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La lettera del presidente di FdI: “Non abbiamo bisogno di esami del sangue”

Gentile Direttore,

i suoi editorialisti di punta invitano a riflettere sulla «lezione» che offrono le ultime elezioni regionali francesi. Cogliamo volentieri l’invito. Il dato clamoroso è che il partito del presidente della Repubblica in carica, En Marche! di Emmanuel Macron – il fenomeno mediatico da anni acriticamente osannato dal circuito politico e mediatico di casa nostra- è sprofondato al 7% a livello nazionale. Ovviamente attestandosi su zero vittorie nei territori, a meno di un anno dalle elezioni presidenziali. Ecco, credo che qualunque analisi politica sulla Francia dovrebbe partire da qui e dall’affermazione delle destre francesi. La destra gollista – trainata dai Repubblicani e da candidati indipendenti – si è attestata al 38% mentre quella del Rassemblement national di Marine Le Pen ha ottenuto oltre il 20%. La Francia è una Nazione che oggi per quasi il 60% vota per forze patriottiche, conservatrici e sovraniste. Segno di un disagio per lo strapotere tedesco in ambito Ue e nei confronti di una deriva globalista senza regole? Ci sarebbe piaciuto leggere qualche analisi a riguardo. Invece ci siamo ritrovati l’ennesimo articolo che ci parla di fascismo, questa volta a firma di Ernesto Galli della Loggia. La tesi sarebbe che la destra gollista e la destra lepenista non si alleano tra loro perché Marine Le Pen non avrebbe preso sufficientemente le distanze dalla collaborazionista Repubblica di Vichy del maresciallo Pétain e che analogo isolamento politico rischia Fratelli d’Italia perché non avrebbe chiarito a sufficienza i suoi rapporti col regime fascista. Difficile rispondere a una tesi priva di qualsiasi appiglio con la realtà come questa. A partire dal fatto che la Le Pen non si è mai dichiarata simpatizzante di Pétain ma si definisce una «vera gollista». Le divergenze tra le destre francesi hanno infatti storicamente riguardato l’eredità del generale De Gaulle – di cui ciascuno si proclama depositario – assai più che le presunte nostalgie per il maresciallo Pétain. L’auspicio è che il sistema francese possa evolvere dando rappresentanza politica a questo blocco prevalente di elettori alternativi alle sinistre.

Un contesto storico e politico molto diverso da quello italiano nel quale, dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi e dalla nascita della Destra di governo in poi, i movimenti di centrodestra – esattamente al contrario dello scenario francese – non hanno mai avuto problemi ad allearsi in maniera virtuosa e trovare delle sintesi. E lo stesso vale oggi che il centrodestra, con tutte le sue preziose componenti, è sopra il 50%. Galli della Loggia e molti altri analisti continuano a porci sempre le stesse domande sul passato, senza prendersi la briga di informarsi su tutto ciò che è già stato detto e fatto, al riguardo, dal nostro movimento. Questa volta ci viene chiesto di dire che la vittoria alleata del 1945 è stato un evento fortunato e positivo per l’Italia. Temi già trattati nelle «tesi di Fiuggi» nell’ormai lontano 1995, che animarono il progetto politico di Alleanza Nazionale e della Destra di governo. In quell’occasione, una volta di più, si condannarono l’infamia delle leggi razziali e la sciagurata alleanza bellica dell’Italia mussoliniana con la Germania nazista, si riconobbe il ruolo storico della vittoria alleata a guida anglosassone per la costruzione della nostra democrazia. Perché la nostra prospettiva era, ed è, quella della storicizzazione e della pacificazione, della concordia tra gli italiani, del superamento delle fratture che hanno dilaniato il nostro popolo nel corso della storia d’Italia. Sono frammenti della nostra storia nazionale di fronte ai quali noi ci rapportiamo con la consapevolezza che spesso manca a chi continua a chiederci dimostrazioni di presentabilità.

Noi riteniamo che il tempo degli esami del sangue nei confronti di Fratelli d’Italia e della Destra italiana sia terminato, da un bel po’. Oggi siamo proprio noi i più strenui difensori della democrazia, della sovranità popolare, della libertà di pensiero e di parola, dello stato di diritto. Anche nei confronti di una sinistra che ancora oggi è restia a condannare l’oppressione sovietica subita fino al 1989 dai nostri fratelli dell’Est Europa. Fratelli d’Italia non ha scheletri nell’armadio, o aspetti opachi da chiarire. La nostra visione e il nostro messaggio sono chiari e trasparenti: essere il movimento dei patrioti italiani. La nostra missione è difendere il nostro interesse nazionale, le imprese e i posti di lavoro italiani, le nostre radici classiche e cristiane. In una diversa Unione Europea, che valorizzi i popoli europei e sia all’altezza delle grandi sfide della nostra epoca. Sempre più italiani ripongono le loro speranze in noi, guardando al futuro. E, alla fine, su questo ci giudicheranno.

Giorgia Meloni

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