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Il presidente di FdI: «È un mercimonio, un mercato delle vacche, ma siccome lo fanno loro diventa una ‘boutique di chianine’»


L’intervista di Paola Di Caro

Davanti a un governo che si regge «su un mercato delle vacche, che però fatto da loro diventa una “boutique delle chianine”», Giorgia Meloni non vuole «dare per scontato che il Capo dello Stato si accontenti di fare solo da spettatore». Anzi, spera che «come altri suoi predecessori eserciti la sua moral suasion» e valuti se esistono le condizioni per sciogliere le Camere.

Lei non rinuncia ai toni forti, ma il governo ha ottenuto la maggioranza… «Al di là delle interpretazioni di parte, la situazione è chiara: il governo perde un pezzo della sua maggioranza, chiede la fiducia e non ottiene né la maggioranza assoluta per governare in un momento tanto delicato, né quella dei presenti: sommando i no e gli astenuti e un presente che non partecipa al voto, siamo 157 a 156 che non votano la fiducia».

E si aspetta le dimissioni? «In un mondo normale succede così. Il governo Berlusconi nel 2011 si dimise ottenendo alla Camera sul voto di Bilancio una maggioranza di 308 voti. Ed era un esecutivo scelto dagli elettori con un premier da loro indicato, non uno a capo di una coalizione di forze che si sono combattute in campagna elettorale, un signore di cui gli italiani non conoscevano l’esistenza prima che ricevesse tale incarico».

Sta dicendo che non è un governo legittimo? «Sto dicendo che è irresponsabile andare avanti con un governo che sta in piedi grazie al voto di voltagabbana attratti da promesse e prebende di ogni tipo, echeggiate perfino nel discorso di Conte in Aula: abbiamo assistito a un mercimonio, tra le righe si leggevano nomi e cognomi di quelli a cui chiedeva aiuto in cambio di qualche rassicurazione. Un assoluto scandalo, che danneggia anche l’immagine del Paese».

L’opposizione poteva affondare il colpo, ma ha perso pezzi e Renzi si è solo astenuto. «Due sole defezioni al Senato in tutto il centrodestra e nessuna di FdI dopo una settimana in cui dal governo arrivavano annunci trionfalistici sulla nascita di nuovi gruppi a sostegno di Conte che ci avrebbero decimati, mi sembra indichino che non siamo messi così male… Tanto più tenendo conto della diversa forza in campo tra chi fa l’opposizione e chi, da Palazzo Chigi, fa partire a raffica telefonate suadenti chiedendo “cosa vorresti in cambio per sostenere l’esecutivo?”. Io considero invece la compattezza del centrodestra un fatto molto positivo».

Speravate in Renzi? «Ho considerato un po’ distonico il suo modo di agire in questa crisi: prima rivendica di aver fatto nascere il Conte II ma dice che Conte è pessimo, poi lo sfiducia e però dice che è pronto a tenerlo lì… I senatori di Italia viva hanno votato alla seconda chiama, forse si sono tenuti aperte entrambe le porte: dare il colpo finale al governo se ci fossero stati i numeri o lasciare ancora uno spiraglio alla ricucitura».

La vostra opposizione da oggi sarà più dura? «Non faremo il male degli italiani, mai. Ma faremo tutto il possibile per avere un governo all’altezza del momento. È nostro compito di opposizione dimostrare che questo esecutivo non ha i numeri: non hanno la maggioranza in 10 commissioni su 14. Con tutte le conseguenze che ne discendono. Il Parlamento già da due mesi è bloccato per questa crisi che hanno aperto loro: fa poco e male, è quasi immobile. D’ora in poi sarà ancora peggio, e non possiamo permettercelo».

È questo che direte oggi a Mattarella? «Sì, e siamo certi vorrà ascoltare anche il punto di vista dell’opposizione…».

Si aspetta davvero che il capo dello Stato possa sciogliere le Camere con un governo che ha ottenuto la maggioranza? «E perché no? Non io, ma un costituzionalista come Mortati ha interpretato l’articolo 81 della Carta come la facoltà del Capo dello Stato di sciogliere le Camere quando dovesse ravvisare che c’è troppa distanza, c’è discrasia, tra il Paese e il Palazzo. Ed è praticamente la fotografia di questo momento. Io le elezioni le chiedevo anche quando avevo solo il 3%, perché penso che in momenti difficili per il Paese, in cui vanno prese decisioni, serve un governo forte nei numeri e nel mandato popolare. Non uno raccogliticcio il cui capo, per tenere buoni partiti e parlamentari terrorizzati, dice persino che interverrà su un terreno che non gli compete come quello della legge elettorale, sostenendo un proporzionale il cui unico fine è salvare l’inciucio oggi e tentare di rifarlo domani».

Se Mattarella non sciogliesse le Camere, che altre vie d’uscita vede? «Credo che chiedere il voto sia legittimo, come lo sarebbe verificare le condizioni per un incarico al centrodestra, che a differenza di questa maggioranza è formato da una coalizione coesa. Temo però che ci troveremmo di fronte a numeri insufficienti o risicati anche in questo caso. E per noi, a differenza loro che tengono solo alle poltrone, prima di tutto viene l’interesse del Paese: che è quello di avere un governo forte, coeso e con mandato popolare».

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