L’intervista a Il Giornale di Fabrizio De Feo
Onorevole Giorgia Meloni, qual è l’obiettivo politico che vi prefiggete con Fratelli d’Italia? «Penso che a me, Crosetto e La Russa vada dato atto di aver avuto coraggio. Non so quanti avrebbero rinunciato a posti garantiti nel Pdl e si sarebbero rimessi in gioco fondando un partito a 45 giorni dal voto. La nostra sfida è quella di creare un movimento che pur restando nel centrodestra possa rappresentare valori come la meritocrazia, la trasparenza, l’equità e la possibilità di scelta dei propri rappresentanti».
Qual è il vostro bacino potenziale? «I sondaggi dicono che oscilla tra il 4 e il 14%. Starà a noi convincere coloro che hanno perso la fiducia nel Pdl ma avevano sognato e creduto in noi, coloro che hanno scelto Grillo e l’antipolitica, quelli che sono finiti a votare alle primarie del centrosinistra sperando in Renzi. Dobbiamo regalare loro nuova speranza».
Come procede la coabitazione con La Russa e Crosetto? «Benissimo. Si è guardato a questo trio con curiosità. Molti si sono chiesti: come faranno a stare insieme? Una domanda particolare visto che stavamo insieme nel Pdl, partito nel quale già era stato portato avanti il tentativo di amalgamare identità diverse. Credo che tutti in Fratelli d’Italia potranno professare liberamente le proprie idee che siano quelle della destra identitaria, del liberalismo cattolico o del riformismo laico».
Quando stabilirete incarichi e organigramma? «Non vogliamo organizzare adesso il partito in fretta e furia. I tempi sono troppo stretti, rischieremmo di fare una pagliacciata, anche se stiamo riflettendo su un via libera dal territorio anche soltanto simbolico. In ogni caso il metodo sarà messo in chiaro dallo statuto. Ci saranno primarie a tutti i livelli con la massima partecipazione possibile».
Per la guida del centrodestra la proposta di Fratelli d’Italia è scegliere il candidato premier attraverso le elezioni, ovvero chi prende più voti è il capo della coalizione. «In pratica le elezioni diventerebbero anche grandi primarie di coalizione con 40 milioni di elettori potenziali. Invece di avere automaticamente Berlusconi candidato, rimettiamo la decisione agli italiani».
Berlusconi oggi chiede le dimissioni di Monti da senatore a vita. Gli chiederete di firmare la vostra petizione? «Gliel’abbiamo già chiesto. L’anomalia della vicenda Monti è fin troppo evidente. Un premier tecnico sostenuto con fatica da partiti eterogenei che votano per responsabilità provvedimenti spesso non condivisi e poi si ritrovano quello stesso premier “super partes” in campo. Purtroppo questo comportamento smaschera un gioco oligarchico che avevo denunciato da tempo, una trappola scattata nel nome degli interessi dei poteri forti. Diciamolo chiaramente: il candidato voluto dalla Merkel non può essere il candidato degli italiani».
Rivendicandola la sovranità nazionale non teme di essere tacciata di antieuropeismo? «No, perché l’accusa è totalmente idiota. Noi rivendichiamo per l’Italia il diritto a stare in Europa da protagonista. L’Europa pensata da Monti è l’antitesi alla vera Europa, un’Europa a traino tedesco che è il contrario di ciò che abbiamo sognato fin da ragazzi. Chi si lamenta è perché vuole più Europa non meno. E certo non possiamo condividere il tentativo di sindacare le nostre scelte e di non farci scegliere in maniera autonoma il nostro premier».
Le sarebbe piaciuto coinvolgere Oscar Giannino? «Assolutamente sì. Lo considero una risorsa straordinaria, grande intelligenza e capacità di comunicare idee efficaci per l’Italia. C’è anche una amicizia personale, ci scambiamo informazioni e consigli. Mi piacerebbe molto averlo con noi».
I marò sono tornati in India. Voi avevate ipotizzato una candidatura nelle vostre liste. «Era una proposta simbolica. La volontà di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre di dimostrare quanto vale la parola di un italiano ci rende orgogliosi. Qui, però, si sta discutendo di diritto internazionale: la giurisdizione del caso spetta all’Italia, perché il fatto è avvenuto su nave battente bandiera italiana in acque internazionali. Consentire all’India di continuare a violare le norme internazionali rappresenta il totale fallimento del lavoro diplomatico del governo italiano».