…ALFANO E POLETTI SU IPOTESI MAFIA CINESE NEL DISTRETTO TESSILE DI PRATO E SUL COMMERCIO A FIRENZE. “La tutela del made in Italy è un far west, anzi un far east. A Prato una delle più numerose comunità cinesi italiane è per lo più impegnata nel settore manifatturiero abusivo”.
È la denuncia del capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Giorgia Meloni che, insieme al gruppo parlamentare, ha presentato un’interrogazione ai ministri dell’Interno Angelino Alfano, al Lavoro e Politiche Sociali Giuliano Poletti sull’abusivismo industriale e commerciale nel settore tessile in Toscana.
“Per combattere questo suicidio assistito e legalizzato ai danni delle aziende italiane, i ministri Alfano e Poletti devono spiegare quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere. Si tratta di far rispettare la legalità, e soprattutto di contrastare la concorrenza sleale ripristinando condizioni di parità di accesso al mercato per tutte le aziende”.
“Abbiamo motivo di ritenere – ha concluso Meloni- che l’ombra della criminalità organizzata gravi su queste attività. A questo punto crediamo sia bene che venga sradicata prima che compia ulteriori danni a un tessuto produttivo già pesantemente compromesso dall’illegalità imperante di questi anni”.
(Segue testo dell’interrogazione)
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
G. MELONI, TOTARO, CIRIELLI, CORSARO, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, RAMPELLI, TAGLIALATELA. Al Ministro dell’Interno e al Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Per sapere – premesso che:
Prato, insieme a Milano e Roma, ospita una delle più numerose comunità cinesi in Italia, che secondo le stime più recenti ammonta a circa il venti per cento della popolazione locale, e nella maggioranza pressoché assoluta dei casi è impegnata nel settore manifatturiero;
il distretto industriale di Prato, una volta fiore all’occhiello del settore tessile nazionale, ha subito, nell’ultimo decennio, una perdita di quasi un milione e mezzo di fatturato che, tradotta in risorse umane, significa una emorragia di almeno diecimila posti di lavoro e la chiusura di oltre duemila aziende;
secondo i dati raccolti per uno studio del «Sole 24 Ore», oggi, a Prato un´azienda su otto è cinese, e su un dato complessivo di 3.500 aziende solo 215 sono ancora attive nel settore tessile, mentre tutte le altre operano nel settore delle confezioni, con tessuti importati dalla Cina a basso prezzo, cuciti copiando i modelli degli stilisti famosi e rivenduti secondo un modello low cost che va dal produttore al consumatore;
lo studio del «Sole 24 Ore» ha dimostrato, inoltre, che su cento aziende cinesi che aprono a fine anno ne rimangono solo quaranta, in segno di un turnover continuo messo in atto per sfuggire ai controlli, mentre dall’analisi dei fatturati è emerso che il giro d´affari delle imprese in mano ai cinesi è stimato in un miliardo e ottocento milioni di euro, dei quali, si sospetta, un miliardo in nero;
il sorpasso delle aziende cinesi rispetto a quelle italiane, nonché la maggiore sopravvivenza alla crisi in atto delle prime rispetto alle seconde trova le sue ragioni, almeno per una parte, nel fatto che le aziende cinesi disattendono larga parte delle normative sia in materia di commercio, quali ad esempio, gli orari di apertura dei negozi, sia rispetto alle tutele riconosciute ai lavoratori, posto che si basa, per larghissima parte, sullo sfruttamento della manodopera clandestina, laboratori-dormitorio dove la gente vive e lavora senza distinzioni, ponendo in essere un fenomeno di vera e propria concorrenza sleale;
l’Osservatorio socio-economico sulla criminalità del CNEL, nel Rapporto di ricerca sulla criminalità organizzata cinese in Italia pubblicato nel maggio 2011, ha rilevato come «nella gestione dell’immigrazione illegale cinese, possiamo rilevare con una certa continuità l’esistenza di un modello fortemente strutturato» e ha evidenziato che «le denunce che coinvolgono i cittadini cinesi per reati relativi all’immigrazione in violazione del decreto legislativo 286/98 risultano particolarmente consistenti: dal 2004 al 2010 sono state denunciate 28.464 persone», precisando che nel totale dei dati è compresa un’ampia varietà di delitti, dalle violazioni relative al permesso di soggiorno, all’introduzione e favoreggiamento dell’immigrazione illegale, fino alle assunzioni irregolari da parte del datore di lavoro;
in data 1 dicembre 2013 un incendio scoppiato in una fabbrica al «Macrolotto» di Prato ha causato la morte di sette lavoratori cinesi, e lo scorso 6 febbraio 2014 si è verificato un incendio doloso in una fabbrica cinese di valigie in altra zona del fiorentino, sul quale sta svolgendo accertamenti la Direzione distrettuale antimafia di Firenze;
in particolare l’incendio verificatosi a dicembre ha dimostrato una volta di più le condizioni incredibili nelle quali sono costretti a vivere e lavorare i cinesi impiegati nelle locali aziende;
rispetto ad entrambi gli incendi gli inquirenti stanno attentamente valutando la pista del racket della criminalità organizzata orientale, molto ramificata nel nostro territorio e particolarmente aggressiva;
nei mesi scorsi il comune di Prato ha denunciato il fatto che alcune banche, tra cui il Monte dei Paschi di Siena, avrebbero concesso mutui e prestiti molto elevati a persone della comunità cinese senza ricevere in cambio alcuna garanzia, per una somma totale che si aggirerebbe intorno ai 200milioni di euro, e che in merito è in atto un’indagine della Procura di Prato e della Banca d’Italia -:
quali iniziative il Governo abbia assunto in seguito ai citati fatti al fine di mettere in sicurezza le aziende che operano nel settore produttivo di Prato e i lavoratori impiegati presso di esse, nonché al fine di garantire il rispetto delle norme da parte di quelle aziende, contrastando la concorrenza sleale e ripristinando condizioni di parità di accesso al mercato per tutte le aziende;
quali iniziative abbia assunto, inoltre, per combattere le ramificazioni della criminalità organizzata orientale sul nostro territorio nazionale.
G. MELONI, TOTARO, CIRIELLI CORSARO, LA RUSSA,MAIETTA, NASTRI, RAMPELLI, TAGLIALATELA.