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L’intervista di Joana Mourão Carvalho  

Nelle elezioni del 2018, Fratelli d’Italia ottenne il 4,4%. Al momento, nei sondaggi, guida con il 23% delle intenzioni voto. Cosa c’è dietro questa crescita esponenziale in così poco tempo? Lei pensa che gli elettori vogliano dare voce a partiti e a persone nuove? Gli italiani hanno apprezzato la nostra coerenza. Nelle ultime elezioni del 2018 abbiamo dichiarato solennemente la nostra indisponibilità ad allearci con partiti di sinistra e siamo stati l’unico partito a mantenere la parola. Durante la fase più acuta della pandemia ci siamo battuti per bilanciare il diritto alla salute con il diritto al lavoro e alla prosperità economica delle aziende, senza respingere la scienza ma cercando di tutelare le imprese dalle restrizioni più dure d’Europa. Siamo stati all’opposizione ma sempre con proposte concrete e con spirito patriottico, senza mai cavalcare l’esasperazione delle piazze e la demagogia. Sono fiduciosa che gli italiani sapranno riconoscercelo.

La caduta del governo Draghi ha aperto la porta a nuove elezioni, ma la frammentazione del Parlamento italiano costringe i partiti a formare coalizioni per garantire una maggioranza stabile. Soltanto la destra soddisfa queste condizioni e lei è vista come leader naturale di questo blocco. Lei è pronta e desiderosa di negoziare su questo? In realtà il sistema italiano è tendenzialmente bipolare dal 1994. Oggi il centrodestra unito governa 15 delle 20 regioni italiane, anche la legge elettorale nazionale spinge alle coalizioni e noi siamo sempre stati disponibili ad unirci soltanto con quei partiti che condividono con noi valori comuni. È vero, tutti i sondaggi ci indicano come primo partito e la regola interna al centrodestra dice che il partito che esprime più voti esprime il primo ministro. Io sono pronta e con me lo è il mio partito che ha una classe dirigente appassionata e competente, sicuramente in grado di guidare l’Italia fuori dalla paralisi.

C’è una forte probabilità che lei possa diventare primo ministro, alcuni media internazionali hanno espresso preoccupazioni sul futuro dell’Italia, dal momento che FdI è erede del MSI, un movimento che fu vicino al fascismo di Mussolini. Lei si descrive come una democratica. Perché, secondo lei, queste associazioni vengono fatte verso la destra e non verso la sinistra? I media mainstream e la sinistra non hanno altri argomenti, soprattutto in campagna elettorale il “pericolo fascismo” è un ritornello stanco a cui non crede più nessuno. Serve a tenere compatto e a mobilitare l’elettorato di sinistra, che se dovesse andare a votare in base a quanto la sinistra difende i lavoratori e le fasce sociali più deboli non ci andrebbero nemmeno o voterebbero per noi. Non conosco un solo italiano che pensi veramente che la tenuta democratica in Italia sia a rischio se FdI va al governo. Ne conosco invece milioni che condividono la nostra battaglia per riportare la democrazia in Italia, dopo una stagione troppo lunga in cui la sinistra è stata quasi ininterrottamente al governo senza aver mai vinto le elezioni. Per il resto FdI rappresenta il partito dei conservatori italiani, la destra democratica che ha fatto i conti con la storia e condannato ogni regime autoritario e totalitario. Mentre nel settembre 2019 al Parlamento Europeo il nostro gruppo votava compattamente  contro ogni totalitarismo, molti eurodeputati italiani di sinistra non hanno avuto il coraggio di condannare lo stalinismo.

Diversamente da Lega e Forza Italia, che mantengono posizioni ambigue sulla Russia, sulla guerra in Ucraina FdI ha adottato una posizione più vicina a quella di Mario Draghi. Manterrete il sostegno e le misure prese dal precedente governo, se diventerà primo ministro? Si. Fratelli d’Italia ha da subito condannato la brutale aggressione russa all’Ucraina, di cui difendiamo l’integrità territoriale e la sovranità nazionale. Questa aggressione va fermata, perché se il mondo libero non saprà dimostrare di essere più forte delle autocrazie altre situazioni simili seguiranno, altre nazioni europee saranno minacciate e lo stesso accadrà a Taiwan con la Cina. Non possiamo accettarlo. Ma per mantenere un ampio consenso alle sanzioni c’è bisogno che l’Europa e l’Occidente si dotino di un fondo di compensazione per sostenere le economie più colpite dalla guerra. Questa sarà per noi una priorità assoluta.

