L’intervista di Luca Telese
Onorevole Giorgia Meloni, si sente cambiata dopo il dieci per cento in Umbria? (Sorride). «No, per nulla. La cosa che mi stupisce è che adesso molti sono incuriositi da noi, da me. Scrivono ritratti, notano questo o quello… E non le fa piacere, scusi? «Molto, ovviamente. Però questa soddisfazione è accompagnata da una sensazione strana, comune a tutti coloro che hanno condiviso con me questa avventura. Vorrei dire a chi sta scoprendo adesso Fratelli d’Italia: “Buongiorno! Guardate che non siamo nati sotto un cavolo, non siamo nati ieri”».
Ha questa sensazione? «Faccio politica da qualche anno. Ho un gruppo dirigente e una squadra parlamentare di prim’ordine, abbiamo lavorato tanto senza che nessuno – non parlo della Verità – scrivesse una riga». E adesso siete a due cifre. «Sia nel dato delle regionali umbre sia nei sondaggi nazionali. Forse è il mondo che ha cambiato modo di guardarci, ma noi non siamo cambiati di una virgola. Siamo sempre gli stessi». Ma lei che obiettivi ha, adesso? (Sorriso, alzata di sopracciglio). «Non lo ha ancora capito, scusi? Lo ripeto da due mesi: andare al voto, cacciare questa maggioranza abusiva, vincere, dare un nuovo governo eletto e voluto dagli elettori».
Siamo nelle stanze del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, a Montecitorio. Il day after del voto umbro si sta prolungando sulla giovane leader della destra italiana. L’inseparabile portavoce Giovanna Ianniello gongola. Sembra la scena di un film. La Meloni già pensa alle prossime tappe: «Vincere anche in Emilia Romagna. E trovare le personalità vincenti in tré regioni nel mondo di Fratelli d’Italia».
Tutti scrivono di lei, e intanto lei ha querelato Repubblica per un ritratto caustico di Francesco Merlo. «Non ho mai detto una parola su chi mi critica». Le ha dato fastidio essere definita “reginetta di Ccoattonia”? «Non mi fa né caldo né freddo. Merlo, tra l’altro mi definisce così da almeno tre anni. Ma qui per attaccarmi si cerca di costruire il mostro del quale poter scrivere. Mi sono state attribuite frasi che non ho mai pronunciato e cose che non ho mai fatto. Senza contare le allusioni sul fatto che esibirei mia figlia. Le falsificazioni che ho denunciato sono di sostanza. Dire che considero gli omosessuali “orchi”, che inciterei la gente ad andare “a prendere i rom casa per casa o tenda per tenda”, che voglio “sparare sulle navi dei migranti”, sostenere che io abbia bruciato libri.. questo contribuisce a costruire una maschera che non mi appartiene. Se mi dicono “coatta” la cosa non mi preoccupa. Invece qui c’è incitamento all’odio, che ha una ragione politica».
Quale? «Se dico che voglio affondare le navi sequestrate dalle Ong pongo un tema vero. Se oblitero con un timbro i libri che negano le foibe – lo feci da ragazza, ma lo rifarei domani – pongo un tema vero. Se dico che una bambina ha diritto a un padre e a una madre, non attacco gli omosessuali, pongo un tema vero». E sui rom? A Torre Maura c’erano anche dei bambini nella famiglia contestata da Casapound… «Bravo, da Casapound, non da me. Ed ecco, altro falso. Non sono mai stata mai in quei giorni a Torre Maura. Ma invece credo di difendere bambini rom quando dico che se io portassi mia figlia a mendicare dovrebbero togliermi la potestà genitoriale». I rom sono odiati. «Non da me».
Affrontiamo una volta per tutte questo tema della romanità e della radice popolare. «L’accento romanesco ce l’ho, e non ho mai ritenuto di doverlo cancellare o correggere: Berlusconi parla con l’accento lombardo, Di Maio con quello campano. Franceschini in emiliano-romagnolo. Renzi in toscano: perché io dovrei vergognarmi di qualcosa?». Nessuno lo pensa. «Dice? La verità che dal romanesco si arriva all’altro capo di accusa per colpirmi: si cerca di farmi passare per ignorante o cafona. Invece io sono orgogliosa di essere popolare e di aver studiato tutta la vita per colmare studi che non mi ero potuta permettere». Però ricorre spesso alla sua vena popolare come arma comunicativa. «Questo è vero, e non ci trovo nulla dì male. Fare politica significa anche educare, spiegare».
La sua scuola? «Ho scelto un istituto alberghiero perché mi consentiva di studiare le lingue. Non ho studiato a Oxford, vengo da una famiglia umile, da ragazza ho fatto mille lavoretti». Lei sospetta che una parte della stampa la consideri inadeguata. (Ride). «Lo sospetto? No, ne sono certa. Per i parametri del mainstream io sono sbagliata a 360 gradi: destra, donna, quasi giovane, cresciuta in un quartiere popolare, pure bassa… Poi, diciamolo: per una certa intellighentia la destra deve essere brutta, sporca e cattiva. E ignorante».
