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di Giorgia Meloni
29 marzo 2013

Leggo che il M5S si è pronunciato contro la costituzione del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia sostenendo che questo costerà alla Camera dei Deputati 400 mila euro in più. “Basta con le deroghe ai danni degli italiani” dichiara fieramente il deputato Fico. “Abbiamo votato contro” aggiunge il deputato Di Maio. Peccato che la verità sia molto diversa e che, come accade in molti avvincenti romanzi gialli, l’accusatore sia il vero farabutto e l’accusato sia invece totalmente innocente. Perché in questa storia, i grillini, tra responsabilità diretta e compiacenza colpevole, hanno causato un aggravio dei costi di funzionamento della Camera di circa 1.600.000 euro, mentre FDI non ha nessuna responsabilità su questi sprechi.

Ma andiamo per ordine. I più volenterosi si organizzino tenendo sott’occhio il Regolamento della Camera e a portata di mano una calcolatrice. Per tutti gli altri sarà sufficiente un pizzico di pazienza e la curiosità di scoprire chi sta veramente facendo sperpero di denaro pubblico.

Cominciamo con la costituzione del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia. L’art. 14, comma 2 del Regolamento della Camera prevede la possibilità che l’ufficio di presidenza autorizzi la costituzione di un Gruppo con meno di venti iscritti purché questo rappresenti un partito con specifiche caratteristiche, di fatto deve essere un partito che si sia presentato sull’intero territorio nazionale e che abbia una effettiva e diffusa presenza.

In sostanza, il Regolamento prevede, giustamente, che un partito che abbia ottenuto un sufficiente consenso da parte degli italiani, presentandosi con un proprio simbolo alle elezioni, abbia il diritto di essere pienamente rappresentato all’interno della Camera, anche se non raggiunge il numero di 20 deputati. Semplicemente una questione di democrazia. Nessun favore a FDI, quindi, ma solo l’applicazione di un (giusto) articolo del Regolamento.

Passiamo ai costi. Ai famosi costi aggiuntivi di cui parlano gli economisti del M5S. La spiegazione sarebbe questa: ad ogni gruppo spetta almeno un Segretario della Camera, che costa, tra personale, ufficio ecc, 400 mila euro, quindi la costituzione del gruppo FDI ci costa 400 mila euro. Sembra funzionare. Ma come gran parte delle cose dette da Grillo & co., è sufficiente dedicare parte del proprio tempo ad approfondire l’argomento per capire che si tratta di una sciocchezza. Fatta in buona fede, per impreparazione? Oppure con una disinvoltura degna dei politicanti della prima repubblica? Lo scopriremo solo nei prossimi mesi.

Ma torniamo a noi. L’art. 5 del Regolamento stabilisce che l’ufficio di presidenza è composto da Presidente, quattro Vicepresidenti, tre Questori e otto Segretari. In totale Presidente + 15. E stabilisce pure che “Nell’Ufficio di Presidenza devono essere rappresentati tutti i Gruppi parlamentari esistenti all’atto della sua elezione”. I gruppi presenti alla Camera erano inizialmente 7: PD, PDL, M5S, SEL, Lega, Scelta Civica e Gruppo Misto (del quale faceva parte FDI), ai quali si sapeva bene che si sarebbe aggiunto il gruppo FDI. Quindi nel complesso 15 posizioni dell’ufficio di presidenza (il Presidente non appartiene a nessun gruppo) per 7+1 gruppi che devono necessariamente essere rappresentati.

Tutto facile, si direbbe: 1 posto ad ogni gruppo più piccolo e 2 o più posti ai gruppi più numerosi. In attesa della costituzione del gruppo di FDI si assegnano 2 posti al gruppo misto che dopo l’applicazione dell’art 14 del regolamento diventano 1 del gruppo misto e 1 di FDI. La rete sarebbe fiera di noi!

Ma poi le cose vanno diversamente. Alla fine del valzer delle nomine nell’ufficio di presidenza, restano fuori SEL, Lega e Misto (oltre al futuro FDI). Il M5S si prende tre posizioni: un vice presidente e 2 segretari. A questo punto si è costretti ad applicare il comma 4 dell’articolo 5 del Regolamento: “Qualora (…) uno o più Gruppi non risultino rappresentati, si procede all’elezione di un corrispondente numero di Segretari”. Quindi, già da subito, 3 segretari in più, per SEL, Lega e Misto, per un costo complessivo di 1.200.000 euro. Per colpa dell’ingordigia di chi ha preteso più posti del dovuto. Solo successivamente si è creato l’analogo caso per il gruppo di FDI, per ulteriori 400 mila euro. Ma serve veramente una spregiudicatezza alla quale nemmeno la politica più consumata è mai arrivata per affermare che la colpa di questi costi aggiuntivi è da imputarsi a chi è rimasto fuori dall’ufficio di presidenza.

Uno vale uno si capisce bene. Ma che 8 non sta in 15 è una teoria matematica grillina che ancora mi sfugge. 

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