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E’ solo di ieri l’arresto di dieci persone, a Brindisi, che vendevano droga i cui acquirenti potevano prenotarla attraverso Facebook, pagando con carte di credito prepagate. I dieci, tra il novembre 2010 e il novembre 2011, erano riusciti a imbastire un commercio che si aggirava fra i 30mila e i 50mila euro al mese. Ma vi sono usi illeciti della rete anche più sconcertanti e, complice l’utilizzo competente di sofisticati mezzi tecnologici, maggiormente difficili da debellare. Esiste una realtà virtuale, definita internet sommerso, che non risulta dai motori di ricerca e dai siti convenzionali. Parliamo, ad esempio, di comunità virtuali come quella del sito “Silk Road”, per accedere alla quale è necessario installare TOR, un software di anonimato che protegge dall’analisi del traffico online. L’utilizzo di TOR impedisce l’identificazione e la geolocalizzazione degli utenti e, anche ripercorrendo le tracce telematiche, le Forze dell’Ordine non possono risalire agli ID.

Su “Silk Road” è possibile acquistare droga di ogni tipo, messa all’asta da venditori di tutto al mondo, come su un normale sito di vendita online, come E-Bay o Amazon, ma anche armi di ogni calibro e dimensione. Su “Silk Road”, inoltre, i pagamenti non avvengono con mezzi individuabili, ma si paga tutto tramite Bit Coin, una moneta elettronica pee-to-peer non emessa da istituti di credito, ma da un network. Mi sono già più volte interessato a queste tematiche, interrogando il Ministero della Salute relativamente alla vendita on line delle cosiddette “smart drugs”, distribuite spacciandole per profumatori per ambiente, mentre contengono delle vere e proprie sostanze stupefacenti (Interrogazione a risposta scritta 4/14860 del 14/02/2012) e già l’anno precedente chiedendo di intervenire sugli acquisiti di droga online, in crescita esponenziale: i dati della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche dicono che negli ultimi anni si è passati dal 40 al 60% degli accessi ai siti dedicati. (Interrogazione a risposta scritta 4/12664 del 20/07/2011).

In entrambi i casi il Governo rispose assicurando una pronta e attenta vigilanza e sottolineando tutti i le attività attuate per ostacolare la vendita online di sostanze stupefacenti come, solo per fare un esempio il progetto “Smart search”, affidato all’Università degli Studi di Verona, in collaborazione con la direzione centrale per i servizi antidroga e la polizia delle comunicazione del Ministero dell’Interno, che vigila sulle sostanze vendute negli smart shop e sui siti online, per identificare vendite di sostanze illecite mascherate da prodotti innocui. Ma, evidentemente, tutto ciò non è sufficiente, soprattutto considerando la continua evoluzione della potenza e della diffusione della rete.

Occorre una squadra dedicata al fenomeno, con la collaborazione di Forze dell’Ordine, rappresentanze mediche e anche socio-assistenziali. Ma, soprattutto, occorre intervenire immediatamente.

E’ quanto dichiara Gianni Mancuso, deputato di ‘Fratelli d’Italia – Centrodestra nazionale’.

16 gennaio 2013

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