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L’intervista di Franco Bechis

Giorgia Meloni, che impressione le ha fatto Draghi nell’incontro che ha avuto per le consultazioni? «Abbiamo parlato in tutto una mezz’ oretta. Mi è sembrato una persona certamente di grande autorevolezza e cordiale. Però nell’incontro Draghi ha soprattutto ascoltato quello che dicevamo noi e ha preso appunti segnando quello che gli interessava. Ha ascoltato le nostre proposte, e questo mi fa piacere, perché ne abbiamo fatte più volte al governo precedente, senza mai essere stati ascoltati. I documenti che inviavamo noi venivano regolarmente cestinati. Quindi già avere davanti una persona che ti ascolta e prende appunti, come normalmente faccio anch’ io quando ho una persona davanti che mi parla, è un passo avanti…».

E lei che gli ha detto? «Gli ho ribadito che noi non abbiamo bisogno di stare al governo per dare una mano all’Italia quando serve, che su alcune analisi che gli ho sentito fare in passato ci può anche trovare come ci troverebbe disponibili su provvedimenti che consideriamo giusti. Gli ho anche detto che gli avrei mandato le principali proposte che abbiamo fatto sulle misure anti crisi e sul Recovery. Insomma gli ho detto che noi ci consideriamo un partito di patrioti, e quando c’è da dare una mano, ci siamo».

Però la fiducia no…

«No, non possiamo votare la fiducia, e gliel’ho detto, spiegando che non è una questione legata alla sua figura, che rispettiamo. C’è una questione di merito e di metodo. Noi non possiamo governare con il Pd, e nemmeno coi 5 stelle. Quanto al metodo con cui si è arrivati a questa scelta, non comprendiamo perché gli italiani non possano votare e scegliersi secondo le regole della democrazia chi li deve rappresentare e governare. E soprattutto non siamo ottimisti su governi che mettano insieme tutto e il contrario di tutto».

Il tutto è quello che ha visto fin qui. Il contrario di tutto sarebbero i suoi alleati. Diventando azionisti del nuovo governo, non dovrebbero migliorare quel tutto che non le piaceva? «Bisogna essere realisti. Noi siamo una democrazia parlamentare, è un capo del governo può elaborare e presentare al Parlamento un provvedimento indiscutibile, fatto nel miglior modo. Ma poi deve passare in Parlamento, dove troverà forze politiche che lo sostengono senza essere d’accordo su nulla. La sola via d’uscita che ha rischia di essere quella del compromesso al ribasso».

I premier chiamavano questa operazione in modo più nobile: «fare sintesi»…

«È quella “sintesi” che ha generato i mostri giuridici che abbiamo visto, che non vengono mai a capo di nessun problema… È triste dirlo ma è ancora più triste pensare che uno come il professore Mario Draghi poi sia alla mercé dei vari Lello Ciampolillo».

Non pensa che Draghi per la sua storia e per le condizioni in cui arriva non abbia in realtà bisogno dei Ciampolillo. Non potrebbe essere lui a imporre le sue idee e il suo programma a una politica assai debole? «Gliel’ho proprio chiesto, se ad esempio su materie che non siano sue proprie come quelle economiche, abbia già una sua visione o attenda di raccogliere e sintetizzare le idee di quella che potrebbe essere la sua maggioranza».

Lui che le ha risposto? «Che ascolterà tutti e poi presenterà le sue proposte».

Non si è sbottonato nemmeno un po’? Ha immaginato parlandogli che tipo di governo ha in mente? «No, proprio nulla. Non si capisce in questa fase se voglia o meno fare un governo politico, se voglia o meno imporsi lui o in alternativa trovare un compromesso fra diversissimi soggetti che sembrano disponibili ad appoggiarlo oggi. Su una sola cosa ha fatto chiarezza».

Quale? «Sui tempi. Gli ho chiesto se ritenesse possibile un orizzonte limitato del suo governo in modo da impostare campagna vaccinale e Recovery Fund e poi consentire elezioni la prossima estate e mi ha detto di no. Con garbo, ma no».

