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“Fare la sanatoria significa agevolare i trafficanti di uomini oltre che attrarre nuova immigrazione clandestina. Tutti sappiamo che negli ultimi anni il fenomeno è esploso, nell’ultimo anno si registra un incremento del 480%, sarebbe un segnale devastante. Si tratta di persone entrate in Italia commettendo un reato.  Siamo favorevoli ai contratti stagionali per immigrati regolari e ricordo che – su oltre cinque milioni – ne lavora solo la metà. Siamo favorevoli all’impiego di chi percepisce il reddito di cittadinanza perché sono persone che prendono uno stipendio dallo  Stato e non si capisce perché non si possano rendere utili in un momento di difficoltà.  
Siamo favorevoli l’impiego degli italiani,  che con contratti equamente remunerati (non quelli da quattro o sei euro al giorno cui siamo abituati), sono disponibili ad andare nei campi. Siamo favorevoli all’utilizzo dei corridoi verdi realizzati con accordi bilaterali che hanno fatto altri Paesi, Germania in testa, e che il Governo avrebbe dovuto stipulare a marzo per forzare il blocco dei confini causa pandemia.  E siamo favorevoli ai voucher, che invece sono stati scartati perché i sindacati, CGIL in testa, hanno minacciato proteste sociali nel prossimo autunno nel caso di un loro utilizzo.  Tutto questo, nonostante il giudizio favorevole delle  organizzazioni di categoria, come Coldiretti e Confagricoltura che non vogliono la sanatoria per gli immigrati. Ieri, a conferma della sua inutilità per l’agricoltura, nel corso della trasmissione ‘Carta Bianca’ della Berlinguer, uno dei più noti imprenditori agricoli italiani ha detto di essere favorevole alla sanatoria, ma per motivi umanitari perché quel tipo di braccianti non sono utili all’agricoltura. Allora i Cinquestelle e il Pd devono dire esplicitamente di voler regolarizzare l’immigrazione clandestina, abbassando le garanzie sociali, senza usare il pretesto del lavoro nei campi”.

È quanto ha dichiarato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia intervenendo a Radio Anch’Io.

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