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Grazie davvero di essere qui, di aver aderito a questa iniziativa o se volete all’appello che io e Fratelli d’Italia abbiamo lanciato lo scorso 15 settembre nella giornata conclusiva di Atreju. Voglio dire in premessa che noi siamo fieri di quello che abbiamo costruito fin qui, siamo fieri di aver avuto il coraggio di scommettere in tempi non sospetti su un centrodestra diverso da quello che abbiamo vissuto in questi anni. Lo abbiamo definito, a volte e un con un po’ di sana enfasi, un centrodestra a testa alta. Un centrodestra capace di mettere al centro del proprio agire i valori e i programmi che a nostro giudizio non erano stati rappresentati nel migliore dei modi. Abbiamo cercato in questi mesi di costruire un luogo diffuso dove confrontarsi e dove partecipare. Un movimento coerente, meritocratico, capace di tenere una posizione fino in fondo, capace di difendere nel quotidiano i valori che vuole incarnare.

 

E il nostro giudizio, a sette mesi da quella sfida che è il varo di Fratelli d’Italia e nella attualità drammatica di questi giorni, è che quella scelta forse un po’ folle, si è alla fine rivelata vincente. Eppure, noi sappiamo che non basta, che quel seme lanciato in un campo già arato oggi deve essere messo nelle condizioni di germogliare.

Si può fare di più, si deve fare di più. Oggi siamo pronti ad aprirci a esperienze diverse perché si possa insieme costruire una casa dalle fondamenta più solide, che abbia grandi finestre trasparenti e che possa tornare ad essere la casa dei tanti che pensano di non averne più una o dei tanti che credono di non averla mai avuta.

Penso a tutti quelli che noi abbiamo definito gli esuli della politica italiana, quelli che si sono fatti espellere dal sistema pur di non farsi normalizzare, quelli che non hanno mai creduto nella politica perché la politica non si è mai resa presentabile. Quelli che hanno smesso di crederci e che vorrebbero tornare a farlo. Noi vorremmo ridare un punto di riferimento a tutte queste persone. Certo è un progetto ambizioso, ma non velleitario.

Oggi più che mai c’è bisogno di un centrodestra che non sia fatto di falchi o di colombe, ma di uomini e donne, con una dose accettabile di serietà e con una volontà di ferro che consenta loro di affrontare una delle stagioni più difficili che l’Italia si trovi a dover affrontare. In questo scenario noi, che di coraggio ne abbiamo avuto e dimostrato, e che oggi siamo fieri di aver preferito qualche mese fa la temeraria ricerca della libertà alla rassicurante certezza del posto, abbiamo il dovere di non perdere il coraggio e l’orientamento. Abbiamo il compito di esorcizzare il rischio di un centrodestra subalterno al centrosinistra o di un centrodestra che governa con la sinistra, e porta avanti con quel governo politiche di sinistra, o di un centrodestra che si limita a smistare i dispacci dei poteri forti, sopranazionali o addirittura antinazionali. Esattamente come riteniamo di avere il compito di non far morire il centrodestra con l’epilogo delle vicende personali di Berlusconi, ponendoci il problema, pur nella libertà di un movimento culturale autonomo, di costruire l’eredità politica di Berlusconi. Cioè di costruire l’eredità politica del centrodestra.

Allora Fratelli d’Italia, consapevole di tutto questo, ha sentito il dovere, prima che il diritto, di promuovere un luogo nel quale si potesse tracciare il perimetro, prima di tutto valoriale, culturale e programmatico, per una sua evoluzione, e abbiamo chiesto a ciascuno di voi di aderire a questa “Officina per l’Italia”, che ha lo scopo di stilare un documento politico e culturale che possa contribuire alla definizione di questa nuova avventura. Non vi chiediamo una candidatura, non vi chiediamo una tessera, e non vogliamo nemmeno i vostri soldi (anche se ne avremmo bisogno…). Quello che vi chiediamo è tempo, concentrazione, pensieri. Vi chiediamo di individuare insieme a noi le criticità maggiori di questo tempo e di aiutarci a trovare proposte efficaci per affrontarle. Chiaramente di criticità ce ne sono tante. E ce ne sono di terribili.

Tra le grandi questioni aperte penso al tema della crisi economica che moltiplica le povertà e indebolisce il ceto medio, penso allo scontro mai così evidente tra ipergarantiti e milioni di persone escluse da ogni forma di tutela, che rischia di diventare anche scontro generazionale; penso alla politica del rigore e della moneta forte spesso contrapposta a quella della crescita e dello sviluppo e, forse, dell’inflazione; penso alle rendite di posizione e ai privilegi che bloccano questa Nazione, che mortificano il talento e che mettono a rischio gli asset strategici italiani e addirittura lo stesso principio di sovranità nazionale; penso al rapporto insano dei popoli europei con l’Unione, troppo spesso inaridito dagli interessi economici e dall’euroburocrazia, e molto distante dal concetto di un’alleanza solidale e virtuosa tra popoli. Penso che la politica che non sa riformare né riformarsi, che fa cadere la sfida della partecipazione e la sfida della meritocrazia. E tanti altri temi che irromperanno su questo tavolo durante i nostri lavori, tra i bulloni e le lamiere di questa nostra moderna Officina.