Un po’ difficile pensare di spendere una personalità come quella di Draghi per 3-4 mesi di governo, le pare? «Potrebbero essere anche di più sciogliendo al limite del semestre bianco, comunque lui è stato chiaro e ha rafforzato così la mia convinzione di non votare la fiducia. Per me era una domanda chiave da fare».

In questo modo si separerà il centrodestra, riproponendo una situazione che si era già vissuta con altri governi. Questo non la preoccupa?

«Si ripropone, e abbiamo sempre ricucito perché siamo forze politiche culturalmente e programmatica mente omogenee. Si rifarà anche questa volta, non sono particolarmente preoccupata. Non posso condividere la scelta di chi va con il Pd e il M5s, ma spero che il centro destra si ricomponga perché alla fine voglio andare al governo con il centrodestra e penso che la sola cosa in grado di cambiare le cose in Italia sia una maggioranza forte con numeri e mandato popolare. Una persona può fare la differenza nel contesto giusto. In uno sbagliato come quello che sto vedendo, ne dubito».

Lei ha detto con chiarezza che non voterà la fiducia. Sarà un no o è ancora possibile l’astensione? «Non mi metto a porre condizioni al premier incaricato Draghi. Aspetto di conoscere il suo programma e la squadra degli uomini e delle donne con cui pensa di realizzarlo. Poi decideremo se no o astensione. Devo dire che sono molto colpita che ci sia così tanta gente che dichiara il suo acritico sostegno prima di conoscere programma e squadra di governo».

Valuterà quindi le cose che si propongono. Però sembra che comunque il governo debba partire da emergenze immediate su cui ricette di scuola o ideologiche non funzionano, le pare? «Non è vero. Ci sono risorse comunque limitate per affrontare un disastro. L’unico modo per uscirne è concentrarle. Devi capire dove vuoi andare. I soldi sull’assistenzialismo o sul lavoro? Sulle tasse che facciamo? Ne mettiamo di nuove per questioni di bilancio o cancelliamo quelle che esistono e gravano su imprese piccole, me die e grandi che non hanno fatturato quasi nulla nel 2020? Queste sono scelte politiche, non indifferenti. Poi non mi è chiaro come potremmo mai uscire da questo schifo in cui ci troviamo con le stesse persone e le stesse forze politiche che in questo schifo ci hanno portato». Obietto: non sono gli stessi proprio se entra in maggioranza il centrodestra… «Eh, ma comunque è minoritario in questo Parlamento. I numeri li avrebbe se si votasse. Ma non 11 dentro…».

Però mettereste in crisi l’attuale maggioranza che potrebbe non essere più tale con fuoriuscite e scissioni e allora diventereste voi gli azionisti di maggioranza… «Non lo credo. E comunque credo che sia utile in un sistema democratico avere anche un’opposizione. Perché un sistema in cui sono tutti d’accordo non si è mai visto. Vuole dire semplicemente che lo scontro si porta dentro il governo, ed quello che accadrà in gran parte… Un’opposizione se non ci fosse bisognerebbe inventarla. Sto facendo un servizio al Paese, perché serve qualcuno che controlli e pungoli la maggioranza. Per le ricette del centro destra avere un partito che sta all’opposizione è più utile che avere tutti dentro la maggioranza e tanto più considerando che la pattuglia di Fratelli d’Italia oggi in Parlamento non sarebbe decisiva numericamente per la maggioranza».

Quando invia le sue proposte a Draghi? «Lunedì, in modo che le abbia prima di rivederci nel secondo giro di consultazioni».

Che cosa vorrebbe facesse come prima cosa il governo? «La messa in sicurezza del sistema produttivo. Il piano che noi definivamo per la continuità delle imprese. Glielo ho detto oggi: credo che il dato più preoccupante per la crisi non sia quello della caduta del Pil, ma la stima di chiusura delle attività per il 38,9% delle aziende italiane. Se quel dato dovesse essere vero, noi la caduta del Pil ce la porteremmo dietro per anni. Bisogna fare il tutto possibile per invogliare gli imprenditori a tenere aperte aziende che per loro sarebbe ora più conveniente chiudere. E poi difendere in modo strategico la proprietà italiana delle aziende e delle infrastrutture, che non vengano predate dalla Francia e dalla Cina. Insomma, il contrario di quello che ha fatto il governo precedente».

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