“Lettura autentica della sentenza del Consiglio di Stato: la giustizia amministrativa ha deciso di mandare a gara europea le concessioni demaniali, consentendo a nazioni più ricche e ad aziende straniere conseguentemente più fiorenti di gestire arenili, impianti sciistici, terme, porti, perfino siti archeologici, magari anche in presenza di un regime di tassazione diverso e senza che le imprese italiane possano analogamente partecipare a gare per la gestione di arenili tedeschi, montagne olandesi, siti archeologici danesi. Possiamo davvero di par condicio? C’è un’altra lettura autentica ed è più politica. La sentenza è stata emessa da un collegio presieduto da un ex ministro del Governo Monti che ha anche ricoperto il ruolo di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai tempi del governo Letta, il magistrato Patroni Griffi. I toni ultimativi che hanno contraddistinto il verdetto sono più da programma politico che non di un equilibrato ragionamento di un organo costituzionale che dovrebbe garantire alterità rispetto ad altri due organi costituzionali, il governo e il parlamento. Quando ci siamo lamentati della magistratura fuori ruolo lo abbiamo fatto proprio per interrompere queste porte girevoli che finiscono per influenzare la politica e la giustizia”. È quanto dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.
stralci della sentenza:
Il Consiglio di Stato fa digressioni di politica ambientale
Da questo punto di vista, i dati forniti dal sistema informativo del demanio marittimo (SID) del Ministero delle Infrastrutture rivelano che in Italia quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi che in alcune Regioni (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) arrivano quasi al 70%. Una percentuale di occupazione, quindi, molto elevata, specie se si considera che i tratti di litorale soggetti ad erosione sono in costante aumento e che una parte significativa della costa “libera” risulta non fruibile per finalità turistico-ricreative, perché inquinata o comunque “abbandonata”.
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Consiglio di Stato fa il drafting legislativo
La durata delle concessioni dovrebbe essere limitata e giustificata sulla base di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie, al fine di evitare la preclusione dell’accesso al mercato. Al riguardo, sarebbe opportuna l’introduzione a livello normativo di un limite alla durata delle concessioni, che dovrà essere poi in concreto determinata (nell’ambito del tetto normativo) dall’amministrazione aggiudicatrice nel bando di gara in funzione dei servizi richiesti al concessionario. La durata andrebbe commisurata al valore della concessione e alla sua complessità organizzativa e non dovrebbe eccedere il periodo di tempo ragionevolmente necessario al recupero degli investimenti, insieme ad una remunerazione del capitale investito o, per converso, laddove ciò determini una durata eccessiva, si potrà prevedere una scadenza anticipata ponendo a base d’asta il valore, al momento della gara, degli investimenti già effettuati dal concessionario.
È inoltre auspicabile che le amministrazioni concedenti sfruttino appieno il reale valore del bene demaniale oggetto di concessione. In tal senso, sarebbe opportuno che anche la misura dei canoni concessori formi oggetto della procedura competitiva per la selezione dei concessionari, in modo tale che, all’esito, essa rifletta il reale valore economico e turistico del bene oggetto di affidamento.
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Il Consiglio di Stato minaccia?
3. Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.