Chiaramente un lavoro difficile, ma non a caso abbiamo chiamato alcune tra le persone che hanno maggiormente animato il dibattito in questa metà campo della politica italiana. L’approccio critico, il coraggio di interrogarsi, la capacità di mettersi in discussione, la forza di dire la propria sono forse l’unico comune denominatore tra tutte le persone sedute intorno a questo tavolo, che hanno storie molto distanti tra loro. Qualcuno ha addirittura ironizzato sulla natura molto eterogenea di queste adesioni. Ma questa è stata la sfida dei grandi partiti della Seconda Repubblica, a destra come a sinistra. Oggi come ieri noi crediamo che le avanguardie culturali e politiche possano essere portate a sintesi se hanno il coraggio di confrontarsi. E noi abbiamo un disperato bisogno di quella elaborazione politica e culturale che è sembrata spesso mancare nel centrodestra e che forse è mancata nei fatti, se è vero come è vero che ci sembra spesso di sentire ripetere degli slogan logori di battaglie oltretutto mai vinte, di cose mai realizzate o addirittura disconosciute da un giorno all’altro. Questo è il motivo per il quale abbiamo dato vita a questa Officina, che oggi si insedia.  L’Officina si compone di un comitato scientifico e di un comitato politico. Al comitato scientifico il compito di contribuire con le idee a promuovere un manifesto politico e culturale attorno al quale fondare questo nuovo centrodestra.

Non ci sarà vincolo di adesione né al manifesto né al movimento politico che ne scaturirà. Semplicemente liberi pensatori che offrono il loro contributo a una causa giusta. Il comitato politico, invece,  avrà il compito di collaborare alla stesura del manifesto, ma anche di accompagnare l’evoluzione di Fratelli d’Italia in qualcosa di più grande e più rappresentativo attraverso l’aggregazione di nuovi soggetti, di nuove realtà e di altri movimenti.

Giuseppe Cossiga, al quale abbiamo chiesto di coordinare i lavori dell’Officina e che ovviamente ringrazio, entrerà nel merito della parte organizzativa dei lavori di questo consesso. Quello che io auspico e propongo è che questo lavoro di stesura di questo documento termini entro un mese perché noi lo si possa presentare, come abbiamo annunciato subito dopo Atreju, in una grande iniziativa il prossimo 9 novembre, giorno nel quale ricorre il 24mo anniversario della caduta del muro di Berlino. Ci rendiamo conto che i tempi sono brevi ma crediamo anche che dalle accelerazioni si possa trovare il gusto della profondità.

In questo mese, durante i lavori dell’Officina, ci piacerebbe anche raccogliere il contributo dei territori, organizzando almeno 5 iniziative interregionali che coinvolgano l’intero territorio nazionale, delle quali ovviamente vi daremo notizia qualora intendeste partecipare. E il manifesto che presenteremo sarà il viatico per un movimento politico che si evolve, rispettoso della spinta iniziale di Fratelli d’Italia ma anche delle sensibilità di coloro che si aggiungono, e di quanto ancora sapremo aggregare lungo la via.

Vorremo “rifondarci” a gennaio, con il primo congresso celebrato con il metodo delle primarie nella storia del centrodestra, perché si possa così dichiarare la fine della stagione delle cooptazioni e dell’autoreferenzialità. Del resto, la cultura delle primarie sta pervadendo diverse anime del centrodestra e ne sta contaminando anche altre. Abbiamo visto Raffaele Fitto in questi giorni all’interno del PdL, esattamente come abbiamo visto un amico leghista che non ha mai parlato di secessione come il sindaco di Verona Flavio Tosi. E sarà adesso un puzzle che cercheremo di mettere insieme.

Grazie per la vostra presenza, grazie per il vostro prezioso contributo. Grazie per aver raccolto il messaggio che volevamo lanciare: non è più il tempo della distruzione e dell’oblio. Ora è il tempo della ricostruzione, non del nuovismo e non della nostalgia. È il tempo del cuore, delle idee, dei valori, dell’energia, dell’intransigenza e della coerenza delle proprie posizioni. È il tempo della giusta sintesi tra le radici e il futuro. E ovviamente il contributo di persone libere come voi può fare la differenza e farà la differenza. Vi ringrazio ancora.

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