fbpx

«Alemanno deve capire dove ha sbagliato. Siamo passati dai sindaci marionetta dei partiti ai sindaci fai da te».

L’intervista di Francesca Siciliano, IntelligoNews.it, 20 giugno 2013

«Dobbiamo dimostrare che la destra, con i vecchi valori di riferimento, è in grado di trovare le risposte per i nuovi bisogni della società». Fabio Rampelli, intervistato da IntelligoNews, non ha peli sulla lingua: «Il centrodestra, così com’è concepito adesso, non funziona più: deve adeguarsi alla globalizzazione».

Elezioni amministrative: quanto pesa la sconfitta di Alemanno? «Ha un peso importante, anche per il suo cammino politico; ora dovrà fare un’analisi approfondita per capire dove ha sbagliato».

E sul piano nazionale? Il Pdl reggerà il contraccolpo? «In diversi momenti ho cercato di parlare sia con Alemanno che con l’allora governatore del Lazio Storace, per metterli in guardia dal rischio di trasformare le istituzioni in luoghi in cui “si decide tutto”. Le scelte amministrative, ma anche quelle politiche interne ai partiti, dovrebbero essere lasciate fuori dalle istituzioni ed essere affidate esclusivamente ai partiti».

Quale sarebbe stata la soluzione da lei auspicata? «Avere partiti forti a sostegno di istituzioni forti. Perché, automaticamente, se i partiti sono deboli le istituzioni saranno ingovernabili. Nella prima repubblica c’erano sindaci-marionetta, manovrati da partiti onnipresenti ed elefentiaci, oggi siamo caduti dalla padella alla brace, con sindaci che si sentono ‘padreterni’ e cercano d’impedire ai partiti di fare il loro lavoro, di essere cerniera con i cittadini, rappresentandone gli interessi. Vogliono comandare come ‘ducetti’ e commettono errori di presunzione grossolani. Bisogna trovare un punto d’equilibrio».

Nelle prossime ore Berlusconi dovrebbe incontrarsi con Alemanno: resa dei conti con gli ex An o nuovo inizio? «Dovrebbe chiederlo ai diretti interessati, non mi occupo dell’agenda privata di Berlusconi…».

Dal suo punto di vista è giusta l’ora di un ritorno a Fi e An? «I giornali scrivono che il PdL sarà ribattezzato ‘Forza Italia’. Alemanno dice che qualora accadesse organizzerà qualcosa. Non ha detto che romperà col Pdl né che continuerà a restarci. Mistero…».

Quindi? «Vedo solo confusione e approssimazione. E soprattutto scarso coraggio. Mentre tutto frana occorrerebbe essere più ardimentosi ed umili, ammettere che si è conclusa un’epoca, definitivamente e che occorre lavorare sodo e in fretta per rispondere alla molteplicità delle richieste provenienti dalla società».

Avete iniziato una serie di incontri volti a ricostruire la destra. E’ il ritorno ad Alleanza Nazionale? «Voglio, in primis, precisare che noi non vogliamo realizzare nessuna “cosa nera”. E aggiungo, per rispondere alla sua domanda, che non abbiamo alcuna intenzione di rifare An: sarebbe un’operazione di pura nostalgia. Come diceva Eraclito: “Nello stesso fiume non si può entrare due volte”, né si può tornare a quei “personaggi” che si sono resi conto del rischio ‘scomparsa’ della destra italiana solo quando hanno perso la seggiola in Parlamento. Noi abbiamo bisogno della spinta opposta: la destra deve dimostrare che ha energie nuove, nomi nuovi ed è in grado di inserirsi nel panorama politico italiano guadagnandosi il consenso dei cittadini sul campo dei nuovi bisogni sociali, sulle nuove domande, su progetti e non su aria fritta. Insomma, basta con quella retorica cui troppo spesso siamo stati abituati».

Partirete dal basso? Dal nucleo di Fratelli d’Italia? «Chiariamo subito, al fine di non fare dei pasticci con “cose nere” che non c’interessano, che noi non vogliamo una destra isolata e solitaria, è per questo che abbiamo scritto nel nostro simbolo anche ‘centrodestra nazionale’. Il nostro vuole essere un partito che ha al suo interno una destra protagonista ma vuole stare essere inserito nel sistema di alleanze. Fratelli d’Italia in 45 giorni ha decuplicato il risultato del partito di Fini e quadruplicato quello di Storace. Il saldo è chiaro: i cittadini vogliono una destra forte, moderna ed europea, ma inserita in un centrodestra.

Quindi non destra identitaria, ma destra di governo come fu An quando venne sdoganata? «No, l’identità non è certo incompatibile con la responsabilità».

Per alcuni solo il brand An può essere riproposto come destra di governo. Cosa risponde? «Il brand vincente a mio giudizio è quello di Fratelli d’Italia: non ho mai visto un partito che in soli tre mesi abbia triplicato ile percentuali in diverse città, tra cui Roma, e abbia, unico tra tutti, aumentato anche in voti assoluti in perfetta controtendenza rispetto al crollo dell’affluenza alle urne. Questo cosa vuole dire?».

Me lo dica lei. «Che il nostro partito è apprezzato dai cittadini, il brand funziona ed è molto gradita la leadership di Giorgia Meloni».

Prossimi obiettivi? «Vogliamo andare avanti per la nostra strada, proseguendo con l’impegno che ci ha contraddistinto in questi ultimi mesi. E aggiungo che c’è posto per tutti: purché nessuno, tra gli ultimi arrivati, abbia a pretendere posizioni primarie. E’ molto più importante che chi ha avuto un ruolo di primo piano in Parlamento per decenni metta a disposizione di tutti la sua esperienza, per formare e perfezionare la nuova classe dirigente. Bisogna investire sulle nuove generazioni e su volti nuovi: siamo stati travolti dalla globalizzazione e dall’antipolitica, dobbiamo dimostrare che la destra, con i suoi antichi valori di riferimento, è in grado di trovare le risposte per una società dove imperversano le diseguaglianze sociali e dove la grande finanza a messo sul lastrico l’economia reale e la produzione».

Queste risposte il Pdl non è stato in grado di darle? «No, il PdL non ha mai funzionato e non funzionerà mai. Non è previsto a monte che abbia dinamiche politiche, relazioni, discussioni, nuovi laboratori di idee. Si tratta solo di un Comitato elettorale».

Perché? «Non seleziona la classe dirigente con il criterio del merito, non include i cittadini nelle decisioni politiche, né coinvolge associazioni di categoria e sindacati; non caccia le mele marce quando vengono scoperte a “rubare” ed è ondivago all’inverosimile: un passo avanti e tre indietro (e guardi l’affaire sulle primarie: prima confermate, poi annullate). Le basta tutto questo per constatare che un partito che non c’è?». 

Condividi

Facebook

NEWSLETTER

Social