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L’intervista di Barbara Jerkov

L’altro giorno in Senato si sentiva questa battuta: Renzi doveva spaccare il centrosinistra, ha finito per spaccare il centrodestra. È cosi presidente Meloni? «Esattamente il contrario, il centrodestra ha dato grande prova di coesione e compattezza in tutte le sue componenti, comprese quelle sotto l’attacco opportunistico di Conte. E abbiamo dimostrato di essere una coalizione unita in un momento cruciale per la Nazione e pronta per la sfida del governo. Le mosse di Renzi hanno semplicemente mostrato a tutti gli italiani quello che noi denunciamo da tempo: questo è un governo senza futuro e inadatto a portare l’Italia fuori dalla crisi».

Diversi nomi di FI hanno votato la fiducia. Immagino che il passaggio di Polverini alla maggioranza rosso-gialla, visti i comuni trascorsi nella destra, l’abbia colpita più di altri. Come se lo spiega? «Mettiamola così: è la fine di un equivoco. Mi dispiace soltanto per i tanti elettori e i tanti lavoratori che molto tempo fa hanno creduto in lei per certi valori che evidentemente non rappresentava. Ma la cosa più scandalosa è il mercimonio messo in atto da Conte, che ha dedicato ogni parola del suo intervento in aula a cercare di blandire qualche potenziale soccorritore. Ha messo sul piatto pubblicamente il ministero dell’Agricoltura, la delega ai servizi segreti, persino una legge elettorale proporzionale che peraltro sarebbe responsabilità del Parlamento e non del governo approvare. E non oso immaginare cosa lui e i suoi emissari abbiano offerto in privato ai vari Ciampolillo di ieri e di domani».

Forza Italia sta mostrando parecchi problemi a tenere la barra dritta in questo momento: teme una emorragia di voti a favore di Conte? O addirittura una svolta neocentrista di Berlusconi, in nome di comuni ideali europeisti, popolari e socialisti invocati da Conte? «No, non Io temo. Berlusconi sa che gli elettori del centrodestra ci vogliono uniti e sa che, quando in passato ha dato l’impressione di flirtare con la sinistra, Forza Italia ha perso consenso. E non credo si faccia ammaliare dallo strampalato appello di Conte a mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Lei sa dirmi che cosa ha fatto di liberale o di popolare il governo Conte fino ad oggi? E perché un liberale o un popolare dovrebbe infilarsi da parente povero nel governo più a sinistra della storia repubblicana? Se qualcuno lo farà meriterà di essere chiamato voltagabbana o traditore, non certo popolare o liberale. Quelle sono categorie ideali rispettabili, che nulla hanno a che fare con questo indecente mercato delle vacche».

Oggi sarete ricevuti dal Presidente Sergio Mattarella. Cosa gli direte? Soprattutto, cosa vi aspettate che dica lui a voi, dal momento che a norma di Costituzione finché un governo ha i numeri e non c’è una crisi formale il Capo dello Stato può solo prendere atto… «Saremo al Quirinale nel pomeriggio e chiederemo al Presidente della Repubblica di sapere se, secondo lui che è arbitro e garante della Costituzione, l’esecutivo possa andare avanti in queste condizioni o se non sia più saggio chiedere agli italiani di risolvere la crisi politica dando all’Italia un governo degno di questo nome. Vengo invece alla sua affermazione: al netto del fatto che la Costituzione non dice questo, lei questa me la chiama maggioranza? Con i senatori a vita e qualche transfuga? Conte non ha ottenuto né la maggioranza assoluta né la maggioranza dei presenti al voto di fiducia in Senato. In occasioni analoghe, altri governi sono stati costretti alle dimissioni. E in condizioni simili nel 2018 il presidente Mattarella non diede l’incarico al centrodestra che pure era arrivato primo alle elezioni».

Se Conte non riuscisse a governare, di fatto, con numeri tanto ballerini, lei sarebbe disposta a ragionare di governo istituzionale per gestire l’emergenza Covid e i fondi Ue? «Escludo governi istituzionali o di larghe intese. La strada maestra per noi rimangono le elezioni. Anche e soprattutto per fronteggiare l’emergenza Covid e i fondi europei serve un governo con un forte mandato popolare, con un programma chiaro e una maggioranza coesa e unita».

Una domanda sullo scostamento: il centrodestra lo ha votato. Un segnale di distensione? «Lo abbiamo votato perché non intendiamo privare le famiglie e le aziende italiane degli aiuti di cui hanno bisogno in questo momento così drammatico. Il giudizio negativo sull’operato del governo e sulla sua pretesa autosufficienza rimane invariato, e la nostra opposizione non intende fare sconti».

Ieri a Washington si è insediato Biden. Pentita del “trumpismo” da lei sempre professato, visto l’epilogo della sua presidenza? «Non mi sono mai sentita trumpista e quindi non ho nulla di cui pentirmi. Da amica degli Stati Uniti ho condannato le violenze e oggi faccio gli auguri a Biden, augurandomi che sappia pacificare una nazione profondamente divisa, non solo per responsabilità di Trump. Da presidente dei Conservatori europei non ho mai nascosto di preferire la visione di Trump e le politiche che in questi 4 anni ha portato avanti su tasse, immigrazione, identità e famiglia. Sarebbe stato strano il contrario. Da italiana, a differenza della sinistra e di una certa intellighenzia, guardo a quello che succede all’estero sempre con la bussola della difesa dell’interesse nazionale e quindi mi auguro che non torni la dottrina Obama-Clinton che, con il sostegno alle primavere arabe, ha visto dilagare l’estremismo dei Fratelli musulmani e aumentare profughi e clandestini. Da donna di destra, nemica del politicamente corretto, mi auguro di poter continuare a dire quello che penso senza essere censurata dalle grandi multinazionali del web. Mi aspetto da Biden una voce forte in questa direzione».

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