(intervista al Gazzettino)
Prima la missione a Kiev, poi la tappa a Varsavia, quindi la visita a Washington. Da venerdì e fino a mercoledì, Adolfo Urso è l’ambasciatore di Giorgia Meloni fra Est e Ovest: «L’Italia sarà l’anello forte della difesa europea occidentali a tutela dei nostri interessi e delle libertà comuni», aveva garantito il presidente del Copasir nel suo viaggio in treno e in auto fra l’Ucraina e la Polonia. In attesa del volo per gli Stati Uniti, il senatore uscente e ricandidato (in Veneto, è nato a Padova) fa il punto dei colloqui con Gazzettino.
Fratelli d’Italia l’ha inviata a confermare la propria collocazione filo-atlantica?
«La posizione di Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia e della coalizione è chiara, ma è giusto comunque confrontarsi con i nostri principali alleati sui principali dossier internazionali. Il più caldo è ovviamente quello ucraino. Ho rassicurato Andriy Yermak, capo di gabinetto del presidente Volodymyr Zeiensky, e Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, sul fatto che l’Italia manterrà i propri impegni in questa fase di transizione molto delicata e ancor più con il nuovo governo».
Fase delicata e pure lunga?
«Potrebbe andare avanti fino all’inizio di novembre, fra elezioni, insediamento del Parlamento e formazione dell’esecutivo. Non a caso mi sono sentito con Lorenzo Guerini, attuale ministro della Difesa. Dobbiamo dimostrare, grazie a Mario Draghi e Giorgia Meloni, che il Paese è pienamente affidabile nello scacchiere europeo, occidentale e atlantico. È quanto intendo ribadire anche agli Usa, dove incontrerò gli esponenti dei principali think-tank americani, il direttivo della National Italian American Foundation, numerosi rappresentanti del Congresso, politologi e consiglieri, oltre agli esponenti della comunità economica e imprenditoriale».
La rassicurazione all’Ucraina ha incluso anche le sanzioni alla Russia? Sulla loro opportunità, la Lega di Matteo Salvini è alquanto dubbiosa.
«La nostra posizione è stata espressa con chiarezza, coerenza e responsabilità da Giorgia Meloni e peraltro è contenuta nel programma comune sottoscritto anche dagli altri leader. Le sanzioni sono degli strumenti che noi abbiamo condiviso con i partner europei e con gli alleati occidentali, per costringere la Russia a fermare la guerra. Ovviamente nel contempo siamo consapevoli delle loro ripercussioni non soltanto sul prezzo dell’energia, ma anche sulla filiera industriale».
Dunque?
«Chiediamo misure compensative che l’Europa innanzitutto, ma anche gli Stati Uniti, debbono concordare nei confronti dei Paesi come l’Italia che più risentono delle conseguenze delle sanzioni. Del resto nella relazione annuale del Copasir, che ho depositato 15 giorni prima dello scoppio della guerra, scrivevo che ‘con l’escalation militare della Russia in Ucraina esploderà la nostra dipendenza energetica”. I padri fondatori dell’Ue avevano capito tutto: Schuman, De Gasperi e Adenauer volevano costruire un’Europa basata sulla sovranità energetica e militare. Invece settantanni dopo ci troviamo dipendenti dagli Stati Uniti per la difesa e sottomessi alla Russia per l’energia… Ora comunque chiediamo con forza che Bruxelles imponga un tetto al prezzo del gas e disponga il disaccoppiamento rispetto al prezzo dell’elettricità, provvedimento quest’ultimo che altrimenti faremo noi come primo atto del nuovo Governo. Nel frattempo, chiediamo a Draghi di realizzare subito un decreto in soccorso di imprese e famiglie senza alcuno scostamento di bilancio».
Anche su questo Meloni dovrà però mettersi d’accordo con Salvini.
«Noi l’abbiamo detto in maniera molto chiara: non può esserci alcuno scostamento di bilancio. pena un effetto boomerang».
Di ritorno dalla spedizione orientale, conferma che il vento sta cambiando sul fronte russo, vista l’avanzata ucraina?
“È indubbio, lo si può rilevare sia a sud attorno a Kherson, sia ad est in zona Kharkiv. È la dimostrazione che le sanzioni sono molto efficaci, perchè colpiscono il sistema militare russo».
Ultime due settimane di campagna elettorale: alla fine le interferenze russe ci sono state o no?
«C’era sicuramente il rischio che questo avvenisse, come accaduto in altre democrazie occidentali. Per questo scrissi ai presidenti delle Camere, per allarmarli sulla possibilità che i russi ne approfittassero anche con l’esfiltrazione di dati personali o politici di parlamentari per poi utilizzarli a fini ricattatori o denigratori».