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L’intervista di Antonella Coppari.

Sfata quelli che considera i falsi miti: «I moderati non esistono più». Anche per questo, Giorgia Meloni ha deciso che Marchini non sarà il candidato del nuovo centrodestra nemmeno fosse l’ultimo nome rimasto in lizza: «Resterà comunque fuori dal tavolo». Il suo, al contrario, ci sta sopra e pure in bella vista anche se la leader di FdI non scioglie la riserva malgrado risulti la più forte nei sondaggi sulla Capitale. A livello nazionale, invece, saranno le amministrative a stabilire chi «pesando di più elettoralmente» terrà il timone della lista unica nella coalizione.

Insomma: si candida o no? «Non escludo niente, ma non c’è niente di deciso. Vorrei per Roma una coalizione forte capace di vincere. Ora, però, dobbiamo concentrarci sulla ricerca del candidato».

Marchini resta sullo sfondo come un’opzione possibile? «No. Nel vertice con Berlusconi e Salvini abbiamo stabilito che la coalizione è una priorità: quindi si devono escludere candidati come lui che dividono».

E i voti dei famosi moderati chi li prende? Tanto Salvini quanto lei, onorevole Meloni, vi rivolgete a fasce di elettorato ben precise. «I moderati non esistono più. Anche l’elettorato moderato è fatto di gente arrabbiata che chiede risposte chiare. E questo, non vuoi dire essere radicali, ma esigere posizioni nette».

Mi sta dicendo che non esiste più il centro? «Non esiste più lo spazio politico dell’ambiguità».

Ciò significa che il radicalismo paga. «Io vengo accusata di essere radicale, invece a me pare di esprimere posizioni di buon senso. Sono mesi che vado in giro a dire che il nemico è l’Isis e va sconfitto. Con umiltà, sottolineo che era la scelta più lucida da fare. Ora lo scoprono anche tutti gli analisti internazionali».

Mettiamola così: nell’asse Salvini-Meloni-Beriusconi c’è spazio per Alfano? «Alfano sta chiarendo che si colloca da un’altra parte. Le politiche che Ncd ha portato avanti in questi mesi non mi pare siano di centrodestra. Qualcuno, dentro Fratelli d’Italia, gli ha intimato di togliere la parola destra dal nome del partito: non credo sbagli».

Della Valle potrebbe essere un interlocutore? «Non mi sembra che, al momento, gli interessi particolarmente la politica. È prematuro parlarne».

Sembra invece in stato avanzato la candidatura del direttore del Giornale, Sallusti, per Milano. Potrebbe essere un nome valido? «Se ci fosse la sua disponibilità sarebbe un ottimo nome».

Se non cambia la legge elettorale, voi sarete costretti a fare una lista unitaria. Come pensate di pesarvi? Le amministrative saranno una sorta di primarie? «Spero che cambieranno la legge elettorale perché è fatta male. Mi auguro che daranno il premio alla coalizione e non alla lista e che si possa mettere mano alla vergogna dei capolista bloccati. Premesso questo, è chiaro che peseranno i risultati elettorali: dipende da quando si vota, ma sicuramente il principio della meritocrazia e quindi dei risultati è un principio sempre valido».

Si troverebbe bene in una coalizione a guida Salvini? «Mi ritroverei volentieri in una coalizione la cui guida fosse individuata dai cittadini e non dai leader di partito».

Quindi, punta sulle primarie per la scelta del leader? «È uno strumento. Ma non bisogna innamorarsi degli strumenti. Se qualcuno ne ha uno migliore lo proponga».

A proposito di strumenti: con Berlusconi e Salvini avete bocciato Renzi e la sua politica estera. Cosa non vi convince? «Tutto. Io penso che il nostro governo non abbia fatto granché. Renzi non mi pare abbia le idee chiare, si limita a scimmiottare quello che fanno gli altri. Prendiamo la lotta al terrorismo: lui avrebbe dovuto porre fin dall’inizio il problema della guerra al califfato in Europa e negli altri organismi internazionali, perché il tema interessa l’Unione europea e interessa noi».

Secondo lei, cosa dovrebbe fare ora l’Italia: bombardare la Siria? «Non mi interessa che cosa fa l’Italia, ma che cosa fa la comunità internazionale. E dunque, se ce lo chiedono gli organismi internazionali di cui facciamo parte, certo che dobbiamo bombardare».

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