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di Paola Di Caro

Aver sostenuto il governo nelle trattative in Europa, in nome «dell’Italia, perché a differenza della sinistra noi siamo sempre patrioti: se c’è un italiano a rappresentarci in un consesso internazionale, noi siamo con lui, anche se non è dei nostri», non significa che Giorgia Meloni abbia cambiato idea: «L’accordo trovato a Bruxelles non mi piace, comporta rischi enormi: sui tempi, sull’entità dei finanziamenti, sulla condizionalità». Anche per questo, inutile aspettarsi dalla leader di Fratelli d’Italia favori speciali al governo: «Non voteremo nulla a scatola chiusa». Nemmeno lo scostamento di Bilancio di 25 miliardi per il quale i voti dell’opposizione, mercoledì prossimo, potrebbero essere essenziali: «Abbiamo già votato due volte per uno scostamento complessivo di 80 miliardi, senza essere consultati e con le nostre proposte buttate nel cestino. Abbiamo visto sprechi denaro per bonus ai monopattini e spese del tutto improduttive. Adesso basta. Poniamo condizioni».

Quali? «Sono quattro i temi sui quali bisogna concentrarsi, con provvedimenti che noi mettiamo sul tavolo. Vedremo se saranno accolti».

Vostri o del centrodestra? «Mi pare che la sensibilità sia condivisa. Già oggi invieremo le proposte agli alleati, per confrontarci. Spero che si possa arrivare ad un testo comune – coerente con la compatibilità economica – da presentare subito al governo».

Che idee avete? «Il tema cruciale è il sostegno all’occupazione. Quando finirà la cassa integrazione, che anche noi finora abbiamo sostenuto, rischiamo un’ecatombe occupazionale. Per questo la nostra proposta è concedere una premialità agli imprenditori che, pur potendo usufruire della Cig, non lo fanno: lo Stato riconosca il sacrificio, riconoscendo una riduzione del carico fiscale e contributivo pari all’8o% di quanto sarebbe costata alle casse pubbliche la Cig di quella azienda. Inoltre, si potrebbero ridurre del 50% i contributi a carico del datore di lavoro che abbia subito una perdita del fatturato di almeno il 25% nel primo semestre del 2020».

La seconda condizione? «Bisogna intervenire in ambito fiscale: non si possono pagare tasse su soldi non incassati. Chiediamo di rinviare le scadenze e ricalcolare i tributi sulla base dei fatturati del 2019 e del 2020 unificati. Si paga a giugno del 2021 sugli utili del biennio. Come fossero un unico anno fiscale. E se il criterio che deve ispirare tutto è concedere la massima libertà di impresa, il terzo punto è il sostegno diretto al tessuto produttivo: servono contributi a fondo perduto. Un’idea è che chi ha avuto almeno il 25% di calo del fatturato possa trattenere il 50% dell’Iva emessa fino a un massimo di 100mila euro. È un meccanismo virtuoso che incentiva la produzione di ricchezza ed è anche un mondo per favorire l’emersione».

Infine? «Il tema della povertà, dell’aiuto alle persone in difficoltà. Non possiamo continuare a dare il reddito di cittadinanza di 780 euro, spesso a falsi bisognosi, quando le pensioni di invalidità sono ferme a 280 euro, una cifra cosi ridicola da essere incostituzionale, come ha detto la Consulta. Fdl ha ottenuto un fondo per aumentarle: ora mettano le risorse necessarie in quel fondo».

Quindi il governo dovrebbe accogliere il vostro piano? «Deve risponderci, nel merito. Oppure lo scostamento se lo votano da soli. Non vogliano essere corresponsabili dei loro errori».

Una commissione bicamerale che lavori al piano sul Recovery Fund sarebbe un segnale positivo? «Noi siamo sempre stati disponibili a collaborare, ma è stato inutile. A far fare le passerelle a Conte non siamo più disponibili. Se la commissione fosse paritetica, o fosse presieduta dall’opposizione, sarebbe un segnale che non c’è volontà di procedere a colpi di maggioranza, uno strumento serio. Altrimenti temo sarebbe inutile. Vedremo».

C’è il rischio che questo passaggio possa dividere il centrodestra, con FI più disponibile a dare una mano al governo? «Io credo di no. Certo, vedo che stanno lavorando alacremente nel governo per cercare di dividerci, e vedo che c’è una discussione in FI, ma sono persone intelligenti e non vedo quale interesse possano avere ad entrare in questo governo sposandone le scelte più irresponsabili. E constato che alla fine noi siamo sempre rimasti compatti. Molto, ma molto più di loro».

Dite sì alla proroga dello stato di emergenza? «Per gli elementi che abbiamo, ci sembra assolutamente immotivata. O ci spiegano perché si debbano prorogare poteri straordinari al premier, quando in nessun Paese europeo si fa, o ci opporremo. Se servisse, il Parlamento voterebbe lo stato di emergenza in 24 ore».

A proposito di necessità; perché prendersela con una canzone come Imagine? «Ma io l’ho sentita mille volte e mi piace pure, ma se devo dire che il testo mi rappresenta, no. Non significa mica che la voglio cancellare. Quello lo fanno le sinistre».

Cosa preferisce ascoltare? «Beh, “Il mio canto libero” di Battisti. Quella sì che mi piace. E mi rappresenta».

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