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“Perché l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige ritiene essenziale una consulenza esterna nell’attività di monitoraggio e controllo della pandemia? Non vi sono risorse interne adeguate in tale ambito e cosa si aspetta a reperirle, considerato che la pandemia dura oramai da più di un anno? E sino ad oggi a chi si è affidato se solo ora sui scopre il problema? E ancora una volta l’incarico è ad hoc e assegnato ad un esperto austriaco, pare quasi che l’Alto Adige dipenda in tutto dal modello austriaco, salvo poi trovarsi fra i peggiori d’Italia.
 Queste le domande poste tramite un’interrogazione urgente dal consigliere di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì all’assessore provinciale alla sanità Thomas Widmann, alla luce della recente delibera dell’Azienda sanitaria altoatesina che per i prossimi due mesi ha affidato al professor Peter A.J.Kreidl docente a Innsbruck un incarico di consulenza e di supporto all’ attività di monitoraggio epidemiologico per l’emergenza Coronavirus.
Il costo per Azienda sanitaria: 24 mila euro, 12 mila euro al mese, per dieci ore di lavoro settimanali.
 Rincara la dose Urzì, che punta il dito anche sui criteri adottati nell’individuazione del consulente. Ci si è rivolti anche a professionisti italiani – chiede nell’interrogazione – o come al solito tali ricerche avvengono solo nell’ambito di Germania e Austria. Nessun dubbio – spiega il consigliere di Fratelli d’Italia – sulla preparazione del professor Kreidl, docente presso il Dipartimento di Igiene e sorveglianza delle malattie trasmissibili all’Università di Innsbruck, ma una legittima richiesta di trasparenza riguardo l’iter seguito per la sua nomina. Che come troppo spesse accade, è ricaduta nell’ambio del mercato dell’area di lingua tedesca, Austria in questo caso, mentre il livello degli specialisti italiani è riconosciuto a livello internazionale, ma raramente è preso in considerazione in Alto Adige. E poi la procedura, il solito incarico diretto.
 Nell’interrogazione Urzì chiede di sapere se il profilo medico specialistico di esperto in materia di prevenzione delle malattie diffusive per il quale risulta richiesta l’opera di consulenza affidata non esista in Azienda sanitaria, per quale ragione non si sia provveduto alla sua attivazione sinora considerato che l’emergenza epidemiologica perdura oramai da oltre 12 mesi e come la Giunta provinciale ritenga di doversi attivare a riguardo considerato presumibile che la crisi pandemica possa perdurare oltre i due mesi coperti dall’incarico affidato. Ma si chiede anche chiarezza sui criteri di scelta: quali sarebbero state le alternative possibile, o l’incarico è stato costruito sulla figura poi scelta?”.
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