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Il Maxxi non è un museo, è uno spazio per le arti moderne.
Sorge nel quartiere Flaminio, nell’area dell’ex caserma Montello di cui è stata conservata la parte lungo la basilica di Santa Croce e la facciata sull’ingresso principale in via Guido Reni.
L’entrata è suggestiva e pone subito il visitatore in contatto con una dimensione temporale e spaziale sospesa. La scritta che campeggia all’ingresso:” More than meets the eye” è un invito a immaginare, abbandonare gli schemi rigidi del tempo e dello spazio per iniziare l’esplorazione.
Il corpo antico della caserma si fonde in perfetta armonia con le linee moderne e tondeggianti dell’edificio progettato dall’architetto Zara Hadid così che l’occhio che osserva non percepisce discontinuità ma un unico complesso architettonico dalle diverse forme.
Hadid non ama gli spigoli, predilige le superfici fluide e sinuose, ovunque è un susseguirsi di curve che richiamano continuamente le linee ondulate di Francesco Borromini, un omaggio al barocco italiano che proprio a Roma ha raggiunto vette di ineguagliabile splendore.
Hadid ha annullato la differenza tra interno e esterno del complesso espositivo che si presenta come un tutt’uno con la città e si articola in due spazi espositivi principali: Maxxi Arte e Maxxi Architettura.
Il primo contiene oltre 400 opere di artisti internazionali con particolare attenzione agli artisti che si sono ispirati all’Italia, il secondo è il primo museo di architettura in Italia.
Accoglie sia opere d’autore, sia opere di artisti sconosciuti e collabora con altre istituzioni prestigiose italiane del settore: la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano.
Il suo patrimonio è legato alle acquisizioni dirette e legato agli archivi pubblici e privati italiani come l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, l’archivio IUAV di Venezia e l’Accademia nazionale di San Luca.
Per promuovere e sostenere i nuovi talenti italiani nel mondo dell’arte internazionale il Maxxi ha elaborato un progetto con Bulgari che quest’anno si trova alla seconda edizione e che prevede una mostra dei progetti dei tre finalisti, scelti da esperti d’arte italiani. Una giuria internazionale seleziona il vincitore il cui lavoro viene acquisito alla collezione permanente del Maxxi.
I finalisti del Maxxi Bulgari Prize 2020 sono tre ragazzi nati negli anni 80: Giulia Cenci nel 1988 Tomaso De Luca nel 1988 e Renato Leotta nel 1982.
L’opera della Cenci si compone di sculture che riproducono calchi di volti, oggetti di recupero, corpi di animali sospesi che simboleggiano il conflitto planetario tra le specie in natura e la violenza del capitalismo e dei poteri forti sull’umanità.
Tomaso De Luca ha realizzato un film ispirato alla crisi provocata dall’AIDS negli anni 80-90 quando la comunità omosessuale scompariva dalle grandi città lasciando le case a immobiliaristi senza scrupoli. Case che crollano e volano e rappresentano il crollo dell’architettura.
Il lavoro di Renato Leotta, dedicato a Roma si compone di film presentati su dodici schermi che evocano una passeggiata nella Citta Eterna: le fontane della Barcaccia, Trevi, Quattro Fiumi e l’area di Largo Argentina, dove non mancano i gatti che simboleggiano il rapporto dell’uomo con la natura.
Più di quello che l’occhio può vedere: il Maxxi coinvolge tutti e cinque i sensi, qui il visitatore non guarda l’arte ne è parte attiva, e’ il protagonista del mondo visto attraverso l’arte.
La Sovrana Bellezza siamo noi.

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