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L’intervista di Federico Novella

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia: il suo libro Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee (Rizzoli) è primo in classifica. «Non me l’aspettavo e sono molto contenta. Forse è frutto della scelta di non scrivere solo un libro politico, ma anche personale, Sentivo il bisogno di raccontare me stessa».

Perché, di solito non viene descritta in un modo corrispondente alla realtà? «Spesso è così. E a volte questa mistificazione viene portata avanti in maniera subdola. Ho cercato in questo libro uno strumento che mi consentisse anche di affrontare tutte le contestazioni che mi vengono mosse da quando ho iniziato a fare politica».

Ha funzionato? «Noto che una parte di intellettuali ha comunque impiegato il suo prezioso tempo a mettere in dubbio addirittura episodi della mia vita privata: tipo il fatto che la domenica vado al mare non a Capalbio, ma a Coccia di Morto (località sul litorale romano non esattamente chic, ndr). Contenti loro…».

Le ultime rilevazioni collocano il suo partito intorno al 19% di consensi, addirittura in fase di sorpasso nei confronti del Partito democratico. Il fatto che lei possa diventare premier non è più una provocazione, ma un’ipotesi concreta. «Sono consapevole che nessun partito, in un sistema come quello italiano, può bastare a sé stesso. Dire che voglio crescere sulla pelle degli alleati, come leggo spesso, è un’idiozia. Serve un sistema di alleanze: anche quando eravamo al 3% ho sempre anteposto l’interesse della coalizione a quello del partito».

Dunque? La premiership è nei suoi orizzonti? «Non chiedo ruoli e non ho velleità: voglio andare al governo con l’intero centrodestra. Poi, se parliamo chi farà cosa, non dipenderà da me, ma dalle decisioni degli italiani. Certo, se mi precludessi degli obiettivi smetterei di fare politica…».

Resta il fatto che in Italia, storicamente, il premier è sempre stato un moderato: lei è descritta come destra estrema e non liberale. Come superiamo l’ostacolo? «Torniamo al discorso di prima: non sono come mi descrivono. Vengo definita razzista e omofoba, ma nessuno sa citarmi una mia frase razzista o omofoba. Vengo descritta come fascista, ma le battaglie per la democrazia nel nostro Paese vengono portate avanti soprattutto da Fratelli d’Italia. Come la mettiamo?».

Crede ci sia un disegno dietro questa che lei definisce mistificazione? «Certo, perché se tu dipingi il tuo avversario come un mostro, non sei tenuto a confrontarti con lui nel merito delle questioni che pone. È una nuova conventio ad excludendum; anziché discutere a viso aperto sui contenuti, ti isolano, ti attaccano addosso delle etichette».

Come per esempio «Meloni antieuropeista»? «Quella è una storia ridicola. Io non sono affatto contraria all’integrazione. Ma la mia è l’Europa confederale, quella teorizzata da molti padri fondatori, l’Europa immaginata da De Gaulle. Tutto il contrario dell’Unione di oggi».

Dunque, se lei non è antieuropea conta di essere un punto di riferimento dell’intero centrodestra? «Non solo dell’intero centrodestra; mi rivolgo a tutti gli italiani. Pensi che incontro tantissime persone di sinistra in crisi di identità: mi confessano di sentirsi più rappresentati dal mio partito».

Avevano detto che Fratelli d’Italia, solitaria all’opposizione, avrebbe visto asciugarsi i propri consensi. Invece. «Non è stata una scelta comoda. Ma non credo tuttora che governi con maggioranze così variegate possano produrre qualcosa di buono, se non compromessi al ribasso, come stiamo vedendo ogni giorno».

Pensa ancora che sia un governo a trazione di sinistra? «La sinistra ha la maggioranza dei seggi in Parlamento, e sta tenendo banco, anche ‘ con una grande arroganza. Vogliono stravincere».

In che senso? «Pretendono di far leva sui voti della Lega e di Forza Italia per perpetuare i disegni del governo Conte. Pensiamo ad esempio alla follia del coprifuoco: ce lo siamo tenuto per settimane, e addirittura ce lo terremo fino a fine giugno. Il giorno dopo si sveglieranno, e scopriranno che il comparto turistico italiano è distrutto».

Questo mentre Enrico Letta e Matteo Salvini si accusano a vicenda di non essere leali alla maggioranza. «E il Pd a non essere leale. In un governo di unità nazionale non possono esserci proposte divisive che generano tensioni. Penso a bandierine come il voto ai diciottenni, lo ius soli, la legge Zan, che andrebbe accantonata subito».

