Di seguito uno stralcio del discorso pronunciato dal capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in occasione del comizio di chiusura della campagna elettorale del sindaco Alemanno.
Sono cresciuta nei lotti della rossa Garbatella, anzi della ex rossa Garbatella. Nel 2006, il centrodestra fu battuto sonoramente da quel blocco di potere che ruotava intorno a Walter Veltroni. Quello stesso ‘cerchio magico’ che aveva imposto l’inutile e chissà per quanti decenni incompleta città dello sport di Tor Vergata. E non smetteremo di chiederci perché con tutti quei soldi non si sia pensato a restaurare quell’autentico monumento che è il Foro Italico. Quello stesso gruppo di potere che aveva voluto l’inutile, dannosa, costosa e – diciamocelo – brutta Nuvola di Fuksas. È stato faticoso liberare Roma non dalla sinistra in quanto tale ma dalla tenaglia del potere e dell’affarismo che quella sinistra aveva intorno. La peggiore forma di affarismo, quello che si presenta con la erre moscia e il doppiopetto, che inventa regole nuove ed eleganti per guadagnare milioni e milioni di euro.
In questi 5 anni abbiamo lavorato molto e abbiamo realizzato la metà dei risultati che avremmo voluto. C’è ancora molto da fare e per completare l’opera abbiamo bisogno di altri 5 anni. Ma non torniamo indietro, a non finire di nuovo nelle mani delle sinistre dei palazzinari e dei centri sociali occupati, a non ridare fiato a quei comitati d’affari.
Fratelli d’Italia intende rappresentare nella coalizione un movimento sentinella, perché si abbia il coraggio di portare fino in fondo quel cambiamento, di non farsi irretire da logiche consociative, accelerando il rinnovamento e compiendo quella rivoluzione culturale e morale per la quale la gran parte dei romani ci ha dato fiducia nel 2008.
In questi anni abbiamo già dimostrato molto, al fianco di Alemanno. Siamo l’anima culturale e politica che ha varato il quoziente familiare per aiutare le famiglie romane, soprattutto quelle numerose. Perché vogliamo premiare il coraggio di chi in un tempo come questo sceglie di mettere al mondo un bambino. Perché non ci stiamo in una Nazione nella quale i figli sono diventati un bene di lusso e che l’Italia sia una Nazione destinata a scomparire visti i dati sulla natalità. Nè pensiamo, come la sinistra, che tanto risolveranno il problema gli immigrati che i figli li fanno, perché noi vogliamo che in Italia i figli li facciano anche gli italiani e non solo gli immigrati.
Siamo stati decisivi nelle politiche di contrasto alle tossicodipendenze, lavorando sulla prevenzione e sul recupero, difendendo due principi fondamentali: è cioè che drogarsi non sarà mai un diritto perché la droga non è libertà ma schiavitù, e che il tossicodipendente è un malato perfettamente curabile, che va liberato dalla droga e non mantenuto a metadone. Risultato: le morti per overdose sono diminuite in 4 anni del 57%.
Tradotto: abbiamo salvato la vita a 156 ragazzi. E se anche fosse stato uno solo, sarebbe valso tutto il duro lavoro che abbiamo fatto in questi anni. Perchè noi la nostra droga la abbiamo già, è l’adrenalina delle nostre passioni, e non ci servono sostanze chimiche per ucciderci e fare gli interessi della mafia. Ce lo hanno insegnato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che la mafia si sconfigge nelle piccole grandi scelte quotidiane, come quella di dire no ogni tipo di droga.
Abbiamo costruito la nostra posizione sul tema dell’immigrazione e sul tema della cittadinanza partendo dal basso, a partire dalla Scuola Pisacane dove i bambini italiani sono una esigua minoranza. Siamo arrivati al ghetto in casa nostra, ma non è così che si costruisce integrazione. È cominciando prima di tutto col rispettare noi stessi che impariamo anche a rispettare l’altro.
Siamo partiti da qui per arrivare allo slogan: “l’Italia a chi la ama”, per dire che il ministro Kyenge sbaglia quando chiede l’introduzione dello ‘ius soli’, perché la cittadinanza per quello che ci riguarda non sarà mai un automatismo. La cittadinanza italiana deve essere richiesta, voluta, sudata e celebrata. Se amerai questa Nazione, questa Nazione ti amerà. Se vuoi soltanto sfruttarla e umiliarla, questa terra non te lo permetterà. Abbiamo voluto che nelle mense scolastiche si distribuisse il cibo delle regioni italiane, il cibo della nostra tradizione.
