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Non si intende demagogicamente affibbiare agli istituti di credito la colpa della crisi, trovando un facile capro espiatorio contro cui convogliare la rabbia della gente. Proprio perché il ruolo che rivestono le banche nel sistema economico è strategico occorre ripensarle.

Le banche sono uno strumento essenziale per l’economia reale. La nostra è pertanto una sfida di responsabilità per il ruolo strategico in campo economico e monetario che l’Europa ha affidato loro: essere strumento della ripresa economica, immettendo nuova liquidità in un mercato asfittico, fornendo alle imprese e alle famiglie l’ossigeno necessario a superare il momento di difficoltà che attraversiamo. Per questo, la BCE e L’Unione, hanno scelto di aiutare il sistema bancario privato, anziché i governi degli Stati sovrani. Questo compito è stato disatteso: tra dicembre e febbraio,  la BCE ha destinato 255 miliardi alle banche italiane a un tasso agevolato dell’1%, ma i prestiti a famiglie e imprese anziché aumentare sono diminuiti in Italia di quasi 35 miliardi di euro.

Al contrario, nei primi sei mesi del 2012 l’acquisto dei titoli di Stato da parte delle banche italiane ha subito un vero e proprio boom: + 93 miliardi. Alla luce dei rendimenti dei titoli nello stesso periodo di tempo, si è trattato di una speculazione con margini di profitto fino a sei volte superiori all’investimento iniziale. Una speculazione anche politica, perché naturalmente lo spread è sceso e il Governo Monti ha potuto rivendicare il risultato di fronte all’opinione pubblica. 

Ancora peggiore, sotto il profilo della credibilità della BCE, è quanto avvenuto in Francia: qui una cospicua fetta dei finanziamenti a tasso agevolato è stata indirizzata nelle società finanziarie di proprietà dei principali gruppi industriali, da questi prontamente convertite in istituti creditizi abilitati alla raccolta dei fondi europei. In tal modo le risorse che gli Stati membri hanno destinato al rilancio dell’economia sono serviti ad amplificare le capacità finanziarie dei pochi gruppi beneficiari (aziende automobilistiche in primis), in evidente aggiramento delle principali norme comunitarie in materia di concorrenza e  contrasto agli aiuti di Stato.

Le scelte:

  • Vigilanza degli Stati e delle istituzioni europee sul rispetto dei patti: è dovere dell’Europa e dell’Italia sincerarsi che i miliardi di euro di prestiti erogati alle banche per ridare liquidità al sistema arrivino alle famiglie e alle imprese, senza fermarsi nelle casse degli istituti di credito che, al contrario, chiudono i rubinetti. E’ altresì necessario che le Istituzioni europee definiscano un disciplinare con le corrette modalità di utilizzo delle risorse comunitarie stanziate a supporto della crescita economica e approntino un credibile sistema sanzionatorio a carico di chi non si attiene alle disposizioni.
  • Varo di una legge che separi le banche d’investimento da quelle commerciali, dividendo  le attività bancarie ordinarie da quelle speculative. Divieto di speculazioni finanziarie e operazioni ad alto rischio con i soldi dei correntisti, dei piccoli risparmiatori, delle imprese e delle famiglie. In un momento di crisi come quello attuale non ci devono essere margini per l’azzardo sulle risorse dei più deboli.
  • Valorizzazione dei Confidi patrimonializzandone adeguatamente i relativi fondi di garanzia e riconoscendo agli stessi il ruolo essenziale di sostegno al sistema imprenditoriale.
  • Patto Stato-Regioni per utilizzare i piani operativi regionali del Fondo sociale europeo in tutte le Regioni per progetti di microcredito, a sostegno delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi che hanno difficoltà di accesso al credito bancario.
  • Introduzione di un tetto massimo ai compensi dei manager e di vincoli alla distribuzione dei dividendi per gli istituti di credito che si avvalgono del fondo di garanzia per le banche italiane introdotto nel ‘Salva Italia’.
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