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di Valentino Di Giacomo

«Dicono che siamo divisi, ma intanto diamo ogni giorno di più dimostrazione di compattezza nella nostra coalizione. Chi è al Governo invece presenterà tre liste diverse in ogni Regione, noi siamo uniti». Dopo la lunghissima trattativa che ha portato finalmente il centrodestra a indicare i propri candidati per le prossime elezioni amministrative, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, cerca di sfumare le polemiche degli ultimi giorni rivendicando di essere riusciti a trovare unità d’intenti: risultato non scontato. Oggi sarà in Puglia per sostenere la candidatura di Raffaele Fitto e domani sarà nelle Marche per tirare la volata a Francesco Acquaroti, entrambi di Fdi. Due nomi accreditati da tutti come possibili vincitori delta contesa elettorale nel le due Regioni. Più complessa e delicata è la partita che si sta giocando Ira la Lega e Forza Italia, ma Meloni cerca di tenere abbassare i toni.

Gli strascichi però restano, la questione «liste pulite» evocata da Salvini rischia di far deflagrare Fi in Campania. Non crede che tutte queste punzecchiature tra alleati siano state controproducenti? «Guardi, io credo che non abbiamo lezioni da darci a vicenda facendo la gara a chi è più bravo. È da sempre che come tutti sanno sono sensibile al tema, ma sono certa tutti rispetteremo le regole che ci siamo dati. Ora è il momento di fare tutti uno sforzo per vincere».

Era proprio necessario metterci tanto tempo per trovare l’intesa? Nulla da rimproverare a Salvini di averla tirata per le lunghe? «Si poteva chiudere prima. Ero però certa fin dal primo minuto che i nomi scelti erano i più spendibili e i sondaggi commissionati lo hanno confermato. Comprendo le critiche, ma nel mezzo si è verificata una pandemia che comunque ha inciso sulla percezione dei cittadini nei confronti della politica ed era giusto avviare delle riflessioni».

I nomi sono rimasti gli stessi indicati lo scorso novembre. Non si poteva far prima? «Ma no, ognuno ha fatto delle proposte. Quello che ho detto agli alleati al tavolo è nessuno dei partiti presenta un nome per perdere, tutti vogliono vincere e mettono in campo il profilo migliore, quindi non aveva senso porre veti ognuno sul nome proposto dall’altro. Se io porto Raffaele Fitto in Puglia o Francesco Acquaroli nelle Marche lo faccio per vincere così come Berlusconi in Campania con Stefano Caldoro e lo stesso Salvini con i suoi. Ad ogni modo dovrebbero preoccuparsi di più i partiti di maggioranza che si presentano divisi alle Regionali, il segnale che se neppure il centrosinistra sostiene compatto i propri candidati, persino loro hanno un giudizio negativo sui loro governatori uscenti».

Su Caldoro è sicura sia il nome giusto in Campania? «Lo abbiamo sostenuto dall’inizio, Stefano è persona onesta, specchiata e capace. E soprattutto è la persona giusta in una Regione in cui mi pare proprio necessaria competenza e serietà. Molti cittadini lo rimpiangono rispetto agli show di De Luca».

Il governatore-sceriffo non crede possa piacere anche alla destra che lei rappresenta? «Alla destra piacciono gli sceriffi veri, i cantastorie mai. De Luca potrebbe candidarsi a recitare in qualche pièce teatrale con le sue dirette senza contraddittorio. Ma nel frattempo i napoletani devono assistere agli immigrati bivaccanti nel quartiere del Vasto in pieno lockdown, immagini pietose sulle quali non lo abbiamo visto fare e dire nulla. Tralasciando gli insulti volgari che De Luca ha rivolto non solo a me, non personalizzo, che però offrono perfettamente il segnale delle sue difficoltà perché è consapevole di dover spostare l’attenzione sui suoi show per nascondere i disastri che ha combinato».

In Campania gli sfidanti sono gli stessi da 15 anni. Brutto segnale per la politica meridionale? «È un tema, ma credo sia pure frutto di un malessere delle nuove generazioni che credono sempre meno nella politica».

Politica è anche dialogo. Se Conte convoca il centrodestra dopo che avete deciso di disertare gli stati generali a Villa Pamphili ci andrete? «L’ennesimo segnale che al di là delle narrazioni che compaiono sui giornali il centrodestra è compatto. Ci andremo a patto però che nella richiesta di convocazione Conte ci mandi anche il documento con i temi sui quali discutere. Già dal modo confuso con cui ha lanciato la proposta del taglio dell’Iva sembra non abbia avuto successo neppure con la sua stessa maggioranza. Pare che a Conte non sia chiaro che lui è il presidente del consiglio e se fa una proposta ha il dovere di indicare tempi, modi, coperture e costi. Ma tutto questo dimostra che su Villa Pamphili non avevamo torto a disertare: era solo un’inutile passerella».

Cosa si aspetta? «Di svelare un bluff. Conte ci invita ma non ha alcuna intenzione di ascoltare quello che abbiamo da dire altrimenti la maggioranza non avrebbe bocciato ogni singola proposta che abbiamo fatto. Anche in queste ore in commissione Bilancio tutti i nostri emendamenti al DI rilancio vengono respinti. Se uno vuole ascoltare, anche solo per una questione statistica, è impossibile che su centinaia di proposte neppure una vada bene. Dialogo non è prendere insieme il caffè ma ascoltare le ¡dee dell’altro».

Farete proposte? Berlusconi magari insisterà sul Mes. «Il Mes è l’unico vero tema divisivo nella nostra coalizione, ma quelli spaccati sono loro».

E lei la futura leader del centrodestra? «Il tema non mi appassiona, i leader non si decidono a tavolino, li decidono gli italiani nelle urne».

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