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Buonasera a tutti. 
Mi sarebbe piaciuto essere lì con voi e intervenire in presenza all’Assemblea Generale di Confindustria Venezia-Rovigo e Assindustria Venetocentro, questa iniziativa di aggregazione che anche io considero molto importante e per la quale faccio un grande in bocca al lupo a tutti gli attori, ma le troppe scadenze che dobbiamo fronteggiare in corsa e i tragici fatti avvenuti in queste ore a Ischia, che stiamo seguendo di ora in ora, mi hanno impedito di prendermi questa libertà. Ci tenevo in ogni caso a partecipare, seppure brevemente e da remoto, per il lungo rapporto che mi lega a Vincenzo Marinese, che saluto e ringrazio insieme al Presidente Leopoldo Destro. Ovviamente saluto anche il Presidente Carlo Bonomi. Ci tenevo ad esserci anche per l’attenzione che, come sapete, io e tutto il Governo abbiamo per le categorie produttive e per il confronto con i corpi intermedi. 
Ad un mese dal suo giuramento, il Governo ha già avviato un primo tavolo di confronto con tutte le associazioni di categoria, ed è un dialogo che intendiamo portare avanti con costanza lungo tutto il nostro mandato. Certo, avremmo voluto avere più tempo per confrontarci soprattutto prima della legge di bilancio, ma la nostra è stata ed è una corsa contro il tempo. Abbiamo dovuto definire la manovra di bilancio in tempi molto ristretti, abbiamo dovuto scrivere questa manovra senza rinunciare a delineare, attraverso le nostre prime misure e, soprattutto, attraverso questa che è la misura principe dell’anno di un Governo, una traiettoria che fosse il più possibile nitida, scelte che dessero un’indicazione su quelle che saranno le priorità della nostra azione. Tra quelle priorità c’è certamente la crescita economica, a partire ovviamente dalla messa in sicurezza del tessuto produttivo – in particolare in riferimento alla principale emergenza che abbiamo di fronte, ovvero il caro energia – l’attenzione verso chi produce e il rafforzamento del ceto medio, ma anche il sostegno alle fasce sociali più deboli, alla famiglia, alla difesa del potere d’acquisto dei cittadini, ai redditi più bassi. Sono molte le misure che abbiamo cercato di mettere in campo, nonostante la ristrettezza dei tempi e delle risorse, atteso che i 30 miliardi che avevamo liberato con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza sono andati interamente sul caro bollette per sostenere le famiglie e le imprese. Questo non ci ha impedito, però, di mantenere alcuni impegni presi, di dare alcuni segnali, come quello di incrementare del 50% l’assegno unico per i figli nel primo anno di vita del bambino e nei primi tre anni per le famiglie che hanno 3 o più figli, la riduzione al 5% dell’IVA per i prodotti di prima infanzia, i 500 milioni per combattere il caro carrello per famiglie più deboli. Così come abbiamo deciso di rendere strutturali le misure in sostegno delle persone con disabilità e previsto una indicizzazione delle pensioni che aiutasse soprattutto gli importi più bassi, partendo da una rivalutazione del 120% alle pensioni minime. Abbiamo fatto degli interventi che incarnano una visione sociale, lo dico a voi perché questo Governo condivide con la Confindustria questa visione sociale. E lo dico a voi perché, insieme a queste scelte, la gran parte delle risorse e dei provvedimenti è stata dedicata proprio alle realtà produttive, per ribadire un principio che troppo spesso in passato era stato messo in discussione e su cui invece questo Governo ha le idee ben chiare: non esiste welfare, non c’è Stato sociale se non c’è a monte chi genera ricchezza. Anche qui, mi perdonerete se provo a citare qualche numero, ma credo valga la pena ricordare un po’ gli sforzi che stiamo tentando di fare anche per consentirvi di dirci dove possiamo migliorare. Oltre ai miliardi già stanziati col decreto energia, nella manovra nove miliardi di euro sono stati stanziati per incrementare il credito di imposta da riconoscere alle aziende per fronteggiare il caro energia, abbiamo alzato il credito di imposta dal 40% al 45% per le imprese energivore e dal 30 al 35% per le altre aziende. Abbiamo rifinanziato lo sconto fiscale sulle accise, pur scegliendo di ridurre l’entità dell’intervento, ma rimaniamo pronti ad intervenire se ce ne fosse necessità, abbiamo considerato un miglioramento della condizione dei prezzi, abbiamo prorogato l’Iva al 5% sul gas naturale usato per autotrazione. Abbiamo deciso di sbloccare, anche qui credo un segnale importante, i nostri giacimenti di gas naturale, attuando quella gas release che consente alle aziende più esposte al rincaro dei prezzi del gas di ottenere energia a costi ridotti. Ma anche un altro segnale importante e cioè che l’Italia deve tornare a produrre energia e quello che serve deve essere fatto. Abbiamo confermato il taglio del cuneo fiscale del 2% per i redditi fino a 35.000, aggiungendo un ulteriore 1% di taglio del cuneo per i redditi fino a 20.000. Voi sapete che ci siamo dati come orizzonte di legislatura l’obiettivo di arrivare ad una riduzione di almeno 5 punti sul cuneo fiscale sui redditi fino a 35.000 euro, 2/3 lato lavoratore, 1/3 lato azienda. Questo primo segnale chiaramente non è sufficiente, ma su questa strada vogliamo andare avanti e mi corre l’obbligo di ricordare che è una misura che cuba oltre 4,2 miliardi di euro, ovvero lo stanziamento più significativo dell’intera manovra economica dopo le misure per l’energia. Abbiamo rinviato l’entrata in vigore della sugar tax e della plastic tax, che avrebbero avuto conseguenze gravi per il nostro sistema industriale. Abbiamo previsto la detassazione dei premi di produttività per lavoratori dipendenti: dal 10% al 5% per un massimo di 3.000 annui, che si aggiunge alla detassazione dei fringe benefit fino a 3000 euro. Abbiamo avviato l’attuazione della proposta che abbiamo sintetizzato nell’espressione “più assumi meno paghi” azzerando la contribuzione per chi assume donne e giovani fino a 36 anni o percettori del reddito di cittadinanza, purché si tratti di maggiore occupazione. 
