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di Massimo Corsaro
30 maggio 2013

Di Franca Rame non ho mai apprezzato la vena artistica, i contenuti politici e il prevedibile conformismo con il quale si costruì il ruolo dell’anticonformista. Ma questo è affar mio, e non è il tema in discussione. Fatto sta che ieri, qualche minuto dopo la notizia del suo decesso, è cominciata la danza delle dichiarazioni celebrative che non sono giunte alla richiesta di beatificazione solo perché – oggettivamente – si sarebbe trattato di materia troppo palesemente contrastante con la storia del personaggio. E siccome di un personaggio stiamo parlando, anche per la Rame vale la condizione per cui – se hai ruolo pubblico nell’arte, nella politica, nella cultura, nello sport o nell’impresa – è normale che tutto il tuo percorso resti evidente, nelle luci e nelle ombre.

Ho quindi deciso di inserirmi nei peana delle doglianze per sottolineare un’ombra che – da sola – vale più di qualsiasi altra memoria. Ho scritto questo Tweet: “Ma chi? Quella che ha difeso l’assassino dei fratelli Mattei? Io di rame conosco solo il metallo”. Nessuna offesa come si vede, nessun aggettivo irriguardoso. Ma la memoria, quella si. Già, perché la signora Rame tra i suoi colpi di genio, trovò il modo di esprimere solidarietà, tutelare e finanziare Achille Lollo, esponente di Autonomia Operaia, infine reo confesso del rogo di Primavalle nel quale persero la vita due ragazzini, Stefano e Virgilio Mattei, la cui colpa era quella di essere figli di un militante del MSI. Lo stesso Lollo che, prima di scappare in Brasile dove ha potuto vivere in libertà grazie a quella contestuale colpevole inefficienza di giustizia e volontà politica che fanno dell’Italia una delle Nazioni meno affidabili sotto il profilo giudiziario, ebbe modo di sostenere dapprima che l’incendio era sorto per autocombustione, e poi che fu appiccato  dagli stessi missini in polemica tra di loro.

Apriti cielo! Al mio Tweet hanno fatto seguito decine di sdegnate repliche da parte di vari personaggi tra i quali nessuno, nessuno, ha deciso di affrontare il tema da me ricordato o di confutarne la natura. In compenso, una sequela di insulti e volgarità, l’augurio di raggiungere quanto prima la cara estinta, e poi il ricordo dell’odiosa violenza di cui la Rame fu oggetto nel ’73, quasi a sostenere implicitamente che l’aver subito quella vicenda triste ed infame legittimasse l’esercizio di qualunque altra nefandezza (in allegato, riproduco estratto dei commenti di cui parlo, fotografati dal mio profilo Twitter). I più classici poi, sono quelli che ammantano i loro strali con una presunta e mai giustificata superiorità culturale, giacché se non adori i loro idoli si suppone che tu non sappia leggere e scrivere. Sono certo che questi meschini figuri del peggior sinistrismo italico sono gli stessi che si danno di gomito ammiccando alle battutacce riversate contro le ministre del governo di centrodestra, o che denigrano Ferrara e Brunetta per le loro fattezze, o che hanno brindato alla scomparsa di Muccioli, o che hanno scoperto l’esistenza di Borsellino solo dopo che il filone dei magistrati militanti di sinistra ne ha utilizzato alcuni parenti per nobilitare il proprio protagonismo politico. Sì, insomma, quelli che cercano di impedire le manifestazioni di questa parte ma che griderebbero allo scandalo se solo uno di noi andasse a fischiare ad un loro comizio; quelli che intestano le piazze a Giuliani accusando il carabiniere Placanica di non essersi fatto massacrare dall’estintore che stava per sfondargli il cranio», prosegue il deputato di FdI.

È una differenza antropologica che ci distingue, e che mi rende orgoglioso di averli sempre e comunque dall’altra parte. E più si infastidiscono se ricordo loro la verità, più mi invogliano a tenere alta la memoria di cosa sono stati e cosa continuano ad essere. Quanto alla signora Rame, non so se esiste qualcosa “di là”. Ma se c’è, so che ora è di fronte a un bambino di 8 anni ed al fratello di 22, e non le basterà l’eternità per spiegare loro perché difese chi li arse vivi nella loro casa. 

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