Abbiamo portato i bimbi romani ad Auschwitz e per la prima volta a Praga a visitare uno dei paesi martorizzati dal comunismo, la città del sacrificio di Jan Palac. Li abbiamo fatti volare fino a Hiroshima a parlare con gli ultimi sopravvissuti della bomba atomica dell’agosto 1945, e li abbiamo portati alla foiba di Basovizza, non una depressione carsica, come hanno ignobilmente scritto esimi storiografi per oltre 70 anni, omettendo la verità per fare un interesse di parte e di partito, ma crudeli tombe nelle quali venivano gettate vive, e a migliaia, intere famiglie italiane, colpevoli solo di essere tali. E che questa Nazione ha dimenticato. E sono fiera che sia stato un assessore di Fratelli d’Italia a farlo e la ringrazio.
Siamo stati protagonisti della battaglia per la tutela dell’ambiente, raggiungendo il 31% di raccolta differenziata. Andiamo verso il modello di San Francisco. Molto ancora va fatto, ma certo non faremo mai il gioco dei padroni del trattamento dei rifiuti.
Abbiamo lavorato per tutelare il territorio, proponendo il nuovo modello economico della sostituzione edilizia. Il nostro lascito culturale sarà la trasformazione di Tor Bella Monaca nel quartiere romano più bello tra tutti, grazie a quel bel progetto dell’architetto Leon Krier. Abbiamo qualificato la proposta culturale di Roma, coniugando identità a modernità, rilanciando le nostre tradizioni, valorizzando quella cultura popolare che i nostri predecessori avevano cancellato.
Abbiamo visto poi le azioni del sindaco Alemanno sull’Imu e confermiamo una delle battaglie qualificanti di Fratelli d’Italia a livello nazionale, che è l’abolizione della tassa sulla prima casa. Non il rinvio del pagamento della seconda rata, ma l’abolizione di tutta la tassa, perché la prima casa è un bene sacro e non è disponibile. E non può essere pignorabile. Perché la vergogna di gente buttata in mezzo alla strada con la casa messa all’asta da Equitalia per 15 mila euro di debito non la vogliamo vedere più.
Sul governo Letta non abbiamo la stessa posizione del PdL, perché temiamo una riedizione dell’esperienza tragica di Mario Monti, abbiamo detto e confermiamo che lavoreremo per l’Italia e il suo bene ma se ci saranno provvedimenti positivi li sosterremo, se ci saranno provvedimenti negativi e recessivi no. Se ci si proporrà di mettere un tetto alla pressione fiscale, per costringere la politica ad abbassare le tasse, come proponiamo da mesi, noi sosterremo quel provvedimento.
Se ci si chiederà di separare le banche commerciali da quelle d’affari, noi lo sosterremo, perché il sistema del credito deve tornare a essere al servizio delle famiglie e delle imprese e non dei poteri forti. E perché non sosteremmo più governi che aiutino le banche se le banche non sono disposte ad aiutare gli italiani.
Se il ministro del lavoro Giovannini lavorerà a una riforma del mercato del lavoro tesa a eliminare l’odioso dualismo tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, noi saremo dalla sua parte.
Se saranno abolite le pensioni d’oro, quella vergogna di chi in Italia che prende fino a 90.000 euro/mese dall’INPS a fronte di intere generazioni che non prenderanno mai una pensione decente e lavoreranno tutta la vita per pagare i privilegi di qualcun altro, noi voteremo quel provvedimento.
Crediamo in un governo libero di rappresentare a testa alta ma anche a testa bassa il popolo italiano e di interpretarne i sogni e i bisogni. Perché per vincere questa sfida ci vuole coraggio, orgoglio e determinazione. E ci vuole conoscerla, questa città, amarla davvero, e non essere catapultati a fare il candidato sindaco come accade a Ignazio Marino. Un bravissimo chirurgo, per carità, nato a Genova, mezzo siciliano e mezzo svizzero, che ha sempre vissuto tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Certo ha dato lustro all’Italia per le sue capacità scientifiche.
Ma per fare il sindaco di Roma non serve essere stato il primo ad aver trapiantato un fegato di babbuino in un essere umano. Serve conoscerla, questa città, per capirne i bisogni. Devi sentire l’odore acre del Tevere, aver fatto la spesa al mercato rionale di Testaccio. Bisogna essersi stesi almeno una volta sotto il sole sul prato del Circo Massimo, essersi abbracciati allo stadio, aver frequentato le scuole e le università, devi aver combattuto appassionate battaglie civili nelle strade, con i comitati di quartiere o nei consigli municipali e nelle strade. Noi abbiamo fatto tutto questo. E vinceremo perché siamo gente di Roma, che si batte per Roma e che non resta alla finestra della vita guardando quello che succede di sotto. Noi scendiamo in strada e ci rimbocchiamo le maniche per capire come costruire una Roma migliore. E come canta un famoso cantante romano (Renato Zero): sogniamo in silenzio, ma viviamo ad alta voce. Provate a fermarci.