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La famiglia Bea, feudataria di Federico II coltivava terreni nella zona di Montefalco.
Nel tempo il feudo si trasforma in azienda familiare che di padre in figlio arriva ai primi del 900. Giuseppe Bea eredita
dalla sua stirpe teutonica la testardaggine, la disciplina, la capacità di sopportare le avversità e le trasmette al figlio Paolo mentre gli insegna a coltivare la terra, a allevare gli animali, a fare l’olio e il vino.
Paolo affianca il padre nelle attività dell’azienda, è nato in quella terra e la rispetta, non forza i ritmi, ha imparato da suo padre a aspettare i tempi della natura. Incontra Marina, una ragazza determinata e volitiva che si innamora di lui e della sua terra e la sposa. Insieme conducono l’azienda di Montefalco dove crescono i loro figli: Giuseppe e Giampiero. Paolo li porta con se’ nella vigna, spiega loro l’importanza del tempo e dell’attesa della maturazione dei grappoli, della raccolta, del processo di vinificazione e che i risultati migliori si ottengono avvalendosi di ciò che la natura offre. Fa notare ai suoi figli che la sua vigna ha una posizione privilegiata, ovvero al di sopra dei 350 metri di altitudine che la pongono al riparo dalle gelate e che questa collocazione fortunata favorisce la produzione di ottimo vino.
Ma Paolo non vuole che i suoi figli lavorino la terra, è un lavoro troppo duro, vuole che studino e si dedichino a altro. Giampiero però, conseguita la laurea in architettura, torna a lavorare nell’azienda di famiglia, gli manca la terra e soprattutto la vigna, i grappoli che maturano, la raccolta, l’attesa paziente che il mosto diventi vino.
Decide di dedicarsi alla produzione di vino e mentre altri produttori impiegano sostanze chimiche, raccolgono l’uva meccanicamente , aggiungono lieviti, Giampiero va controcorrente, sceglie di applicare i criteri che ha appreso dal padre agricoltore: esclude i diserbanti e i concimi chimici, coltiva soltanto vitigni autoctoni come il Sagrantino, esegue manualmente la raccolta dell’uva e avvia la fermentazione solo con l’uso di lieviti indigeni nell’uva e nelle botti.
Realizza un vino di altissima qualità che rappresenta il territorio di provenienza per il profumo e il sapore ma anche per la tradizione culturale.
Un prodotto che non si può imitare.
Disegna le etichette dei vini: Cerrete, Pagliaro, San Valentino, Pipparello, Rosso de Veo, Santa Chiara, Arboreus, Montefalco Sagrantino passito, dove campeggia il nome di suo padre.
I suoi vini si trovano nelle migliori enoteche del mondo e vengono esportati soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone.
L’associazione culturale “Ricerche Paolo Bea” ha intrapreso iniziative culturali per la valorizzazione del patrimonio artistico del territorio, come nel 2002 la Mostra internazionale su Benozzo Gozzoli, nella convinzione che l’identità ambientale è identità culturale.
A chi gli chiede qual è il segreto del suo vino Giampiero risponde con un sorriso: “ Il vino non lo fa l’uomo, lo fa la natura.”
La Sovrana bellezza siamo noi.

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