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25 anni sono passati da quella tragica esplosione sulla strada di Capaci. Dal lavoro di Falcone e del suo pool nacque un nuovo modo di concepire la lotta alla mafia, innanzitutto nel riconoscerla e dichiararla come un fenomeno culturale e non solo criminale, in secondo luogo nell’attuazione – normativa, organizzativa e giudiziaria – delle Direzioni distrettuali e della Procura nazionale antimafia.

Ci sono momenti però in cui quel fenomeno culturale si annida anche in coloro che dovrebbero lavorare per estinguerlo. E’ quanto accaduto a Castelvetrano con la gestione del Gruppo 6Gdo, sequestrato all’imprenditore siciliano Giuseppe Grigoli, il “Re dei Supermercati”, considerato il prestanome del latitante Matteo Messina Denaro e condannato per mafia. La confisca dei beni per un valore pari a 700 milioni di euro arrivò nel 2013, dopo un lavoro certosino della DIA di Trapani, che ne dimostrò essere una delle casseforti del mandamento di Denaro.

L’azienda fu affidata, poi, ad amministratori giudiziari che in sette anni ne hanno fatto scempio finanziario, al punto di erodere anche il capitale versato, e sono ora indagati per soscrizione a delinquere e reati fallimentari.

Lo Stato – in nome del contrasto alle mafie – si è reso complice dello smembramento un’azienda funzionale in tutti i suoi reparti, e nel rush finale la nuova società designata per rilevare i beni confiscati non sta rispettando i patti verso i lavoratori, non onorando il pagamento dei compensi e non assumendo.

In tutto questo malaffare i cittadini onesti sono senza lavoro e senza prospettive, Vittime per assurdo dell’Antimafia, ossia di tutto quell’apparato istituzionale che si dovrebbe muovere per contrastare il riciclaggio di denaro ‘sporco’ e la corruzione a tutela del cittadino e che restituisce invece operai frodati da amministratori corrotti designati dallo Stato stesso.

Bene, perciò, ha fatto il Ministero dell’Interno ad autorizzare una commissione di indagine per verificare eventuali forme di condizionamento nelle azioni amministrative degli ultimi anni, ma occorre agire velocemente per questi lavoratori, i quali a distanza di anni non hanno ancora avuto una soluzione per il loro ricollocamento e che da qui a giugno vedranno anche l’esaurimento degli ammortizzatori sociali.

La mancata soluzione di tale problema avrà ricadute in termini occupazionali, economici e sociali per un territorio già martoriato.

Soprattutto, culturali, perché porterà all’inevitabile convinzione che “la mafia ci dava lavoro e lo Stato ce lo ha tolto”.

In questo caso, il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro sarà stato inutile e le commemorazioni di oggi solo una vuota facciata dove lo Stato si crogiola.”

Cinzia Pellegrino, Coordinatore Nazionale del Dipartimento tutela Vittime di Fratelli d’Italia – AN.

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