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Il giusto sostegno agli afgani che hanno collaborato con l’Italia aiuti questo governo a far ritrovare il senso di Patria, al fine di aiutare i milioni di italiani e oriundi che nel mondo vivono momenti di difficoltà.

di Gianni Meffe

Giusto, anzi giustissimo, accogliere in Italia gli Afgani che hanno collaborato con il nostro Paese e le loro famiglie. Un concetto semplice e chiaro, che richiede poche parole, zero discussioni e azioni immediate.

Peccato che un altrettanto “giustissimo” intervento a favore dei milioni di oriundi italiani che vivono situazioni sociali ed economiche emergenziali, più o meno critiche, nel mondo e in particolare in America del Sud non sembra sia interessare questo governo, troppo impegnato a non scoraggiare la pseudo accoglienza nei confronti delle migliaia di migranti economici che ogni mese sbarcano sulle nostre coste.

Il concetto di Patria è questione di radici comuni, di cultura e di valori e non può considerarsi attenuato da difficoltà linguistiche e distanze intercontinentali dovute al luogo di nascita o di emigrazione, anche perché quando le rimesse economiche dei nostri emigranti hanno permesso all’Italia di diventare grande, pure con la diminuzione della popolazione e quindi della pressione sociale dovuta alla povertà, nessuno si è mai posto alcun tipo di problema sulla provenienza dei denari e sulla pronuncia di chi li inviava.

Purtroppo oggi assistiamo all’implosione economica e sociale del Venezuela, dovuta alla follia del chavismo, alla persistente crisi economica dell’Argentina, dell’Uruguay e di alcune aree del Brasile e alle paure degli italiani residenti in Perù di fronte ai negativi risvolti economici che la vittoria di Pedro Castillo, appartenente al molto discusso “Perù Libre”, di ispirazione marxista-leninista, potrebbe
apportare al paese andino.

Contesti, quelli sudamericani, che hanno incentivato le richieste di cittadinanza italiana da parte dei figli dei nostri emigranti che oltre a dover affrontare tutte le difficoltà burocratiche per il rilascio del passaporto si trovano anche abbandonati da un governo che non ha previsto nessuna iniziativa per permettergli di tornare nella patria dei loro avi, fornendo quella manodopera che manca in Italia, a partire dalle aree interne dove questa emigrazione di ritorno permetterebbe di recuperare un importante patrimonio abitativo ormai disabitato e arginare, almeno in parte, il fenomeno dello spopolamento.

Basterebbe incrociare le offerte di lavoro con le richieste di cittadinanza e prevedere una copertura iniziale di pochi milioni di euro per le spese di trasloco, affitto e formazione degli oriundi per trovare, in un solo colpo, la soluzione ad almeno tre problemi. Purtroppo appare sempre più evidente che questo governo preferisce continuare ad investire centinaia di milioni di euro in un sistema di “falsa accoglienza” per i migranti africani, che ormai in troppi ormai definiscono come un vero e proprio business che di umanitario ha sempre meno, anziché aiutare gli oriundi italiani a rientrare nella loro vera Patria. Un progetto che permetterebbe di rafforzare le nostre radici grazie a quel “Ius sanguini” che permetterebbe di contrastare quel progetto della sinistra italiana, nemmeno troppo celato, di renderci non un Paese accogliente, come lo siamo sempre stati dai tempi degli antichi romani, ma un Paese invaso e dominato da culture non democratiche e privo di identità, in pieno stile “banlieue francesi”.

Non solo per quanto sopra esposto, ma anche per ciò, c’è bisogno che la parola torni al più presto agli italiani perché in un governo che tenga davvero a cuore gli interessi di una Patria, capace di superare i confini nazionali, non può esserci spazio per un ministro come Di Maio e per una sinistra che continua ad agire contro gli interessi degli italiani, ovunque essi siano, della nostra storia e della nostra cultura.

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