“Nella giornata dedicata a Dante Alighieri, di cui quest’anno si celebra il 7^ centenario della morte, è arrivato il momento di inserire la tutela della lingua italiana in Costituzione, che insieme alle minoranze linguistiche già garantite con l’art. 6, deve diventare ufficialmente la lingua della Repubblica. La nostra lingua, la 4^ più studiata al mondo secondo i rapporti annuali della Farnesina, è veicolo della nostra identità, della nostra cultura che ha tutte le caratteristiche di una potenza globale, come dimostra il successo di marchi e prodotti – materiali e immateriali – provenienti dalla nostra terra. Voglio ringraziare pubblicamente gli uffici della Camera dei deputati che nello svolgimento delle mie funzioni di vicepresidente, hanno accolto il mio invito a utilizzare anche nelle loro funzioni specifiche termini in lingua italiana: non più speech ma discorso, non più question time ma interrogazione a risposta immediata. Bisogna fare di più. Abbiamo particolarmente apprezzato il presidente Draghi quando, in conferenza stampa, si è lamentato per l’abuso della lingua inglese nel nostro vocabolario. Allora passiamo dalle parole ai fatti: rivolgo un appello al presidente Draghi e ai suoi ministri, alla pubblica amministrazione e alla Rai: si valorizzi la nostra lingua eliminando tutti gli anglicismi e i forestierismi. In particolare la Rai prenda iniziative per promuovere l’italiano bandendo nomi di programmi in inglese. L’ordine del giornalisti faccia altrettanto sensibilizzando i suoi iscritti a evitare il più possibile termini stranieri. In Francia già lo fanno grazie alle legge Touboun. Un invito alla maggioranza che sostiene l’esecutivo ad approvare la pdl costituzionale e la legge ordinaria per la promozione e tutela della lingua nella pubblica amministrazione. La lingua è democrazia. Farsi capire da tutti, anche da quelli che parlano esclusivamente l’italiano, significa rendere accessibile l’informazione, trasparente la comunicazione, estendere il perimetro dei diritti. La lingua è potere. L’Italia è stata e resterà nazione universale, dunque deve conservare un approccio aperto alle altre culture, ma la disponibilità all’integrazione non può confondersi con un provincialismo che, secondo alcuni italianisti, rischia di far dichiarare morta la nostra lingua entro un secolo a causa del ritmo crescente di infiltrazioni che oggi vedono un assorbimento medio annuo di 73 vocaboli stranieri nei dizionari più autorevoli, quasi tutti perfettamente sostituibili da parole italiane”.
È quanto ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli nel corso della conferenza stampa organizzata nell’ambito del Dantedì dal dipartimento Cultura guidato dal deputato Federico Mollicone e alla quale hanno partecipato il responsabile organizzativo di Fdi, il deputato Giovanni Donzelli e la responsabile degli eventi speciali deputata Augusta Montaruli.
La pdlc prevede l’inserimento in Costituzione anche dei dialetti e del Canto degli italiani