L’intervista di Paola Di Caro.
A vederla, in tailleur nero e camicia rossa, non si direbbe mai: «La pancia non si vede? Beh, non sono nemmeno al terzo mese, e poi sto attenta alla dieta, non vorrei prendere troppi chili…» sorride Giorgia Meloni, protagonista di uno dei casi politico-mediatici più fragorosi degli ultimi tempi: per l’annuncio della sua gravidanza caduto proprio nel giorno del Fanuly Day; per il fatto che è arrivato — in quella piazza tradizionalista — da una donna non sposata; e soprattutto perché è stata oggetto di «insulti, attacchi, assalti feroci che mai avrei immaginato potessero arrivare».
A consolarla, racconta, è stato il suo (da un anno) compagno Andrea Giambruno, autore Mediaset: «No perché — ride —, vorrei rassicurare tutti quelli che dubitavano, un uomo ce l’ho, non è stato lo Spirito Santo…». Lui le ha «nascosto le cose più brutte, ha cercato in tutti i modi di proteggermi, fa sempre cosi», con lui fantastica: «Quanto vorrei fosse maschio: vengo da una famiglia di sole donne, sorella, nipoti, ho pure il cane femmina, vediamo se riesce il miracolo!». Con lui, quando sarà, magari si sposerà: «Chissà, vediamo che succederà…». Appare felice la leader di Fratelli d’Italia, che comunque una certezza ce l’ha: «Quell’an nuncio non lo rifarei mai. Oggi difenderei con tutte le mie forze questa piccola vita che mi cresce dentro, e che non sono riuscita a tenere lontana dalle brutture a cui pure la politica mi ha abituata».
La solidarietà politica corale è una consolazione? «È vero, mi hanno fatto sentire affetto. Con l’unica eccezione dei 5 Stelle, guarda caso quelli che finiscono sempre per assecondare gli istinti peggiori del popolo dell’anonimato in rete».
Le sono state anche mosse accuse politiche, però: perché fare quell’annuncio in quella piazza? «Perché mi è venuto, perché lo sentivo, perché non ci vedevo nulla di male, perché da tempo mi pressavano “che farai su Roma, ti candiderai, quando scioglierai la riserva”?».
Lei non è sposata, quella è una piazza tradizionalista. «Ma io non contesto il ddl Cirinnà sulla base di una convinzione etico-religiosa, non mi interessa se una coppia è sposata in Chiesa, civilmente, se non lo è, se convive o no. Io contesto la pretesa assurda di volere a tutti i costi un figlio come fosse un diritto acquisito, contesto il capriccio di chi — forte perché organizzato in gruppo, perché adulto, perché vota, perché spesso ha i mezzi per una fecondazione eterologa o una maternità surrogata —vuole decidere sulla pelle di bambini che non sono oggetti da creare a piacimento. Lo trovo un ipocrita sotterfugio per far passare come legali pratiche che non lo sono».
Sulla stepchild non cambia idea, ma per la corsa a sindaco la maternità l’ha convinta a rinunciare? «Premetto: una gravidanza non impedisce a una donna di vivere pienamente la sua vita e il suo impegno, non è ne deve essere vissuta come ostacolo, mai. Ma non c’è dubbio che una campagna elettorale che si concluderebbe al settimo mese per un mandato che ti impegna anima e corpo mentre nasce il tuo primo figlio, ti porta a pensare che non sia la strada giusta. Io sono disponibile a tutto per la mia città, che amo, a fare il capolista o qualunque altra cosa. Ma potrei candidarmi solo se non ci fosse nessun’altra soluzione possibile, solo come extrema ratio».
Come vedrebbe Bertolaso? «Ha un ottimo curriculum, saprebbe certamente affrontare le emergenze di Roma. Unico dubbio i suoi processi — che pure da quanto capisco vanno verso l’assoluzione — potrebbero essere una formidabile arma nelle mani dei grillini. Dobbiamo riflettere».E Marchini? Anche lui, come voi, è aperto alle primarie. «Le primarie sono la nostra richiesta da sempre, penso sarebbero un ottimo sistema, purché non solo a Roma, per far conoscere le proprie proposte, per rendere i possibili candidati — penso a Parisi a Milano — conosciuti ai cittadini anche quando non hanno una grandissima popolarità. Ma parlo di primarie vere, non all’americana come le vuole Marchini: io voglio la gente ai gazebo, una testa un voto, non le scelte ristrette di gruppi di potere organizzati. E chi partecipa, deve schierarsi con il centrodestra».
Sembrate fìniti in un «cui de sac». «Non è cosi, i candidati li troveremo, mancano ancora 5 mesi al voto. L’importante è non far prevalere gli egoismi di partito, perché checché ne dica Renzi questo voto sarà un test politico cruciale, e noi vogliamo vincerlo».
C’è chi pensa che lei in realtà non voglia candidarsi a Roma perché mira alle prossime Politiche. È vero? «Chi mi conosce sa che non ho mai obiettivi personali sul piano nazionale, ma è vero che la preoccupazione di non sguarnire la destra ce l’ho. Da sindaco abbandonerei la politica nazionale, sono ruoli incompatibili».
La freddezza di Berlusconi, e in parte di Salvini, sulle primarie nasce dal timore di creare un precedente nella corsa alla leadership del centrodestra? «Che possa essere un “precedente” l’ho sentito dire anche al vertice… Ma cosa abbiamo da temere? Berlusconi sa bene di essere una risorsa spendibilissima per FI come sa che dovrà passare il testimone della guida del centrodestra. Niente primarie? Scegliamo un altro metodo. A me interessa un centrodestra unito, perché so che possiamo vincere».
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