Nell’era della tecnologia le tradizioni sono roba vecchia? Qualcosa da superare e lasciarci alle spalle?
“Tradere” significa consegnare, trasferire, implica un passaggio, contiene l’idea di movimento.
Non c’è niente di statico nella tradizione, ne’ tantomeno di vecchio e stantio.
Quando si tramanda qualcosa si consegna alla nuova generazione un sapere, la conoscenza del fare.
Quel sapere così consegnato viene di volta in volta innovato, rielaborato, applicando nuove conoscenze.
La tradizione quindi trae origine dal passato ma non ci lega a esso, anzi, attraverso le generazioni che la interpretano è sempre attuale e destinata a trasferirsi nel futuro.
E’ rivoluzionaria non soltanto perché è innovativa ma anche perché è legata al concetto di diversità: non potremmo appassionarci alla cucina di un Paese o di una regione se non la percepissimo diversa da tutte le altre, ciò vale per la musica, per l’architettura, per la letteratura e per ogni altra espressione culturale.
È la diversità che ci identifica e ci rende riconoscibili, è il segno particolare che ci rende unici.
Può sembrare paradossale ma soltanto rafforzando le nostre tradizioni possiamo valorizzare quelle degli altri Paesi.
Si affrontano lunghi viaggi proprio per conoscere tradizioni diverse e poterle sperimentare.
In ciò consiste il grande fascino della tradizione, nel potere di emozionarci ogni volta, perché la memoria che trasmette, spesso molto antica, può essere vissuta concretamente, si svolge sotto i nostri occhi: un rito, una processione religiosa, una danza, la preparazione di un cibo, quando vengono eseguiti in nostra presenza, ci coinvolgono rendendoci parte della scena.
Le tradizioni in sostanza sono preziose e devono essere protette perché rappresentano quello che siamo, raccontano la nostra storia, ci proiettano nel futuro e ci perpetuano nel tempo.