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«Se la sfida è rigenerare la destra io ne sarò entusiasta. Se l’obiettivo è ricollocare gli uomini della destra che hanno fatto il loro tempo non mi interessa».

L’intervista di Salvatore DamaLibero18 giugno 2013

Giorgia Meloni ci gira poco intorno: loro, la “cosa nera”, l’hanno fatta quando l’opzione più rassicurante era rimanere nel Pdl. Adesso Fratelli d’Italia guarda sì con interesse a una nuova fase costituente della destra, purché non serva come ciambella di salvataggio per questo o quel colonnello. Una parabola durata vent’anni. Dalla corsa di Fini al Campidoglio alla sconfitta di Alemanno. La destra si è liquefatta.

«Io non condivido la fretta semplicistica con cui si è celebrato il presunto funerale della destra. Contesto. E la considero una lettura politica lontana dalla realtà».

È un fatto che Alleanza nazionale non esista più. II suo leader pensionato. La sua classe dirigente in ordine sparso. «Possono finire le classi dirigenti e chiudersi dei cicli politici, ma il bagaglio culturale e ideale della destra affonda le sue radici ben più in profondità. Alleanza nazionale la ha interpretata, ma l’ identità di destra non finisce con lo scioglimento di un partito, né può esaurirsi in un leader».

La destra non è finita in soffitta? «Destra è un insieme di idee forti. E noi dobbiamo chiederci: come stanno queste idee nel nostro tempo? La sfida non è quella di riproporre qualcosa che c’è stato già. La sfida è lastricare il nostro pezzo di questo cammino. E vedere se o, qui e ora, siamo in grado di prendere quelle idee calandole nel nostro tempo».

Rifondare Alleanza nazionale scelta sbagliata? «Non credo nelle operazioni di ritorno al passato. Se noi pensiamo di mettere insieme le facce di sempre, gli slogan di sempre, i nomi di sempre, i manifesti di sempre, semplicemente non saremo credibili. Si è chiusa l’epoca di una classe dirigente che ha avuto l’ onore e l’ onere di rappresentare quell’idea negli ultimi decenni».

Cosa imputa ai colonnelli dell’ex An? «La colpa di molti di loro sta nel non aver capito che quando le idee non si radicano nella società, le puoi professare ma non esistono. Abbiamo avuto tante occasioni per incidere in questi anni, ma la classe dirigente della destra ha governato spesso per governare, non ha lasciato un segno del proprio passaggio».

Ma quella classe dirigente non si sente ancora pronta alla pensione…«Nessuno le chiede di andare in pensione, ma penso che chi ha avuto incarichi di prima fila in questi venti anni nella storia della destra oggi debba avere il coraggio di mettere a disposizione la propria preziosa esperienza per accompagnare una nuova generazione politica. E senza pretendere ruoli di prima fila Ciascuno di loro dovrebbe prendere nuove persone e fare da mecenate. Porsi un problema che quella classe dirigente, ahimè, non si è posta finora: “Che cosa sto lasciando dopo di me?”».

Siete pronti a rigenerare la destra con altri ex An provenienti dal Pdl purché mettano da parte il protagonismo? «Abbiamo fatto la nostra scelta in tempi non sospetti, quando l’opzione era tra salvare noi stessi o salvare quello che rappresentavamo. Abbiamo privilegiato questa seconda, mettendo in discussione la possibilità di salvare noi stessi. Tanti di quelli che hanno fondato Fratelli d’Italia a quaranta giorni dal voto avrebbero avuto un posto assicurato nel Pdl».

Altri non vi hanno seguito. «Perciò a chi oggi dice che va rifatta la destra, io dico: c’è già. È Fratelli d’Italia. Un progetto inclusivo e aperto a tutte le persone sincere e di buona volontà. I nostri risultati dicono anche che la strada è quella giusta. Che si può crescere e che c’è ancora un centrodestra che può vincere. In una tornata elettorale in cui la coalizione non ha funzionato benissimo, Fdi è cresciuta in percentuale e in voti assoluti. A Roma abbiamo preso quasi 20 mila voti in più».

Ma siete ancora molto distanti dalle percentuali di An. «C’è un patrimonio che si è disperso. Ma possiamo ricomporlo. Il combinato disposto tra una proposta politica coerente e un personale politico serio e spendibile funziona. C’è ancora lo spazio».

In tempi di acuta crisi economica l’elettore sceglie in base ai programmi economici, non in ragione della propria identità. «Quando gli elettori sono più interessati alle ricette economiche che gli pone un partito è perché tendono a non fidarsi delle idee. O non c’è più l’adesione acritica, non è automatico che chi crede nella Patria voti Fratelli d’ Italia Però chi è di destra in Italia ha un disperato desiderio di vedere qualcuno che sia capace di rappresentare le sue idee anche nel concreto».

Come giudica la proposta di Alemanno? «Rispondo con una battuta di Guido Crosetto: a noi non serve una “cosa nera”, ma una cosa vera. Ci stiamo già lavorando e ci lavoriamo. Quando sarà l’opzione A di Alemanno, ne parleremo volentieri anche con lui. Ma per ora mi pare sia solo il suo piano B, aspettando di vedere se rinasce Forza Italia».

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