Abbiamo dedicato misure precise anche ai lavoratori autonomi, sia con un innalzamento della tassa piatta per le partite iva con fatturato fino a 85.000 euro – prima 65.000 – sia introducendo una tassa piatta al 15% sull’incremento del reddito rispetto al massimo livello del triennio precedente. Abbiamo deciso di escludere dalla fine del prossimo anno chi è in condizione di lavorare dalla possibilità di beneficiare del reddito di cittadinanza, perché, lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto, uno Stato giusto non mette sullo stesso piano dell’assistenza chi può lavorare e chi non può farlo. Nel 2023, per queste persone, il reddito di cittadinanza non si potrà percepire per più di otto mesi – un periodo ponte che ci serve a mettere in campo le misure necessarie ad aiutare queste persone ad essere inserite nel mercato del lavoro – e in ogni caso il reddito decadrà alla prima offerta di lavoro che viene rifiutata. Una misura di buon senso che intendiamo difendere da ogni attacco strumentale. 
Potrei continuare a lungo, ma non voglio tediarvi con la lista della spesa, vorrei riservare uno spazio di questo mio intervento ad alcune riflessioni che spiegano il contesto in cui si inseriscono queste nostre prime scelte. 
Certo è solo un inizio, ma che dice dove vogliamo andare. Certo vogliamo fare di più, ma io penso che si debba riconoscere come l’attenzione per le aziende e i loro lavoratori sia stata e sia una nostra priorità assoluta. Ma siamo consapevoli, ovviamente, che queste misure – così come le altre che porteremo avanti – perderanno qualsiasi efficacia se contestualmente non garantiremo alle imprese l’esistenza di un contesto differente da quello che hanno trovato sino ad oggi nel rapporto con lo Stato e il Governo. Per questo abbiamo voluto dare fin da subito una indicazione chiara sugli obiettivi che ci davamo, dando concretezza a due principi per noi centrali e che non a caso ho richiamato già dal momento dell’insediamento e dalla relazione fatta in Parlamento: non disturbare chi produce e rimettere al centro il confronto con i corpi intermedi. 
Su questi concetti qualche breve parola. Come anche il Presidente Bonomi dice spesso, il lavoro non lo crea la politica per decreto. Noi usciamo da una legislatura nella quale ci è stato detto che si poteva abbattere la povertà con un decreto, che si poteva creare lavoro con un decreto, che si potevano fare tantissime cose nei palazzi della politica. Purtroppo non è così. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori, quello che compete allo Stato è creare le condizioni perché queste aziende possano operare nel migliore dei modi, perché possano crescere e possano fare, senza avere paura di trovare uno Stato che le combatte piuttosto che aiutarle e accompagnarle. Non disturbare chi produce significa anche questo. Significa che lo Stato deve garantire a chi fa di poterlo fare programmando e pianificando, avendo la certezza dei propri investimenti e sfruttando al meglio le opportunità che vengono offerte. La politica può immaginare le cose migliori e predisporre le misure più belle, ma se poi non agisce determinando le condizioni perché si possano usare e attivare quelle possibilità, tutto ciò non serve a niente. E la prima condizione, dal mio punto di vista, è che le imprese siano rese competitive e che siano messe nella condizione di espandersi e ampliare il loro portafogli clienti, di crescere in ricchezza, perché la ricchezza che producono è ricchezza per tutta la Nazione. 
Anche per questo, oltre la manovra, stiamo ad esempio rendendo operativa la misura del cosiddetto “difensore civico delle imprese” ovvero la titolarità del Ministero delle Imprese e del Made in Italy di avocare a sé gli iter autorizzativi bloccati presso altre amministrazioni per rendere certi i tempi di investimento, che secondo me è una questione fondamentale.
