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L’intervista di Elena Dal Maso e Roberto Sommella

L’Italia deve farsi trovare pronta per la fine della pandemia con un assetto economico, finanziario e politico funzionale alla ripresa e alla competizione post-Covid. Per questo, ragiona Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, il suo partito farà di tutto affinché vengano tutelati gli interessi nazionali e gli asset strategici del Paese, a cominciare da Borsa spa e finendo con lo strategico Mercato telematico dei Titoli di Stato (Mts), da poco passato sotto l’egida di Cdp-Euronext. Di questo e molto altro parla la leader del partito all’opposizione del governo Draghi in una lunga conversazione con MF-Milano Finanza.

Presidente Meloni, Fratelli d’Italia è all’opposizione del governo Draghi da oltre 100 giorni; sempre convinta della scelta o si aspetta che presto la raggiunga Salvini? «Viviamo un tempo nel quale nulla sembra più essere dato per scontato. In una Nazione democratica il Parlamento è composto da maggioranza e opposizione, in base a quanto deciso dai cittadini alle elezioni. In questa legislatura abbiamo assistito al nascere e al perire di tre governi, tutti sostenuti da maggioranze differenti, con partiti che durante la campagna elettorale promettevano agli elettori di combattersi a vicenda, con ricette politiche totalmente differenti. Il tutto grazie a un sistema elettorale studiato per garantire l’instabilità. Nel 2018 Fratelli d’Italia è scesa in campo dicendo agli italiani «mai col Partito Democratico, mai col Movimento 5 Stelle»: per noi la parola data ha ancora un valore. Sono sempre più convinta della scelta che abbiamo fatto; per noi è inconcepibile governare con chi ha reso la vita impossibile alle imprese e alle famiglie italiane. Non so che cosa faranno gli alleati, posso solo dire che noi continueremo a fare un’opposizione puntuale e responsabile, senza sconti, portando in Parlamento le nostre ricette per l’Italia, che sono patrimonio comune di tutto il centrodestra».

L’Italia affronta la sfida più difficile: uscire dalla pandemia e ricostruire l’economia, il lavoro, in un certo senso la società. Ci riuscirà grazie al Recovery Plan, secondo lei? «Il Recovery Plan è soltanto uno strumento a disposizione e come tale è neutro: dipende dall’uso che se ne fa. Per ricostruire la nostra economia bisogna riformare tutto il «sistema Italia», mettendo al centro i due pilastri fino ad oggi presi di mira dalla sinistra: famiglie e imprese. Abbiamo il disperato bisogno di mettere in condizione i giovani di lavorare, creare ricchezza e fare figli. Il Recovery Plan è un’occasione se gli investimenti vanno in questa direzione, se le infrastrutture che verranno costruite faranno da volano alla nostra economia, valorizzando il made in Italy. Per farlo occorre radicalmente cambiare paradigma mettendo al centro le pmi, che sono il mezzo attraverso cui si esprime il talento italiano. Se si continua a massacrare il nostro tessuto produttivo per favorire le multinazionali e i grandi agglomerati finanziari, rischiamo che il Recovery diventi un investimento oneroso e sconveniente».

Lei si sta occupando di molti dossier finanziari, come la Nuova Borsa. Dopo l’aumento di capitale l’Italia, con Cdp e Intesa, ha la maggioranza relativa di Euronext. Come dovrebbe farsi valere ora? «Facendo valere il suo peso. Un’operazione finanziaria di una portata simile ha senso se all’investimento corrisponde una congrua presenza nel management. Invece ora ci ritroviamo con la massiccia presenza di manager francesi in società controllate da Piazza Affari, come ad esempio Mts, la piattaforma attraverso cui passa il debito pubblico italiano. Questo è un aspetto molto critico perché di fatto la gestione del debito nazionale passa in mano francese. Faccio io una domanda: a parti invertite i francesi avrebbero mai consentito una cosa del genere?»

A novembre ci sarà il nuovo piano industriale, il primo con Borsa, e nessun italiano ha ruoli operativi nel gruppo. Come dovrebbe muoversi Cdp per arrivare forti a questo appuntamento? «La domanda fotografa una situazione già vista. In nome dell’Europa e delle logiche del mercato unico vengono acquisiti asset strategici italiani e noi perdiamo la capacità di influenzarne le politiche di sviluppo che impattano direttamente sulla nostra economia e sul nostro Paese. II caso citato è emblematico e accende il faro anche su chi in Italia permette che si verifichi una situazione del genere. Mi aspetto che il ministro dell’Economia Franco intervenga assieme a Cdp per correggere questa evidente distorsione».

La sede legale di Euronext è in Olanda, dove sempre più gruppi importanti si ragioni fiscali. Come si corregge questo fenomeno? «Il problema non si può risolvere con una toppa. Occorre discutere in sede europea in che misura incentivi fiscali concessi in un singolo Paese possano essere compatibili con la logica del mercato unico. Il G20 quest’anno sotto la presidenza italiana si sta occupando di questioni analoghe. Anche in questo caso è stato consentito che il dibattito sulla convergenza delle politiche economiche nell’Eurozona si riducesse troppo spesso alla deviazione dall’obiettivo del deficit di bilancio, ma la discussione dovrebbe essere più ampia come il caso in parola impone».

