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La grande assente della campagna elettorale è l’agricoltura; eppure, in questi giorni, l’Europa sta per adottare un provvedimento che condizionerà pesantemente il destino di questo settore strategico per il made in Italy. La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo si è espressa in questi giorni sui quattro testi legislativi per riformare la PAC post 2013, portando in aula i testi di 200 emendamenti, sintesi degli 8.000 presentati. La PAC (Politica Agricola Comune) si propone di conciliare un’adeguata produzione alimentare con la salvaguardia economica delle comunità rurali e la risposta alle sfide ambientali come i cambiamenti climatici, la gestione delle risorse idriche, le bioenergie e la biodiversità. La PAC è una delle voci più imponenti dell’Unione (ne impegna circa il 34% del Bilancio), ma di vitale importanza per il vecchio continente, in cui l’agricoltura riveste un primario ruolo economico, anche se non in egual modo per tutti i Paesi Membri: la Gran Bretagna, la cui economia è fondata quasi esclusivamente sulla produzione industriale, non perde occasione di avversare qualsiasi aumento di spesa nel settore agricolo. A Novembre dell’anno scorso, la bozza di bilancio pluriennale UE 2014/2020, presentata dal Presidente permanente del Consiglio, Herman Van Rompuy, aveva previsto un taglio di 80,737 miliari di euro totali, di cui 25,5 miliardi per la PAC. Si trattava di una previsione angosciosa, che prevedeva, oltretutto, la riduzione della considerazione del fattore di prosperità nazionale per l’allocamento delle risorse da destinare alle regioni più povere e la permanenza dei rebate (il rimborso per lo squilibrio tra ciò che si mette sul piatto dell’UE e ciò che dall’UE si riceve in termini economici e di benefici) per Germania (2,8 miliardi per i 7 anni), Paesi Bassi (1,1 miliardi) e Svezia ( 325 milioni). La proposta Rompuy comportava una riduzione del Bilancio della Politica Agricola in termini reali (cioè dovuta all’inflazione) di circa il 12%, oltre alla riduzione per l’Italia di circa il 6%, per la redistribuzione dei pagamenti diretti fra gli Stati Membri. A tal proposito io stesso presentai un’interrogazione (Interrogazione a risposta scritta 4-18616 del 20 novembre 2012) chiedendo al Governo di farsi promotore di una campagna contraria alla riduzione dei fondi destinati alla PAC. Le minacce di veto dell’Italia (e di altri Stati) convinsero Rumpey a rimandare il tutto all’anno successivo, al 2013. In questi giorni la discussione sulla PAC è stata riaccesa e gli eurodeputati si sono opposti ai tagli previsti e hanno, anzi, chiesto un incremento consistente della spesa da destinare alla PAC. Lo stesso Presidente della Commissione Agricoltura dell’Europarlamento, Paolo De Castro (S&D- Progressive Alliance of Socialist & Democrats) ha criticato aspramente i previsti tagli, affermando che “tutti gli ulteriori tagli alla PAC sono semplicemente inaccettabili”. Infatti il passaggio parlamentare, ha congelato la decisione definitiva, in attesa del Consiglio Europeo del 7 febbraio p.v. “perché – spiega De Castro – senza adeguate garanzie sui finanziamenti al settore per i prossimi 7 anni, siamo pronti a far saltare la riforma”. Quali le novità previste dal nuovo Piano? Innanzitutto, in base ai parametri proposti, nessun partner potrà ricevere meno del 65% della media UE: per l’Italia, secondo le primissime valutazioni, ci sarebbe un miglioramento di circa 44 milioni annui. I contestatissimi vincoli ambientali voluti dalla Commissione (diversificazione e messa a riposo dei terreni) non si applicheranno alle aziende certificate, biologiche e ai produttori di riso. Soprattutto saranno gli stessi Stati membri a definire, secondo “criteri oggettivi”, la figura degli agricoltori attivi ai quali riservare i premi. Tra le principali novità contenute nei testi finali approvati dal Parlamento va evidenziata anche la modifica introdotta sul capping, che prevede l’esclusione delle cooperative dalla applicazione del tetto massimo di aiuti percepibili; la definizione più precisa dei compiti e degli obiettivi attribuiti alle organizzazioni dei produttori; la possibilità anche per le grandi imprese di accedere ai finanziamenti per gli investimenti e, infine, l’estensione anche alle OP della richiesta di accesso a finanziamenti per le assicurazioni, ai quali auspichiamo si aggiungano ulteriori miglioramenti relativi alla gestione del rischio.

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