, assaporato il profumo del potere, su quell’altare abbiamo sacrificato anche le migliori idee e battaglie della nostra giovinezza: ecco la lunga lista degli errori di un recente passato che ci deve fare riflettere.

Agli Italiani – martoriati da una vampiresca pressione fiscale, attoniti di fronte ad una politica che si compiace dell’andamento di un’ economia che ha toccato livelli perfino più bassi di quelli della peggiore crisi del secolo precedente – non serve offrire un altro partitino della pesca delle occasioni, ma ricco di idee e valori profondi, eterni.

Non sappiamo se, come qualche tifoso del turbo capitalismo sostiene,  fu il mito della Coca Cola a contribuire alla caduta del comunismo – noi continueremo a ritenere che quella caduta fu resa possibile dalla predicazione intransigente e tragica di un grande Papa quale fu Giovanni Paolo II – ma una cosa è certa: la nostra storia non può finire al Bagaglino di Arcore o di Via del Plebiscito.

Oggi più che mai occorre marcare la differenza sul piano delle idee politiche tra chi come Fratelli d’Italia rappresenta una concezione della vita che mette al centro la persona – con le proprie fragilità, emozioni,
passioni –  e chi ritiene che la società sia una piazza virtuale da addomesticare a suon di spot, di false promesse, di quadretti dipinti su misura per l’occasionale interlocutore.

La “paura” di rivendicare orgogliosamente una storia di destra francamente mi fa sorridere. Non solo perché quella storia la costruimmo e la vivemmo – il più delle volte – in condizioni drammatiche, ma soprattutto perché si dispiegò lungo un percorso tanto affascinante quanto coinvolgente. Non vedo perché chi non venendo da un’esperienza politica pregressa di destra si dovrebbe trovare a disagio nel marciare fianco a fianco con chi, invece, quella provenienza ce l’ha. Non vedo perché ci si debba andare a chiudere nell’affollato recinto politico di un altro centro-destra, quando – in realtà – lo spazio politico del tutto non presidiato, e che rischia di trovare in Grillo la sua valvola di sfogo protestatario, è e rimane a destra.

Non vedo perché si debba temere, così facendo, di dare vita ad una “rifondazione missina” quasi che i valori e le idee eterne fossero monopolio del Msi, anziché patrimonio di una destra “diffusa”, di una “maggioranza silenziosa”, di una comunità nazionale che rappresentava ieri, come rappresenta oggi, la maggioranza del popolo italiano. Destra non è né ghetto, né riserva indiana, solo che non si voglia fare coincidere un modo di concepire la storia, l’economia, la società, con i voleri di pochi dirigenti politici. Destra è libertà, perché è il pensiero politico che non ha condotto nei gulag, né si è macchiato di storie criminali. Destra è autorità perché senza di essa non vi è libertà. Destra è futuro, è passato e presente, dunque è l’eterno.

Ecco, in conclusione: Fratelli d’Italia deve orgogliosamente rialzare la bandiera della cultura di destra, l’unica che né Forza Italia né altri hanno titolo, né ragione, per farlo. Sapere declinare i valori, le idee, i sentimenti, le passioni di chi in quella cultura si riconosce può essere difficile, ma lo dobbiamo fare. Sapere navigare nel mare calmo è di tutti, rimanere in piedi in un mondo di rovine è di pochi. Ma saranno quei pochi, incendiari di anime e profanatori di coscienze, ai quali spetterà di costruire la nuova Italia. Perché dovremmo rinunciarvi?

*Dirigente nazionale di Fratelli d’Italia

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