Stiamo conducendo una ricognizione puntuale, opera per opera, gara per gara, dei progetti che dovranno essere realizzati con le risorse del PNRR e non solo, perché le imprese italiane devono sapere cosa verrà fatto per prepararsi adeguatamente, e farsi trovare pronte e competitive quando si partirà con le opere e i cantieri. Fermo restando tutta la materia del caro materiali che pure stiamo affrontando perché, in assenza di una capacità di affrontare seriamente questo tema, purtroppo i soldi del PNRR rischiano di non arrivare a terra.
Per questo stiamo lavorando anche sul Codice Appalti. Perché anche qui servono regole chiare per tutti e che tutti, a partire dallo Stato e dalla Pubblica Amministrazione, devono rispettare. Il Codice deve diventare un pilastro del rapporto tra Stato e imprese, su cui poter fare affidamento senza sottoporlo a continue modifiche come avvenuto in passato quando si scopriva di volta in volta che le norme scritte al chiuso di una stanza poi, alla prova dei fatti, puntualmente non funzionavano. E quel pilastro deve essere costruito intorno ad una parola: fiducia. Fiducia verso le imprese e verso chi lavora. Quando dico che il Governo crede fortemente nel confronto con i corpi intermedi non intendo dire che noi vi presentiamo le proposte e voi ci dite se vi piacciono o meno. Intendo dire che insieme dobbiamo fissare gli obiettivi e insieme dobbiamo cercare le soluzioni per costruire la strada che ci porta a quegli obiettivi. Per questo il fatto di coinvolgere, la sfida al dialogo, non è una questione formale. Io vorrei davvero che si potesse ragionare come persone, mondi, realtà che remano verso la stessa direzione, verso gli stessi obiettivi e quindi studiare ed elaborare assieme le proposte, le soluzioni, le risposte che servono all’Italia e segnatamente al mondo produttivo, ma non solo. Siamo consapevoli che se l’industria va bene, allora andrà bene anche la Nazione. Poi certo spetta alla politica fare la sintesi e spetta alla politica assumersi la responsabilità delle scelte e io intendo assumermi, e mi assumerò fino in fondo con il Governo, la responsabilità delle scelte che faremo, anche se questo ci dovesse costare in termini elettorali. Però siamo qui per fare quello che è giusto per la Nazione e non quello che è utile per noi.
Lo dimostra la scelta operata sul reddito di cittadinanza: in Italia per troppo tempo si è lavorato per distruggere la cultura del lavoro che è alla base della nostra Nazione, alla base dell’art. 1 della Costituzione italiana. Penso che il fatto di ribadire con questa scelta che questo Governo intende ricostruire la cultura e l’etica del lavoro, e farlo insieme a chi fa impresa e a chi produce, sia un segnale importante. Certo, siamo pure consapevoli che il taglio del cuneo fiscale necessita di ancor maggiore incisività e maggiori risorse, però penso valga la pena riconoscere che è una strada che abbiamo deciso di intraprendere subito e lo abbiamo fatto per dire che, da questa strada, non intendiamo tornare indietro. 
Ci sono ovviamente sulla stessa strada molti altri obiettivi che vogliamo centrare, sui quali il rapporto con il vostro mondo è un rapporto che io considero fondamentale, a partire dalla vicenda di una strategia industriale, perché noi possiamo anche avere un confronto circoscritto ai temi propri delle necessità quotidiane, ma io credo che la grande sfida del confronto oggi sia ragionare di strategia. Questa Nazione non ha una politica strategica, non ha una politica industriale, una strategia industriale da troppo tempo e io credo debba tornare a scegliere dove vuole stare, nel contesto geostrategico, su che cosa vuole investire e concentrare le risorse su quegli obiettivi, partendo dal tema della difesa dell’interesse nazionale che per noi è un obiettivo anche in Europa. Penso a tutta la vicenda del price cap, del mercato del gas o della tutela del settore del packaging che è stato oggetto anche delle mie interlocuzioni presso la Commissione Europea, esposto a rischi proprio in questi giorni, un piccolo segnale è arrivato credo anche grazie al lavoro che ha fatto il Governo.
C’è tanto lavoro da fare, non voglio tediarvi oltre, e abbiamo bisogno delle energie migliori di questa Nazione. Le porte di questo Governo saranno sempre aperte per chi vuole offrire proposte, per chi ha soluzioni efficaci, e sono certa che Confindustria sarà sempre protagonista di questo percorso. Perché questa strada intendiamo percorrerla al fianco del nostro sistema produttivo e industriale, atteso che nessuno meglio di chi fa impresa sa cosa sia la cultura del lavoro. Ma anche perché penso che nessuno meglio di chi fa impresa sappia quanto conti il rispetto degli impegni presi, e questo è qualcosa che anche alla politica vale la pena di insegnare e noi, poiché vogliamo rispettare gli impegni che abbiamo assunto con i cittadini italiani, dal vostro mondo su questo possiamo trarre il buon esempio. 
Io vi ringrazio, mi scuso ancora per non essere lì, vi auguro buon lavoro e faccio a tutti un grande in bocca al lupo per questa avventura.

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