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La domanda ti entra nello stomaco e rimbomba: come si può onorare un giudice che ha perso la vita combattendo a testa alta contro la mafia?
Citando Falcone e Borsellino in ogni occasione? Leggendo i libri di Saviamo? Scrivendo post celebrativi come questo? Depositando corone di fiori? No, sono solo moine e ne è tappezzata la strada.
Per dare un senso a una vita donata all’Italia occorre essere quotidianamente leali e giusti.
Ricacciare indietro l’opportunismo, il sotterfugio, la falsità, l’imboscata, la tentazione del potere, rispettare il padre e la madre, trasmettere il bene e saper isolare sempre i malvagi, proteggere i figli dalla giungla di questa società, non cercare alibi e scorciatoie per tradire o rinnegare la propria comunità. Giovanni Falcone non l’ha fatto. Chi vive di vigliaccate e tradimenti nel lavoro, nelle amicizie, nella magistratura, nella politica, abbia la decenza di non usare i nomi delle vittime di mafia e terrorismo.
Squallide mostrine con cui non si ottiene il perdono.

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