L’intervista di Paola Di Caro
Giorgia Meloni, sia sincera: è delusa? «Delusa? E perché mai dovrei esserlo? Abbiamo vinto in una regione roccaforte della sinistra grazie alla guida di Fratelli d’Italia e al centrodestra, una Regione mai governata da noi, un risultato impensabile fino a pochi mesi fa. FdI è l’unico partito che è cresciuto in tutte le regioni al voto: siamo passati dal 6% al 19% nelle Marche, in Liguria raddoppiamo, in Toscana siamo al 14% dal 5%, in Puglia noi più la Lista Fitto siamo al 20%. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva per contribuire a grandi risultati: il centrodestra governa in 15 Regioni su 20, abbiamo vinto due collegi delle suppletive e uno con un nostro candidato. Contro tutto e tutti».
Ci si aspettava la «spallata» al governo però, un risultato eclatante. Non è arrivato né in Puglia né in Toscana, dove sembrava che poteste farcela. «Io credo che sia stata fatta una narrazione fuori dalla realtà. In queste elezioni, su sei regioni al voto, quattro vedevano la ricandidatura di governatori uscenti. E tutti e quattro, anche per quello che è stato il fenomeno della gestione dell’emergenza Covid, sono stati riconfermati».
L’attesa c’era però, è innegabile. «E noi abbiamo lottato per vincere ovunque, non certo per partecipare. È ovvio che saremmo stati più felici di vincere anche in Toscana e in Puglia, ma abbiamo dovuto combattere contro tutto, con le sfilate del governo che andava a promettere i soldi del Recovery Fund se si fosse “votato bene”, mentre in Puglia si mandavano volantini ai malati oncologici e si assumevano persone a tre giorni dal voto… È stata una battaglia durissima».
Ma il governo non ne esce più forte? «Ma niente affatto! La maggioranza ha perso un’altra Regione, il M5S si sta riducendo ai minimi termini, il loro vantaggio anche dove hanno vinto è sempre più ridotto. La sinistra ha giocato sulla paura di perdere la Toscana come aveva fatto con l’Emilia per far passare come una vittoria l’essersi riconfermata in territori per loro roccaforti storiche. Un giochetto che dura poco però».
Dai suoi alleati si aspettava di più? «Io so che noi di FdI abbiamo fatto il massimo possibile, non ci si poteva chiedere di più. Faremo tutte le valutazioni che dovremo fare quando avremo gli elementi, ma io non sono certo il tipo di persona che si mette a dare la colpa agli altri per i risultati ottenuti».
Forse i candidati potevano essere diversi? Serviva maggiore rinnovamento? Caldoro e Fitto erano già stati governatori di Campania e Puglia… «Io sono convinta che la competenza conti, e tra gli sfidanti dei governatori uscenti e ricandidati, che avevano obiettivamente un vantaggio competitivo, Raffaele Fitto è quello che ha ottenuto il risultato migliore».
Ma lei crede ancora che, dopo questo voto, voi possiate chiedere il voto anticipato? La maggioranza ha portato a casa anche il sì al referendum… «Che al referendum abbia vinto il sì ci rende soddisfatti, ma non si azzardino nel M5S a politicizzare a loro vantaggio questo voto. Fosse stato per noi non si sarebbe nemmeno fatto, nessuno dei nostri ha sostenuto con la sua firma la richiesta di referendum. Lo hanno voluto loro per nascondere la debacle del movimento alle Regionali, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Perché pur di andare contro il governo, moltissimi hanno votato no. Così il no, che sulla carta avrebbe preso più o meno il 5%, ha raggiunto un risultato clamoroso».
Ma la richiesta di voto anticipato ha ancora senso? «Certo che ce l’ha. Perché è sempre più evidente il disallineamento tra questo Parlamento – anche numericamente dopo il referendum – e le forze che ne fanno parte. Non rispetta più la volontà popolare. Ed è vero che il taglio del numero dei parlamentari andrà completato con una riforma costituzionale più ampia, ma non possono essere questa Camera e questo Senato a portarla a termine. Come riformare lo Stato dovrà essere uno dei temi della campagna elettorale insieme ad altri importantissimi per il nostro futuro. E noi di Fratelli d’Italia ci batteremo per il presidenzialismo che è l’unico che dà garanzie democratiche, di stabilità ed efficienza al massimo livello».
Ma lei si aspetta davvero che il capo dello Stato possa presto sciogliere le Camere? «Quello che non mi aspetto è che, il giorno del voto, possano uscire ricostruzioni giornalistiche, non smentite dal Quirinale, secondo le quali il capo dello Stato non avrebbe sciolto le Camere nemmeno se avessimo vinto in tutte le Regioni. È una cosa che mi ha molto stupito, sia nel merito, perché significherebbe ignorare la volontà popolare, sia nel metodo perché certe cose possono pesare a urne aperte. Aspettavo una smentita del Quirinale di quelle indiscrezioni, sono stupita che non sia arrivata».
In ogni caso, prima di un eventuale voto servirà una nuova legge elettorale, tempi lunghi… «E invece si può fare in fretta eccome, non ci faremo prendere in giro nè sui contenuti nè sui tempi. Non provino nemmeno a proporre un ritorno ad una legge elettorale proporzionale che altro non sarebbe che una legge salva inciucio».
Voi che idea avete? «La nostra proposta è facile e di rapida approvazione: non si devono ridisegnare tutti i collegi elettorali, operazione per la quale servirebbe molto tempo che loro vorrebbero guadagnare. Basta mantenere gli attuali collegi e diminuire la quota proporzionale sulla base dei nuovi numeri, come da nostra proposta depositata. In pratica, cambierebbe la proporzione tra eletti con il maggioritario ed eletti con il proporzionale a favore dei primi: ci si mette poco e non si stravolge il sistema in senso antistorico».
Lei crede che dopo queste elezioni il sistema maggioritario abbia ancora senso per le forze in campo o no? «Lo ha sempre di più. Questo voto ha reso ancora più chiaro che il sistema sta tornando ad uno schema bipolare, con il M5S sempre più debole, destinato a perdere ogni ruolo. Una specie di lista civetta del Pd. E quando si voterà, sarà assolutamente chiaro. Il più presto possibile, mi auguro».