Nel novero inseriamo anche la rumorosa proposta di Letta sulla tassa di successione per aiutare i giovani? «Letta è oggettivamente un marziano: dopo cinque anni alla Sorbona temo abbia perso il contatto con la realtà. E lo dico pur avendo un buon rapporto con lui».

In che senso un marziano? «Uno che sbarca in Italia con la povertà che dilaga e si mette a parlare di nuove tasse, vuoi dire che non ha i piedi per terra. E lo dico mettendomi nei panni di un elettore di sinistra che magari sta chiudendo un’attività, e si ritrova il suo partito di riferimento che vuole alzare le tasse e dare la cittadinanza automatica agli immigrati. Ecco, diciamo che con le proposte di Letta stavolta sono gli italiani a non stare sereni».

Perché il Pd insiste così tanto sui diritti civili e sulla redistribuzione economica? «Perché i partiti di sinistra oggi non rappresentano il popolo e le sue esigenze. Sono diventati i portavoce dei grandi poteri economici e finanziari. In Italia è ancora peggio che altrove, perché il Pd è diventato anche il partito che asseconda le ingerenze straniere nella nostra nazione, e con Letta questo elemento si è addirittura rafforzato. Tanto che, a sentirlo, sembra di avere a che fare più con un diplomatico ‘ che con il segretario di un partito italiano».

Però Mario Draghi ha stoppato il segretario: «In questo momento i soldi si danno e non si prendono». «Ha fatto benissimo, ma resta il fatto che su molto altro sta assecondando quella parte politica più del dovuto».

Per esempio? «Sulle riaperture? È stato più ‘chiusurista’ di Giuseppe Conte. Sull’immigrazione? La conferma del ministro Luciana Lamorgese dimostra che non c’è stato nessun cambiamento nelle politiche migratorie. Sui sostegni? Avevo chiesto a Draghi di prendere i 5 miliardi della lotteria per gli scontrini, ennesima pazzia del precedente governo, per aumentare il monte ristori per le aziende in difficoltà. Purtroppo non l’ha fatto».

Perché non l’ha fatto? «Anche l’autorevolezza di Draghi si deve scontrare con la volontà dei partiti in Parlamento. Per questo l’unico modo per cambiare davvero è andare a votare e ottenere una maggioranza forte, con una visione chiara».

A proposito di economia. Lega e Forza Italia tornano a riproporre le loro ricette economiche: flat tax e stralcio delle cartelle esattoriale. Vi accoderete? «Siamo ovviamente d’accordo, sono proposte comuni del centrodestra. Poi ciascun partito farà sue proposte specifiche: prendiamo la notizia della chiusura dei negozi Disney in Italia, con 250 posti di lavoro a rischio. Troppo spesso nel mondo di oggi aumentano i fatturati ma diminuisce la forza lavoro. Il nostro principio è questo: Più assumi, meno paghi”. Più dipendenti hai in rapporto al fatturato, meno pagherai al fisco. Se non diamo incentivi alle assunzioni, di qui a qualche anno perderemo milioni di posti di lavoro».

Questa settimana troverà la quadra con gli alleati sulle candidature alle comunali? «Troveremo un accordo come abbiamo sempre fatto. Dicono che stiamo litigando? La realtà è che la sinistra, dilaniata, ha tre candidati in piazza, noi un candidato unico. Detto questo non bisogna cadere nei tranelli, e delle volte anche da parte degli alleati vedo delle frasi un po’ fuori posto…».

Intanto si intravede all’orizzonte il cambio al Quirinale. «Gli scenari sono tutti aperti. Bisognerà capire se Draghi punta o no alla presidenza della Repubblica. Al momento non l’ho ancora capito. Se accadesse, se non altro si andrebbe a votare immediatamente».

Con questi livelli di consenso assegnati al suo partito, il rischio è che un leader non abbia più veri avversari, se non sé stesso. Guardi Matteo Renzi. Talvolta per volare più in alto, occorre saper volare basso… «Mi sono formata su ‘II Signore degli Anelli’ di Tolkien, una straordinaria metafora sul potere che corrompe l’uomo. Io non vedo il potere come un obiettivo, ma come un pericolo, e di conseguenza cerco di prendere le contromisure necessarie per impedire che quell’anello si impossessi di me».

Quindi? «Quindi, alla fine del viaggio, la domanda che mi farò è questa: io ho cambiato il sistema, o è il sistema che ha cambiato me? Non so ancora quale sia la risposta, ma intanto ho il vantaggio di essermi posta la domanda. Altri non l’hanno mai fatto, e ne hanno pagato le conseguenze». 

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