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La lettera del presidente di FdI al quotidiano diretto da Maurizio Belpietro

Caro Direttore,

rispondo con molto piacere alle osservazioni garbate che lei mi sottopone in merito alla scelta di Fratelli d’Italia di non far parte del governo Draghi. Di ben altro tenore sono state le critiche che ho letto su altri quotidiani. Dotte analisi sul fatto, ad esempio, che non accettare a scatola chiusa la «cura Draghi» sia un richiamo alle «fogne», o l’immancabile ritorno al pericolo fascista, per non parlare degli insulti che ho ricevuto come donna e come madre.

Lo avevo purtroppo messo in conto, ma tutto ciò è sintomatico di un clima nel quale il mondo dell’informazione si sente legittimato a scagliarsi senza freni contro chi è «colpevole» di non aderire al governo di tutti, e dunque anche alla acritica – a tratti fideistica – esegesi che lo accompagna. Perché lo chiamano il governo dei migliori, ma nessuno sa ancora neanche da chi sarà composto. La nostra scelta non è stata semplice. È assolutamente vero il preambolo di ogni ragionamento: che va colta con grande gioia la fine del governo degli inetti, del duo Conte-Casalino e della squadra che lo componeva. E va quindi accolta come una liberazione la sostituzione di costoro con una personalità competente e preparata come Mario Draghi. Ma non le nascondo che mi fa sorridere come il fatto che gli stessi che oggi si spellano le mani in prima fila per il premier incaricato «che ci libererà dai disastri di Conte» cantassero ieri proprio le gesta di Giuseppe Conte. Strano paese, l’Italia.

Capisco benissimo la speranza dei piccoli imprenditori, del mondo degli autonomi, dei commercianti, dei molti che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa dell’inettitudine del precedente governo. E non mi sfugge il fatto che ripongano le loro speranze residue, ora che non sanno cosa sarà del loro domani, nella figura di Draghi. Così come sento anche io chi dice: «Ma come, non partecipi a questa fase nella quale ce n’è per tutti, grazie al Recovery fund e al sostegno di Ue e Bce? Adesso che bisogna spendere e ci sono 550 poltrone pubbliche da spartirsi, Fdi si tira fuori?». Sono tutte obiezioni fondate. Una di certo è vera: Fratelli d’Italia avrebbe avuto molta più convenienza a stare dentro questo grande calderone. Pardon, nel «governo di unità nazionale». Ma il mio è un partito di patrioti. E non ci siamo mai mossi per calcolo ma solo nell’interesse specifico della nazione. Se conquistiamo consenso grazie a questo ne sono felice, ma le nostre scelte non sono mai state subordinate alla convenienza elettorale.

Non sono d’accordo con chi dice che questa è la fase dove chi sta fuori lo fa per convenienza di parte, perché la convenienza sarebbe proprio stare dentro il corpaccione del governissimo, non fuori. E per dirimere ogni dubbio sulla questione basta vedere dove si trovi l’esercito dei poltronari: io li scorgo tutti nelle file della maggioranza. E allora perché questa scelta del «no» al governo Draghi? Perché siamo fermamente convinti che per il bene dell’Italia serva altro che non un intero Parlamento schierato con un governo scelto all’interno del palazzo. Prima di tutto per non rassegnarsi alla cosiddetta morte della politica. Non è vero che siamo tutti la stessa cosa, come un certo populismo «di establishment» prova a far credere. I partiti hanno radici, identità e visioni che tra di loro non sono sovrapponibili. Il governo Draghi dovrà fare delle scelte ma, con un Parlamento composto a maggioranza da Pd e 5 stelle, e quindi ostaggio della sinistra, temo che sarà molto difficile fare le cose coraggiose che servono per tutelare il nostro tessuto produttivo, i posti di lavoro, la libertà di impresa e proteggere i nostri asset strategici. E lo stesso vale per temi come la difesa della famiglia e dei confini. Quella di Fratelli d’Italia non è preclusione di principio, ma è la consapevolezza che le nostre idee sono incompatibili con quelle della sinistra. In secondo luogo – per quando possa sembrare velleitario, o infantile, o addirittura suicida in una nazione nella quale i furbi vengono osannati e i coraggiosi combattuti – per noi è sacro rispettare la parola data.

Ci siamo presentati agli elettori dicendo che avremmo governato solo con il centrodestra ed è un impegno politico che intendiamo onorare. Proprio questo ci permette di agganciare il terzo elemento: crediamo che sia molto utile e sano, per una democrazia, avere un’opposizione che abbia la libertà di dire quando il governo fa delle scelte sbagliate. A Mario Draghi abbiamo assicurato che da parte di Fratelli d’Italia non c’è e non ci sarà alcuna opposizione preconcetta: la nostra sarà un’opposizione patriottica come sempre. Per questo potrà contare su di noi per ogni misura che reputeremo utile al bene della nazione. E quando dovessimo sostenere quei provvedimenti, lo faremmo senza chiedere in cambio ministeri, poltrone o nomine nelle partecipate statali.

È così irresponsabile questo comportamento? O è piuttosto l’atteggiamento serio di chi, avendo a cuore il destino dell’Italia, ne difende le fondamenta – a partire dalla democrazia, che lega chi è rappresentato a chi lo deve rappresentare – e valuta nel merito ciò che è bene e ciò che è male, senza sotterfugi, senza trasformismo, senza tatticismi? È questa la cifra di Fratelli d’Italia. Siamo franchi e leali, e non abbiamo paura di essere, a modo nostro, unici.

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