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Le riflessioni sono urgenti e indifferibili dopo l’incidente nel quale è rimasto investito da una colata di ghisa liquida alla temperatura altissima il giovane Alessandro Morricella. Non a caso quanto accaduto ha talmente scosso i colleghi da procurare come reazione immediata lo sciopero alle 11 di domani. I colleghi di Alessandro non ci stanno a contribuire alla ricerca di un capro espiatorio né a voler scaricare le responsabilità al fato dal momento che in un impianto com’è un alto forno proprio nulla è lasciato al caso nella catena consequenziale dei vari processi. Quando si ha a che fare con macchinari della portata di quelli presenti nel reparto interessato dall’accaduto e quando si maneggiano materiali ad alte temperature, è ben presente nella mente di chi lì ci lavora che nulla può andare storto a pena della propria incolumità fisica. E allora è spontaneo domandarsi se l’iter della messa in sicurezza e la fase di risanamento dell’impianto industriale forse più grande d’Europa rispetti i canoni della qualità perché ad oggi un incidente del genere non ha precedenti nella storia dell’ILVA ed è forse proprio questo il dato più significativo. Tanto più che l’operaio era intento proprio ad un momento di controllo della temperatura nella fase di colaggio dell’altoforno 2 e che la colata è stata talmente violenta da rendere inutili i dispositivi di sicurezza indossati dall’operaio, il casco si sarebbe addirittura fuso. E allora bisogna porsi anche la doverosa domanda: se i dispositivi di sicurezza non resistono alle situazioni critiche per le quali ne è disposto l’uso e non sono in grado di proteggere dai rischi eventuali in corso d’opera, devono essere modificate le disposizioni di collaudo degli stessi. Uno dei presupposti su cui si basa la sicurezza sui posti di lavoro è la necessità di individuare le circostanze che determinano gravi incidenti sul lavoro, per poter stabilire, di conseguenza, quali misure di sicurezza attuare per evitare eventi nefasti se non addirittura mortali con l’intento primario della prevenzione. La sicurezza sui luoghi di lavoro è da sempre un ambito privilegiato di discussione istituzionale, nessuna deroga all’art. 1 e 4 della Costituzione dovrebbe cedere in termini di misure adeguate ed azioni positive. Sul fronte degli infortuni sul lavoro in Italia c’è da registrare un dato agghiacciante: solo nel primo quadrimestre 2015 si è verificato un incremento della mortalità del 13,8% rispetto allo stesso periodo del 2014. Da gennaio ad aprile 2015 ci sono state 223 Vittime contro le 196 del 2014. Il primato per il momento spetta alla Campania mentre in Puglia se ne sono registrate 12. Più di un decesso al giorno: sono queste le cifre del dramma delle morti dimenticate. La dinamica dei fatti accaduti ieri all’ILVA è ancora oggetto di indagine ma quel che è certo è che qualcosa non ha funzionato, che dei dispositivi di sicurezza in dotazione ad un dipendente non hanno espletato il loro compito di protezione, che un uomo di 30, già padre di 2 bambini, sul posto di lavoro si è trasformato in una torcia umana ed attualmente versa tra la vita e la morte. Queste valutazioni, per quanto mi riguarda, già da sole sono sufficienti a fare di Alessandro una Vittima alla quale rendere il tributo della giustizia. Con il mio Referente per Taranto Vanni Caragnano già dalle prime ore della giornata ci siamo attivati per seguire il caso per tutto il sostegno che questo Dipartimento può offrire materialmente. Ora auspico che i responsabili dell’ILVA e gli addetti alla sicurezza responsabili dell’Afo2 non si nascondano, come spesso accade, dietro la coltre dell’omertà e siano chiamati a rispondere per le loro responsabilità.

Lecce, 9 giugno 2015

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