In questo scenario in cui l’Europa sta fronteggiando una guerra, si sta preparando ad una crisi economica con inflazione crescente e una pandemia non ancora terminata, quali saranno le sue priorità principali se dovesse diventare primo ministro? È necessario frenare la speculazione sui prezzi dell’energia. Draghi ha proposto un tetto Ue al prezzo del gas e il disaccoppiamento tra costo del gas e dell’elettricità. Noi dall’opposizione abbiamo sostenuto questa posizione e continueremo a farlo se gli italiani ci chiameranno al governo. Assicurare sostegno a famiglie e imprese colpite dalla crisi deve essere la priorità del nuovo governo. Quanto alla pandemia, noi anche nella fase più dura abbiamo sempre fatto proposte realistiche rimaste inascoltate: dopo due anni non è stata ancora introdotta l’areazione meccanica nelle scuole che avrebbe evitato di abbandonare gli studenti alla didattica a distanza. Come vede, tutte misure realistiche e di buon senso.

Draghi è una personalità rispettata in Ue, avendo assicurato importanti risorse che erano necessarie all’Italia. Lei come vede l’Italia nell’Ue? E come pensa dovrebbe essere l’Ue? Draghi è stato chiamato a riscrivere il piano nazionale di ripresa e resilienza predisposto dal precedente governo di sinistra. Lo ha sicuramente scritto meglio ma ha mancato nel riadattare alcuni progetti al mondo che è cambiato così drammaticamente dal 24 febbraio scorso. In questi ultimi giorni abbiamo comunque assicurato l’approvazione rapida di quei progetti per non perdere la seconda rata dei fondi. Se andremo al governo ne riparleremo con la Commissione europea, in un rapporto che non vogliamo conflittuale ma franco e leale, a beneficio dei cittadini: tra poco rischiamo la tempesta perfetta e tutte le risorse devono essere spese per la risposta alla crisi e il sostegno all’economia reale. E, soprattutto, vogliamo accelerare l’utilizzo di queste risorse: lei lo sa che il governo dei cosiddetti “migliori” ha rendicontato soltanto 5,1 dei 46 miliardi finora erogati da Bruxelles? Per il resto noi siamo per un modello di Europa confederale, in cui l’Ue faccia meno cose e le faccia meglio, con meno burocrazia e più capacità politica di essere protagonista sulle scelte strategiche. Se ci avessero dato ascolto oggi avremmo un’Europa più pronta a rispondere alla crisi, più capace di difendersi sul piano militare, più autonoma sul piano dell’energia e delle materie prime. E poi vogliamo un’Europa più equilibrata: in questi anni l’asse franco-tedesco ha determinato le scelte europee ai danni del sud e dell’est europeo e oggi abbiamo la crisi migratoria a sud e la guerra ad est. Serve maggiore equilibrio e l’Italia che ho in mente deve esserne protagonista. 

L’Europa è stata più unita nel contesto della guerra. Voi vi siete allineati con i polacchi del PIS  e con gli ungheresi di Fidesz, saranno questi i vostri principali partner in Consiglio? Le elezioni in Italia sono un punto di svolta per la destra in Italia? Inoltre, come dovrebbero l’ECR e il PPE cooperare l’uno con l’altro? La famiglia dei Conservatori europei che ho l’onore di guidare esprime oggi due primi ministri, di Polonia e Repubblica Ceca. Due governi in prima linea nella risposta europea alla guerra di Putin. Orban è stato attaccato per anni dalla Commissione Ue e dalla sinistra in modo strumentale, abbiamo idee in comune su alcuni temi ma siamo distanti su altri: per questo non fa parte di ECR. Sicuramente c’è grande attesa in Europa per le elezioni italiane e c’è in molti la speranza che una nostra vittoria possa cambiare il futuro d’Europa. Noi non faremo slogan, non accettiamo la falsa contrapposizione tra europeisti e anti-europeisti, tra “più Europa” ad ogni costo e “nessuna Europa”. Noi crediamo che serva un’Europa migliore, che sia valore aggiunto per i suoi cittadini. E su questa piattaforma dialoghiamo con il PPE, che in questi anni si è troppo schiacciato a sinistra e ha perso tantissimi voti per questa ragione. Serve un centro-destra forte anche a livello europeo.

