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Da Roma arrivo a Sambuci percorrendo la via Tiburtina Valeria.
I boschi che costeggiano la strada hanno i colori avvolgenti dell’autunno e sfoggiano alberi con fitte chiome rosse, bionde e castane.
In piazza Roma, che per gli abitanti di Sambuci è semplicemente “ la piazza”, mi accoglie il Sindaco Francesco Napoleoni con la moglie Franca.
Piove e saliamo al castello in macchina, le strade della cittadina sono ordinate e pulite, ornate di fiori e piante.
Francesco Napoleoni, appassionato di storia, mi racconta che il Castello, nell’aspetto attuale, risale al XII secolo.
Fu dimora degli Antiochia e dopo alcuni passaggi, avvenuti in seguito a matrimoni tra nobili casati, di altre famiglie aristocratiche. Nel 1500 divenne proprietà degli Astalli e successivamente nel 1800 passò alla famiglia Theodoli.
Negli anni 90 il Castello venne acquistato dal Comune e da allora il rapporto tra la fortezza e la cittadinanza è strettissimo.
Il Castello è aperto ai visitatori ma è anche un luogo per convegni, mostre, matrimoni.
È un luogo vivo che la cittadinanza sente proprio.
Ascolto il racconto della storia del Castello e dentro quelle mura millenarie mi appaiono dame, cavalieri, servitori, giullari di corte, come nel poema cavalleresco di Ariosto.
Francesco e Franca mi conducono attraverso le sale che hanno grandi camini e affreschi bellissimi. Il salone delle prospettive, sede del Consiglio Comunale, è decorato da pitture del Canini, allievo del Dominichino, con una prospettiva illusionistica: le colonne dipinte sembrano sporgere dalla parete e i drappi che le avvolgono danno l’idea della materia di cui è composta la stoffa.
La sala del carro del Sole ha il soffitto di legno che i Theodoli trasportarono qui dal loro palazzo romano. Il soffitto ligneo è diviso in riquadri che raffigurano le tre allegorie: il Sole, la Notte e l’Aurora.
Ci sono anche sale più piccole come quella di Flora che campeggia sul soffitto nella sua veste rosa.
Alcune sale sono arredate “La gente del posto ci aiuta portando qui pezzi antichi” mi dice Franca che si prende cura personalmente degli arredi del Castello.
Dalle finestre si vede Villa Theodoli con un giardino all’italiana composto da aiuole, fontane e siepi sagomate con il simbolo araldico dei Theodoli, le ruote, che si aggiungono ai cerchi dello stemma degli Astalli.
Al piano superiore è stata allestita una mostra di utensili e attrezzi usati dai contadini nei campi.
Il tempo sembra essersi fermato tra quelle mura anche se in realtà sono passate ore.
Quando usciamo in strada la suggestione è così forte che mi aspetto di vedere arrivare al maniero i cavalieri in sella ai loro cavalli.
Mentre risaliamo in macchina guardo il Castello avvolto nella nebbiolina creata dalla pioggia e mi appare come un’immagine irreale, un dipinto, un’illusione che svanisce man mano che ci allontaniamo.
La Sovrana Bellezza siamo noi.

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