Commemorazione in aula della Camera in ricordo del parlamentare scomparso il 25 luglio
“Una persona semplice, nonostante abbia contribuito alla scrittura di importanti pagine della Repubblica italiana e sia stato per la destra italiana un solenne punto di riferimento. Mai retorico, sobrio, elegante gentile. Non ha mai alzato la voce, seppur parlando sommessamente era sempre ascoltato da tutti”.
Così il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia, commemorando il presidente Giulio Maceratini spentosi il 25 luglio, in aula che poco prima gli aveva tributato un minuto di silenzio.
“Il presidente Maceratini – ha aggiunto Rampelli – è sempre stato dalla stessa parte. Prima nel Msi poi ha seguito la nascita della destra moderna, europea, a Fiuggi con il varo di An. Era seguace di un raffinato pensatore, Pino Rauti che non aderì a quella trasformazione e scelse una strada diversa. Ma Maceratini aveva le idee chiarissime e decise di essere non uno dei partecipanti ma un alfiere di quel percorso con il compianto Pinuccio Tatarella. Insieme guidarono quel processo teso a scongelare la destra e metterla a disposizione dell’Italia, con i suoi valori più profondi nell’attività politica quotidiana. Di lui, principe del foro di Roma, voglio ricordare alcune frasi di sorprendente attualità”.
“Era il 24 gennaio 1984, l’on. Maceratini interviene in aula sulla riforma della custodia cautelare: «La risposta dello Stato, ad avviso di chi vi parla, non è stata adeguata, perché la macchina della giustizia è rimasta uguale, con le sue carenze, con le sue manchevolezze e con un apparato giudiziario che fa parlare d i tempi morti nell’istruttoria. In realtà chi appena conosce un poco l’apparato giudiziario sa che esso soffre di una serie di mali che si chiamano organici inadeguati, mancanza di personale ausiliario, ma si chiamano anche — se vogliamo passare a un livello politico più contiguo a questa Camera — sfascio della magistratura, politicizzazione della magistratura, guerre interne alla magistratura, assenza di una gerarchia fra i magistrati, per cui se un certo magistrato fa «dormire» un processo nessuno può richiamarlo all’ordine. Il magistrato deve restare autonomo nell’esercizio delle sue funzioni, ma certamente non deve restare autonomo nella pigrizia con la quale lascia, per mesi, un detenuto in attesa di giudizio senza interrogarlo, come si verifica tutti i giorni e come è stato già denunciato». Sembrano scritte oggi…”.
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