 Parzialmente a causa del cambiamento climatico, l’Italia come il Portogallo sta attraversando uno dei peggiori periodi di siccità della sua storia. In un comizio di Vox a Marbella il mese scorso, lei ha lanciato un attacco contro i fondamentalisti climatici perché danneggerebbero le economie europee. In definitiva, chi ha ragione tra i fondamentalisti climatici e quelli economici? Guardi, la destra italiana ha la difesa della natura nel proprio Dna. Noi non neghiamo i danni del cambiamento climatico ma crediamo che la risposta immaginata finora da Greta Thunberg e sposata da Bruxelles rischi di creare guai peggiori. Le emissioni inquinanti sono chiamate globali proprio perché non possiamo pensare di risolvere il problema da soli. E se noi, ad esempio, imponiamo la transizione totale all’elettrico delle nostre auto ma non abbiamo la disponibilità del litio e dobbiamo comprare dai cinesi le batterie che loro produrranno sempre di più con centrali a carbone, lei capisce che così facendo avremo colpito duramente l’economia europea senza migliorare l’ambiente. Mi fa paura un approccio ideologico che nega questi problemi, da cui dipenderanno milioni di posti di lavoro.

Nello stesso comizio, lei ha detto che l’abbandono del gas russo a favore della transizione verde ci renderebbe più dipendenti dalla Cina, poiché la maggior parte dei componenti per produrre le energie rinnovabili a sono fornite proprio dalla Cina. C’è un modo per superare questo problema o lei difende la predominanza dei combustibili fossiliLa transizione non è in discussione, si deve fare e tutti la vogliamo. Ma io credo che debba essere graduale (altrimenti non sarebbe una transizione) e debba essere basata sulla neutralità tecnologica: tutte le fonti energetiche che ci consentono di ridurre l’impatto climatico e la dipendenza da Paesi terzi (a maggior ragione se politicamente inaffidabili) devono essere portate avanti. Siano esse il gas naturale, le rinnovabili, il nucleare di ultima generazione. Oggi l’Ue paga proprio un approccio poco pragmatico che ci ha consegnato mani e piedi alla Russia e domani rischia, appunto, di consegnarci alla Cina.

Voi siete contro l’immigrazione illegale e avete una posizione conservatrice verso la comunità LGBT. Lei pensa che avrà bisogno di moderare il suo linguaggio per coinvolgere più elettorato? O crede che il popolo italiano la seguirà su questi due argomenti? Mi permetta di precisare: io non ho alcuna posizione di ostilità verso la comunità omosessuale, ci mancherebbe. Ho parlato di “lobby Lgbt”, cioè di un gruppo di pressione politica – formato anche da tantissimi eterosessuali – che mira a destrutturare il concetto di famiglia, a imporre l’ideologia gender ai bambini, a ledere i diritti delle donne come vediamo accadere con fenomeni negativi come l’utero in affitto, le competizioni sportive femminili aperte agli atleti trans, eccetera. Noi difendiamo i diritti dei più deboli in questo scontro fortemente ideologico: e non c’è dubbio che oggi i più deboli siano le donne e i bambini. Quanto all’immigrazione illegale, mi pare evidente sia un enorme problema: di sicurezza, di integrazione, di identità. L’Ue con il trattato di Schengen ha previsto la libera circolazione dentro i confini europei ma anche la protezione delle frontiere esterne. Mi pare evidente che su questo secondo aspetto non si stia facendo abbastanza. Serve una politica forte verso Africa e Asia per frenare le partenze, sconfiggere le reti dei trafficanti di uomini, fare rimpatriare gli illegali, garantire l’asilo a chi ne ha veramente diritto, smontare il business dell’accoglienza. Cose di buon senso che siamo pronti a fare, senza discriminare nessuno ma facendo rispettare leggi e trattati.

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