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Una sfida «interna» al centrodestra, contro gli ex alleati che hanno scelto Marchini e oggi la attaccano. E una «esterna» contro sinistra e Cinquestelle. Per Giorgia Meloni l’avvio della campagna elettorale è stato all’insegna dell’accerchiamento. E così la leader di Fratelli d’Italia e candidata al Campidoglio è pronta a regolare tutti i conti. Definisce gli ex An «generali senza truppe uniti da un solo obiettivo: distruggermi». E invita la sfidante più accreditata nei sondaggi a non nascondersi: «Virginia Raggi accetti il confronto con me. Mi dica in faccia le falsità che ripete sul mio conto, mi esponga le sue bizzarre idee sulle soluzioni per Roma. O ha paura di misurarsi con chi sa davvero di cosa si parla?».
Onorevole Meloni, sarà sfida a tre per il secondo posto?
«Ho smesso di parlare delle alchimie dei partiti e delle candidature. Fortunatamente alla fine arriva la democrazia e saranno i romani a decidere chi dovrà governarli».
Virginia Raggi è già al ballottaggio?
«Assolutamente no. Lei ha consenso ma ha raggiunto il suo picco massimo. C’è una fetta enorme di indecisi che voterà sulla base della credibilità delle persone e dei programmi e su questo posso giocarmi la mia partita. Non è un caso che la candidata del M5S rifiuti i confronti diretti. Io la sfido ovunque ma lei continua a scappare. Evidentemente crede che le sue proposte siano buone solo per i comizi o per i titoli dei giornali. Io invece sono pronta a confrontarmi con tutti gli altri candidati. A patto però che ci sia anche lei».
Berlusconi dice che se lei convergesse su Marchini la vittoria sarebbe assicurata.
«Se avessi voluto convergere su un candidato di sinistra sarei andata sull’originale».
La rottura romana si estenderà a tutta l’Italia?
«A questo punto io non sento di avere più vincoli di coalizione. Lavoro per battere Renzi e quindi dove ci sono candidati spendibili li sostengo perché ho buon senso, a differenza di altri. Altrimenti no. Non faccio favori alla sinistra com’è invece costume in un certo centrodestra».
Perché l’universo degli ex An la attacca?
«Perché rappresento una destra distante da quella di Fini e Alemanno. Non si sentono rappresentati da me come io non mi sento rappresentata da loro. E comunque non è certo un universo, semmai un partitino fondato da Alemanno per indebolire l’unica forza di destra presente in Parlamento. Generali che pur non avendo più truppe vorrebbero essere ancora generali».
Ma non sarebbe stato meglio includere tutti?
«Dipende da tutti chi. Francamente includere Fini e Alemanno non m’interessa. Non boccio l’intero operato dell’amministrazione di centrodestra – va salvata, ad esempio, la raccolta differenziata – ma voglio costruire qualcosa di diverso».
Come pensa di farlo?
«Affrontando i problemi strutturali della città. Penso al trasporto pubblico e alla viabilità. Ma anche alla questione della legalità, che non riguarda solo la corruzione».
E cosa allora?
«Roma ha bisogno di liberarsi delle zone franche, di far pagare il biglietto sull’autobus, di non consentire occupazioni abusive nelle case popolari tolte a chi ne avrebbe diritto, di contrastare il commercio abusivo».
Oltre a questo?
«Ho appena concluso un affollato comizio ad Acilia. E ai cittadini ho detto che è assurdo che di Ostia si parli solo per Mafia Capitale. Il litorale di Roma è il simbolo delle potenzialità inespresse nel turismo. Le pare possibile che la Capitale, con la sua storia, abbia meno visitatori di Dubai?».
Come si affronta il problema?
«Partiamo dalle competenze: è assurdo che del Colosseo si occupi il ministero dei Beni Culturali quando poi l’amministrazione si assume i costi sociali del turismo. Ma se potessi intervenire profondamente decongestionerei il centro spostando altrove le sedi del potere esecutivo come i ministeri. E poi trasformerei tutta la zona dei Fori in un’area archeologica dove far realmente rivivere Roma antica. I turisti sarebbero contenti di pagare il biglietto per uno show unico al mondo».
Fa anche lei come Marino, pensa solo ai Fori?
«No, mi interessa molto la questione dei servizi sociali. Penso al punteggio aggiuntivo nelle graduatorie a chi è residente nella Capitale da almeno cinque anni: prima vengono i romani. E voglio lavorare molto sugli asili nido, che vanni incrementari e resi più accessibili. È triste che un figlio sia diventato un bene di lusso».
Roma è una montagna da scalare dalla quale sono caduti rovinosamente i due ultimi sindaci. Lei non ha paura?
«Se ne avessi non farei politica. Ho cominciato perché volevo trasformare le mie idee in realizzazioni concrete. E in futuro vorrei sentirmi come gli amministratori di Berlino quindici anni dopo la caduta del Muro».
Berlino?
«È il simbolo di come si possa cambiare volto a una città, letteralmente ricostruirla, in pochi anni. Basta crederci e ricordarci chi siamo. Roma è stata la culla del diritto. Ora non può sopportare l’illegalità diffusa che la circonda».
Quali errori degli ex sindaci non vuole ripetere?
«Gli errori di Veltroni e Rutelli sono tutti nei conti. Hanno lasciato 20 miliardi di buco che i romani hanno cominciato a pagare nel 2008 e continueranno a farlo fino al 2048, con l’addizionale Irpef più alta d’Italia. Alemanno non ha avuto il coraggio di rompere i vecchi schemi di potere della sinistra. Perché le cooperative e Mafia Capitale nascono a sinistra, benché si provi a far credere il contrario. L’errore di Marino, invece, è stato di essere talmente estraneo dalla città da pensare di poterla governare contro essa stessa. A partire dai dipendenti pubblici, che sono il tuo esercito e che tu devi saper motivare, premiandoli quando fanno bene il loro lavoro e sanzionandoli quando sbagliano, ma in un’ottica di meritocrazia e di collaborazione. Si sta tutti sulla stessa barca».
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