Senatore Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, la Fondazione per la Natalità chiede un cambio di passo al governo per favorire le nascite. Non crede che l’esecutivo debba fare di più questo tema?
Il governo vuole fare di più. Tanto è vero che quello della natalità è il primo punto del programma di Fdi e già nella scorsa legge di bilancio abbiamo introdotto misure a sostegno delle nascite. Per esempio la forte riduzione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia, l’incremento di un mese del congedo per i nuovi genitori o l’aumento del 50% (superiore all’inflazione) dell’assegno unico per determinate categorie di figli. Senza dimenticare gli interventi a favore dei comuni che incrementano l’offerta di asili nido o la formazione di classi a tempo pieno per le scuole primarie.
Ma l’assegno unico aumenterà?
L’aumento è nei nostri piani. Ma siamo comunque soddisfatti di aver potuto inserire un incremento già nella legge di bilancio 2023, nonostante il poco tempo a disposizione e le varie urgenze alle quali abbiamo dovuto far fronte. Su tutte il caro bollette, che era l’emergenza del momento e su questo erano d’accordo tutti, senza dimenticare il post covid. Per interventi più ampi abbiamo bisogno di tempo, del resto siamo al governo da sette mesi.
La riforma andrà incontro alle famiglie, in che modo?
Certamente, stiamo pensando a misure che vadano in direzione del quoziente familiare.
De Palo suggerisce di utilizzare dei fondi dal Pnrr, che ne pensa?
Purtroppo siamo limitati dalla questione degli asili nido, l’unica cosa che si può fare direttamente per le famiglie. Il piano ce lo siamo trovato già fatto e l’Europa non ha previsto nulla su questo tema. Sono d’accordo con De Palo sul fatto che sia più urgente di altri, ma l’assetto generale del Pnrr lo rende molto difficilmente utilizzabile per la natalità, perché non possiamo fare misure strutturali, con spese che entrano stabilmente nel bilancio. Per dare un sostegno alle famiglie come quello che c’è in Francia, in Ungheria o in Polonia bisogna andare sulla spesa corrente. Non a caso le misure di cui le parlavo sono state introdotte con la legge di bilancio.
Ma secondo lei perché non si fanno figli?
C’è innanzi tutto l’aspetto economico, quello sul quale può intervenire il governo, sia in termini di benefici sia rispetto al supporto per le famiglie (asili nido, flessibilità e attinenza degli orari delle scuole rispetto alle esigenze della famiglia e via dicendo). Poi c’è un aspetto culturale: il modello dominante prospettato dai grandi media è quello dell’uomo solo o della danna sola, che hanno una fantastica carriera e partner che cambiano spesso, mentre la prospettiva di una famiglia è sempre meno presente nella narrazione imperante.
Le voci contro l’utero in affitto, anche dal mondo gay e femminista, si moltiplicano. Perché a suo avviso?
Direi che grazie alla forte azione di comunicazione da parte di tanti, dentro e soprattutto fuori dalla politica, rispetto a questo fenomeno è diventata più difficile ignorare gli aspetti palesemente inaccettabili di questa pratica, nonostante continui a essere sostenuta da grandi testate. C’è addirittura chi considera un sopruso la norma per rendere la gpa reato universale. Purtroppo prosegue una narrazione basata su un principio errato: il fatto che i bambini siano un oggetto di diritto non un soggetto di diritto. Qualcosa da “avere” piuttosto che un dono da accogliere.