Dall’inizio del 2016 ad oggi sono già 55 le donne Vittime di femminicidio nel nostro paese. E’ questo il dato agghiacciante della violenza contro le donne in Italia destinato purtroppo a crescere. Ben 43 di questi omicidi sono avvenuti all’interno del nucleo familiare, tra questi 27 all’interno della coppia. Vanno bene i drappi rossi e le varie forme di solidarietà verso tutte le donne vittime di violenza e femminicidio, ma ora urgono misure mirate, severe e concrete di contrasto alla violenza di genere per poter arrestare la scia di sangue che da nord a sud sta investendo la nostra penisola senza esclusione di colpi, con forza dirompente e letale. Bisogna lavorare a tutti i livelli per estirpare quella profonda matrice culturale che sta dietro al fenomeno, radice che è tanto forte ed unanimemente riconosciuta al punto tale che la Dichiarazione adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu ne parla come di “uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”. E’ arrivato il tempo della certezza della pena per i reati di questo tipo e soprattutto è necessario che nel caso di denuncia siano garantite alla donna vittima tutta una serie di tutele preventive che la salvaguardino dall’epilogo mortale, il quale è spesso è scatenato proprio dalla denuncia medesima. Nei casi più efferati, insanguinati dalla crudeltà mentale è necessario modificare la legge affinché siano esclusi i patteggiamenti della pena (richiesti per ragioni di ovvietà proprio dai colpevoli), le attenuanti e gli sconti di pena. Indignarsi non basta più. Certamente c’è anche la necessità di tracciare concreti percorsi di recupero degli uomini violenti, che ancor prima che condannati, vanno rieducati al senso della vita e dell’affettività perduti e non vanno mai abbandonati a sé stessi come mine vaganti pronti ad esplodere in modo imprevedibile. Non vogliamo più sentire di donne sfregiate con l’acido, date alle fiamme con l’alcol, uccise a colpi di martello, tutte circostanze più adatte alla preistoria che non ad una democrazia degna di questo nome.
Lecce, 10 giugno 2016