L’intervista di Massimo Malpica.
«L’ennesimo caso di cittadini abbandonati a se stessi dallo Stato». Giorgia Meloni, in Sicilia per la campagna elettorale, dice la sua al Giornale sulla vicenda che ha visto, a Latina, un avvocato indagato per eccesso colposo di legittima difesa dopo aver ucciso uno dei ladri che aveva sorpreso a svaligiare l’appartamento dei suoi genitori. Una storia che ha rilanciato il dibattito sulla legittima difesa. «Ma noi – spiega la presidente di Fratelli d’Italia – parliamo di “legittima difesa sempre legittima” solo come extrema ratio».
A garantire la sicurezza dovrebbe essere lo Stato. «Sì. Uno Stato che fa il suo lavoro, non uno che affronta il problema con cinque decreti svuotacarceri in 4 anni e depenalizzando i reati con pena fino a 5 anni, costruendo una sostanziale impunità per chi ti entra in casa, facendo dell’Italia il Paese del Bengodi dei ladri. Nel 2015 su 250mila furti in casa solo il 3 per cento dei responsabili è stato individuato, e di questi solo la metà sono finiti in galera».
Alla faccia della certezza della pena. «Questo vuol dire abbandonare la gente. Poi il governo sbandiera statistiche per dire che i furti in casa sono calati, ma questo solo perché ormai – sbagliando – la gente nemmeno denuncia più, considerandola una semplice perdita di tempo. Questo è il quadro a monte. E di fronte a uno Stato che non ti difende, dev’essere almeno consentito difendersi da sé».
Quindi problema a monte è politico? «Certo. E sia chiaro che noi, quando andremo al governo, metteremo la difesa dei cittadini in cima alle nostre priorità, per fare in modo che sia lo Stato a farlo. Con una serie di misure molto semplici. C’è il problema del sovraffollamento carcerario? Costruiamo nuove carceri, invece di essere l’unica Nazione al mondo che di fronte a questo problema piuttosto che adeguare la capienza al numero dei reati, adegua il codice penale alla capienza delle carceri, eliminando i reati. Vogliamo ripristinare la certezza della pena, fare in modo che gli immigrati scontino le pene a casa loro, dire di no agli sconti di pena automatici, escluderli del tutto per reati particolarmente efferati e via così. Con uno Stato che fa il suo lavoro, i reati caleranno davvero e ci sarà molta meno gente costretta a difendersi».
Per ora chi lo fa può ritrovarsi in grossi guai. «Perché lo Stato scarica sui cittadini competenze che non hanno. Non puoi chiedere a chi non è addestrato per farlo di sapere quale sia la difesa commisurata al pericolo di offesa. Può saperlo un poliziotto, non un pensionato che si sveglia e vede un’ombra nel suo soggiorno. E nessuno racconta le storie di quelli che non si sono difesi o che non ci sono riusciti. E pagano con la vita o con ferite gravissime. Ecco, dovendo scegliere tra il rischio che perisca la vittima o il carnefice, io non ho dubbi».
Intanto la legge sulla legittima difesa si è insabbiata dopo il via libera alla Camera. «Una legge che non ci piace perché resta la discrezionalità del giudice nello stabilire se la difesa è commisurata all’offesa, per non dire delle distinzioni tra giorno e notte, ma che almeno sarebbe un quarto di passo avanti. Però non si muove perché questi che ci governano sono in altre faccende affaccendati e, invece di preoccuparsi per la criminalità o per il terrorismo, prevedono tre anni di carcere se uno ha l’accendino del Duce, mentre depenalizzano i furti, o fanno lo sciopero della fame per lo ius soli, tutti temi molto cari ai cittadini. Ma quando governeremo noi – e penso che gli italiani questi li rimanderanno presto a casa – rimetteremo le cose nelle giuste caselle».