Lvmh su Tod’s, Credit Agricole su Creval, Euronext a trazione franco-olandese, Stellantis a trazione transalpina, sono gli ultimi esempi di una Francia interessata all’Italia. Ma operazioni inverse, si veda Fincantieri-Stx, non sono ammesse. Esiste un modo per arginare la campagna francese in Italia? «Purtroppo il problema non è solo arginare la sempre più aggressiva campagna francese in Italia, I francesi già dagli anni 90 si sono dotati di una vera e propria «scuola di guerra economica», dove si forma gran parte della classe dirigente nazionale e dove vengono costantemente monitorati gli equilibri economici in Europa e nel mondo. I francesi fanno molto bene quello che noi in tutti questi anni non abbiamo mai fatto: difendono i loro interessi. Se oggi subiamo una colonizzazione economica e finanziaria da parte dei transalpini è perché soprattutto nell’ultimo decennio abbiamo avuto governi accondiscendenti nei confronti di Parigi. L’unico modo per respingere le continue scalate dei francesi è dare agli italiani un governo che difenda i loro interessi e quello dell’Italia. Sotto questo profilo noi abbiamo proposto l’istituzione di una struttura di intelligence economica; visti i tempi, direi che è piuttosto urgente».

Che cosa pensa dello Stato-padrone e di come si sta muovendo il governo Draghi? «I romani dicevano «Societas sunt homines qui ibi sunt», ovvero la società, lo Stato, siamo noi. E così dovrebbe essere. Oggi invece lo Stato è diventato un’entità estranea ai cittadini, nella migliore delle ipotesi. Ci troviamo in una fase storica in cui lo Stato entra pesantemente nella vita degli italiani, entra nei conti correnti, impone l’utilizzo della moneta elettronica per monitorare le spese, mette sotto assedio le imprese con una burocrazia che rende loro la vita impossibile. Mentre permette a entità finanziarie estere di banchettare indisturbate sulle infrastrutture strategiche drenando risorse dall’economia reale, vessa famiglie e imprese riducendone sempre di più la libertà. Durante questa crisi sanitaria abbiamo assistito a provvedimenti assurdi, come ad esempio il famigerato «coprifuoco», imposti con l’intento di «educare» il cittadino».

Quindi? «Io non voglio uno Stato che mi educhi, che stabilisca quando posso uscire di casa o quali attività possono rimanere aperte e quali no. lo voglio uno Stato che mi spieghi quali sono i rischi, che dia protocolli chiari e validi per tutti. In questo senso il governo Draghi si sta muovendo in perfetta continuità con il governo Conte; quando hai la sinistra grillopiddina che ha la golden share della maggioranza in Parlamento non può essere altrimenti».

Voterete i nuovi provvedimenti di sostegno varati dell’esecutivo? «Il miglior sostegno agli imprenditori danneggiati dalla pessima gestione pandemica è la riapertura totale delle attività e la libertà di circolazione dei cittadini. Siamo una forza di opposizione patriottica, abbiamo sempre cercato di migliorare i provvedimenti di ogni governo in questi anni, continueremo a farlo cercando di far arrivare più risorse possibili per impedire che le imprese italiane chiudano definitivamente i battenti. Abbiamo chiesto di dirottare i soldi dell’ignobile e antieconomico cashback verso i sostegni alle imprese; finora non abbiamo avuto risposta, ma voglio sperare che Draghi entro giugno intervenga per fermare questo sperpero di denaro pubblico, immaginato solo per far lucrare le società che gestiscono la moneta elettronica».

Il suo libro “Io sono Giorgia” parla del ruolo fondamentale di sua madre; è da questo rapporto che è nato il suo concetto di amore per la Patria? «Posso dire che ho avuto una bella infanzia. E per questo ringrazierò sempre mia mamma per gli enormi sacrifici che ha fatto. Una donna straordinaria che in un momento particolare della nostra vita ha dovuto ricominciare letteralmente da zero in una nuova casa, visto che la nostra vecchia abitazione era stata distrutta da un incendio. Un’impresa pazzesca, come scrivo nel libro. E da quella esperienza che ho trovato il coraggio, molti anni dopo, di rifondare una casa politica in cui amare anche la nostra Patria».

Lei, presidente dei conservatori europei, quali riforme auspica per la Ue? «Da sempre i conservatori si battono per rifondare la Ue sul modello confederale, alternativo a quello attuale sostenuto dai federalisti e dalle sinistre europee e che ha prodotto il mostro burocratico di Bruxelles. È una visione che coniuga sovranità e sussidiarietà e che ha sempre avuto piena cittadinanza nel dibattito europeo, sintetizzata nell’Europa delle Patrie di Charles De Gaulle. Per noi l’Europa deve occuparsi di alcune materie fondamentali e lasciare agli Stati nazionali autonomia nelle scelte più vicine ai cittadini. L’Europa dovrebbe innanzitutto partire dalla priorità di difendere i confini esterni dall’immigrazione incontrollata: è assurdo che su questo la Ue non esista e scarichi oneri e problemi su alcuni Stati, Italia e Spagna in testa».

Che cosa deve fare la Ue? «Si attivi subito per organizzare assieme alle autorità libiche un blocco navale, organizzare hotspot in Nord Africa per valutare lì chi ha diritto all’asilo e poi distribuire equamente i profughi tra i 27 Paesi Ue».

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