Cosa li fa soffrire? «Che siamo quello che vorrebbero essere loro. Liberi e coraggiosi. Pensavano che quel popolo fosse loro monopolio, mentre ora arrivano primi solo nei quartieri chic». È sarcastica, adesso? «No, è tutto molto bello. Poi però c’è il mondo reale. E li vinciamo noi». È andata a Bibbiano prima di Salvini a sparare sul Pd. «Sbaglia: è vero che ci sono andata per prima, ma non ho detto una parola su Zingaretti, e ne ho dette tante in difesa dei bambini. Non mi confonda con Di Maio!».
Dice di essere divulgativa non demagogica? «Non ho mai sopportato chi, per esibire una presunta cultura, parla in modo che non si capisca nulla». È anche lei una politica di professione. «Certo. Ma il fatto che io fossi una persona qualunque mi aiuta a farmi capire. Vivo in periferia, giro senza scorta. Prima di dire “cuneo fiscale” mi mordo la lingua: quanti sanno di che parliamo?». Ci sono anche cose complicate. «Certo, pensi che ho studiato per provare a spiegare agli italiani la svendita della Banca d’Italia alle banche: più che rivalutazione, andrebbe chiamato un trucco per regalare sette miliardi e mezzo, 400 milioni di dividendi l’anno, alle banche. Banca d’Italia gestisce 100 miliardi di riserve auree. Da quando è stata messa in mano ai privati, questo oro è diventato un tabù». Voi chiedevate di portarlo tutto in Italia. «Chiedevamo soprattutto di dichiarare che la proprietà rimane degli italiani. E ovviamente ci hanno bocciato. E c’era ancora il governo giallo verde, pensi!».
Ma perché adesso state crescendo? «Perché siamo coerenti. Il nostro successo di oggi è figlio del percorso lungo e chiaro». Duellerà con Calenda per Roma, come vorrebbe Salvini? «Non mi ricandiderò a Roma». Ma Calenda è un buon candidato per la sinistra? (Ride). «Ogni giorno scrive cattiverie gratuite su di me, così. a freddo. Mi ricorda un classico stereotipo dei film americani sui liceali: il bambino ricco e opulento che bullizza la ragazza con la borsa di studio». E Renzi? «Non prende un voto, secondo me». Ma in quali regioni vuole mettere un suo uomo nel ruolo di candidato governatore? «Anche donne, nel caso. Fratelli d’Italia deve selezionare i candidati di Puglia e Marche. Ma mi interessa anche la Toscana». Non si sta allargando, adesso? «Qualche candidato molto buono da esprimere lo abbiamo».
Ha già in mente un nome per la presidenza della Repubblica? (Risata, sopracciglio). «Anche, ma questo non glielo dico». Perché gli alleati dovrebbero concederle tutto questo potere? «Nessuno deve concedere niente. Facendo due conti, la Lega governa 16 milioni di cittadini. Forza Italia sei, noi uno solo: in Abruzzo. Siamo un po’ sottostimati». Se il Pd perde in Emilia, che succede? «Il governo non può far finta di nulla. E casca». I rapporti con Salvini? «Ottimi». Non è vero, ma mi dica di Berlusconi. «È il primo che mi ha fatto i complimenti per il risultato in Umbria. Un signore». II sette per cento dei vostri elettori arrivano dal M5S. «Gente che ha capito di avere a che fare con i peggiori trasformisti della storia d’Italia. Volevo cambiare la politica, sono diventati cacciatori di poltrone. La gente lo capisce».
La prossima battaglia? «Raccogliere 50.000 firme per l’elezione diretta del capo dello Stato». Crede anche alla battaglia contro il «bancomat spione»? «Assolutamente sì. Me l’ha ispirata una vignetta del grande Federico Palmaroli, in arte Osho. C’era il bancomat con scritto sul display: “Che ce devi fa’ co’ tutti sti soldi?». Riecco la crociata contro le banche. «La gente non odia le banche, odia le ingiustizie. E anche io. Lei sa che le banche hanno contestazioni per evasione fiscale di miliardi di euro?».
Se finisce la rabbia, i voti che avete acquisito potrebbe scomparire. Ci pensa mai? «Io non ho mai puntato sulla rabbia. Al contrario, io punto sull’amore degli italiani per questa terra, e sull’orgoglio che serve per difenderla. Certo, c’è anche molta rabbia e la comprendo: la gente è ancora offesa dai favoritismi, dalle discriminazioni, dalla difesa dei privilegi dei soliti noti». E questa manovra? «Diciamo che per metà è piena di tasse. E per l’altra metà dello Stato che ti vessa». Quindi non ha paura che se l’economia riparte perderete un po’ di questi voti. «Temo che non accadrà. Se accadesse, sarei contenta per l’Italia».