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Fanno male episodi revisionismo negazionista
“Questa vittoria la dedichiamo a te, Norma figlia d’Italia. Speriamo presto possa arrivare il giorno in cui il Parlamento revochi la medaglia di Cavaliere di gran croce al merito della Repubblica Italiana conferita al dittatore sanguinario Tito. Mai più”.
Si conclude così l’intervento del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia svolto in aula per commemorare l’ottantesimo anniversario dell’uccisione della giovane istriana Norma Cossetto, seviziata, violentata da 17 partigiani titini e gettata nella foiba di Villa Surani.
“Nella notte  tra il 4 e il 5 ottobre 1943 –  ha detto Rampelli – fu uccisa una studentessa universitaria italiana di origine istriana Norma Cossetto. Il suo corpo fu rinvenuto il 10 dicembre e riconosciuto dalla sorella Licia, alla quale il presidente Ciampi consegnò la medaglia d’oro al valore civile in memoria di Norma. Ottantanni fa la giovane istriana fu sequestrata, trasferita nell’ex caserma della Guardia di Finanza di Parenzo, seviziata e stuprata da 17 aguzzini, partigiani titini e poi gettata nella foiba di Villa Surani.  Attraverso i decenni la storia tragica degli italiani infoibati si è conclusa simbolicamente con l’approvazione di una legge che istituì il Giorno del Ricordo, il 10 febbraio. Il presidente Ciampi consegnando l’onorificenza parlò così di questa tragedia  “nel ricordo di coloro che perirono in condizioni atroci nelle foibe”. Poi ci furono altre medaglie conferite a sei ragazzi che perirono nella rivolta di Trieste  del 1953 in difesa della sua italianità. Il  più giovane aveva 14 anni”.
“Per decenni – ha aggiunto Rampelli – non c’è stata traccia di questi sacrifici. Il Senato ha approvato l’altro ieri una legge importante che istituisce i viaggi del ricordo, sull’esempio tracciato dall’assessore di Roma Capitale Laura Marsilio anni fa, perché la memoria è un bene delicato, fragile che va maneggiato con cura, ma va anche rigenerato.  Purtroppo non c’ è stata a Palazzo Madama l’unanimità, qualcuno si è astenuto esattamente come accadde nel 2001 e nel 2004. I tempi non erano maturi. Monsignore Radussi, vescovo di Pola e Parenzo, ebbe a dire che “il tempo è la migliore medicina”. Forse per le vicende personali è proprio così che funziona. A volte però il tempo può diventare una maledizione per la memoria collettiva. Persistono infatti negli anni  episodi di revisionismo negazionista. Non mi riferisco soltanto ai voti del parlamento ma al libro scritto da Eric Gobetti pubblicato dalla Laterza, alle contestazioni, anche violente, subìte dal Simone Cristicchi per il suo musical “Magazzino 18”, alle intemerate del rettore Montanari dell’Università per stranieri di Siena che ogni  10  febbraio guasta il clima delle celebrazioni”.  
“Nella costruzione della coscienza e del sentimento nazionali del secondo dopoguerra – ha osservato – è stata spesso la sinistra a prendere per mano l’Italia, va detto. Ma nel caso delle foibe è stata la destra a scavare nella memoria occultata, al punto da implorare Camera Fabietti, Villari, Tullio De Mauro a scrivere che le foibe non erano doline carsiche o depressioni geologiche, ma tombe a cielo aperto dove furono gettati vivi migliaia di italiani uccisi non per aderenza ideologica ma solo perché italiani”.
“Abbiamo vinto? Forse sì. Ha vinto la destra? Forse no, ma grazie a una sua battaglia lunga sessant’anni ha vinto l’Italia. Oggi  questa vittoria la dedichiamo a te Norma, figlia d’Italia. Ci auguriamo – ha concluso Rampelli – che presto possa arrivare il giorno in cui il Parlamento riuscirà a far revocare l’onorificenza di cavaliere di Gran Croce al merito della repubblica Italiana sfrontatamente conferita al dittatore sanguinario Jozip Broz Tito. Mai più”.

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