L’ex ministro della Gioventù, romana della Garbatella, è la prima donna a fondare un partito. La morte di Borsellino la convinse a entrare nel Msi
In quanto fondatrice femmina di un nuovo partito – Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni inanella un altro primato. A patto, però, che la compagine sfondi alle elezioni, facendola rieleggere alla Camera
e conquistando un numero decente di seggi in giro per la Penisola. Se fa centro, Giorgia sarà la prima donna a memoria d’uomo ad avere creato un partito presente nel Parlamento italiano.
Una medaglia che aggiunge alle altre: più giovane ministro della Repubblica a 31 anni, come titolare del dicastero della Gioventù nel 2008; mascotte di Montecitorio nella XV legislatura (2006-2008), a 29 anni; prima donna a capo di un’organizzazione Msi-An, quando nel 2004 prese la guida di Azione giovani.
Cosa ha indotto questo fenomeno in gonnella, che domani compie 36 anni, a lasciare un mese fa il Pdl, dov’era benvoluta, per affrontare le elezioni con un partitino improvvisato? Forse c’è un ragionamento, forse. Ma il vero motore è l’insofferenza. La stessa che ha spinto Guido Crosetto, suo compagno di avventura, alla medesima pazzia. Entrambi erano stufi degli ondeggiamenti del Pdl, di decisioni a capocchia e presto rimangiate, delle primarie sì, primarie no. Presi dall’impazienza, prima ancora che il Berlusca riafferrasse le redini, si sono accomiatati, delusi ma in buoni rapporti con i vecchi commilitoni. Ora vanno da soli ma schierati col centrodestra. Intanto assaporano il piacere della libertà, guastato solo dalla strizza di non farcela.
L’abbinamento tra la piccola Meloni e il gigantesco Crosetto è una sfida al Padreterno che li aveva programmati agli antipodi. Guido di corpo è un armadio e di testa un liberale, Giorgia è un comodino con orientamento destra sociale. La loro amicizia ha mandato all’aria i piani celesti. A farla nascere, paradossalmente, la differenza fisica. Infatti, come tutti i colossi (ricordate King Kong?), il cinquantenne Crosetto ha un particolare trasporto per ogni personcina bionda e graziosa che, a sua volta, sentendosi rassicurata dalla vicinanza del titano, si abbandona fiduciosa.
Ha poi giocato l’eccellente rapporto tra i due negli anni del governo. Guido, che era sottosegretario alla Difesa, ha dato una mano al ministro della Gioventù, mettendo a disposizione locali di caserme per dei progetti meloniani in favore di attività giovanili. Aggiungo di striscio, per meglio illustrare le inclinazioni di Giorgia, che l’ingresso di Ignazio La Russa in Fratelli d’Italia è stato per lei più un ripiego che una scelta. Le cose stanno così. I due sono buoni amici e Meloni, pur orbitando nella Destra sociale – quella degli Storace e Alemanno, per intenderci – è da anni nella corrente matusa dei La Russa e Gasparri. Però, una volta deciso di prendere il largo, avrebbe preferito imbarcare giovani senza un passato marcato come quello di Ignazio, missino incallito per decenni, prima di maturare negli ultimi lustri. Tuttavia, dovendo affrontare da neofiti una gara elettorale, un uomo con l’esperienza, i voti e i rapporti di La Russa non poteva che fare comodo. Così, il realismo prevalendo sull’ideale, Ignazio è stato accolto a bordo.
Meloni è un nome sardo e dei sardi Giorgia ha la cocciutaggine. Se punta a una cosa, la insegue finché non l’ottiene. È una questione di carattere, non di influenza paterna, che non c’è stata. Il papà se ne andò di casa quando era piccola. Così nel modesto appartamento della Garbatella, periferia popolare di Roma sud, rimasero solo donne: la nonna, la mamma, lei e la sorella. Poiché la famiglia era a corto di soldi, Giorgia scelse degli studi che le permettessero di impiegarsi alla svelta: linguistica all’Istituto professionale alberghiero. Studiando, si arrangiava per aiutare il gineceo a tirare avanti. Da adolescente, il futuro ministro è stato barista al Piper, night romano; baby sitter del primo figlio di Fiorello, lo show man; più volte cameriera.
L’uccisione nel 1992 di Paolo Borsellino, il giudice vicino al Msi, fu per Giorgia la molla della svolta. Entrò in una sezione missina e vi trovò una seconda famiglia. Da allora, fu tutt’uno con la destra romana. Il suo gruppo aveva la sede principale al Colle Oppio, si era dato il nome di «Gabbiani» e lo guidava un capo indiscusso: Fabio Rampelli, un ex azzurro di nuoto, oggi cinquantaduenne. Tra i «Gabbiani», nonostante fossero militanti duri, erano malviste nostalgie fasciste e saluto romano. Una posizione che Meloni ha spesso espresso così: «Basta con fascismo e antifascismo. Siamo tutti protesi nel nuovo millennio». Rampelli, oggi deputato Pdl, è tuttora il faro di Giorgia, ma ormai su un piede di parità con l’ex pischella, tanto che l’ha seguita nella scommessa di Fratelli d’Italia.
La militanza plasmò la ragazza. Chi la conosce dice che è se stessa solo alla testa di un corteo. Quando un paio di anni fa studenti e professori, in maggioranza sinistrorsi, protestarono davanti a Montecitorio contro la riforma Gelmini, il ministro Meloni, con l’aria da ragazzetta e la coda di cavallo, si mescolò ai manifestanti. Attaccò discorso, attirando capannelli di ascoltatori e improvvisando, come le era congeniale, un applaudito comizio. Solo dopo il battimani fu riconosciuta, con imbarazzo degli organizzatori costretti a fare buon viso a cattivo gioco.
Avrete capito che è inarrestabile e abbiamo già detto che è volitiva. Fumava due pacchetti di sigarette il giorno ma entrando alla Camera decise di smettere. E smise. Per lo stress della rinuncia, ingrassò otto chili. Stabilì che li avrebbe persi in due mesi e alla scadenza li aveva persi. Il prossimo obiettivo glielo fisso io: si tolga l’eccesso di accento romanesco, lo porti a livello di semplice inflessione. Sarà tanto di guadagnato quando avrà bambini se, come sembra, andrà felicemente in porto il fidanzamento con Renato De Angelis, fratello cadetto del suo amico di adolescenza, Marcello, deputato Pdl e direttore del Secolo d’Italia. Darà anche una bella lezione ad Alessandra Mussolini che, per ragioni ignote, la detesta tanto da avere osteggiato molti suoi provvedimenti e che ostenta un accento napulo-romano assolutamente raccapricciante.
Il grosso difetto di Giorgia è essere una ritardataria congenita, tale da rasentare la villania. La maggiore virtù è di avere detto, diventata ministro, «non voglio angosciarmi all’idea che un autista mi aspetti», e ha rinunciato all’auto blu. Ha sempre girato con la sua Mini. Un giorno si presentò al Quirinale guidando da sé. Il fatto inedito mandò in tilt i corazzieri perché non era previsto il parcheggio di un’auto incustodita senza autista. Scesa dal colloquio col presidente, fu caldamente pregata di non rifarlo. Da allora, c’è andata a piedi. Ne ha guadagnato in salute e ha evitato di depredarci. Grazie Giorgia e auguri per domani.
da il Giornale.it a cura di Giovanni Perna